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 ELIO PETRI: IL SEGNO DI UN'EPOCA

 


Il volto scavato e lo sguardo severo di Gian Maria Volonté, le musiche di Ennio Morricone, la regia di Elio Petri. Potrebbe essere questa la definizione di cinema d'impegno: quel particolare genere di film che, negli anni '70, si poneva come obiettivo quello di smuovere le coscienze, di raccontare la realtà, anche nei suoi angoli più bui. E Elio Petri, come Francesco Rosi, Damiano Damiani e Carlo Lizzani, non fece altro che denunciare una società fortemente funestata dall'ossessione del potere, dalle ingiustizie sociali. 




Classe 1929, romano, Elio Petri si appassionò al cinema e al giornalismo fin dall'adolescenza. Iniziò come aiuto-regista e sceneggiatore per Giuseppe De Santis, in capolavori come "Roma ore 11" e "Un marito per Anna Zaccheo", per poi esordire dietro la macchina da presa nel 1961 con un poliziesco dal forte taglio psicologico, "L'assassino", con Marcello Mastroianni. Sarà però il cinema d'impegno, come dicevo, a consacrare Elio Petri nell'olimpo dei cineasti politicamente schierati e decisi a eliminare ogni velo mistificatorio del reale. 


Marcello Mastroianni e Salvo Randone ne "L'assassino" (1961).


Il sodalizio con Gian Maria Volonté- egli stesso attore impegnato - produsse capolavori ancora oggi immortali. Il professor Laurana, ingenuo docente che indaga su un delitto di Mafia camuffato da omicidio passionale, rimettendoci la vita in "A ciascuno il suo" - dall'omonimo romanzo di Sciascia. Il dirigente di PS che ammazza l'amante e, pur dichiarandosi colpevole, non viene minimamente accusato dai colleghi per salvare il "sistema" in "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto". 


In alto, Gian Maria Volonté con Irene Papas in "A ciascuno il suo" (1967).
In basso, Gian Maria Volonté in "Todo modo" (1976).



E ancora M., il Presidente, che si ritira in un albergo-eremo per partecipare agli esercizi spirituali insieme al altri pezzi grossi della Democrazia cristiana in "Todo modo" - ispirato ancora ad un romanzo di Sciascia. Pellicole spesso grottesche, addolcite dalle musiche di Morricone e rese preziose dall'espressività di Volonté, sempre calzante al personaggio. Pellicole il cui impegno, sociale e politico, ha indubbiamente segnato un'epoca e la fama di un regista che, a quarant'anni dalla morte - avvenuta, per una malattia, il 10 novembre 1982 -, continua a far parlare di sé.

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