CARLO LEVI, MEDICO D'ANIME
L'anima non è affar del medico, a differenza del corpo. Eppure lui, forse perché non era solo questo, riuscì a leggere nel cuore della gente, a ritrarre emozioni, speranze, desideri e sofferenze di popoli afflitti. Con la penna o col pennello, Carlo Levi ha raccontato drammi, illusioni e bisogni della povera gente del Sud, cercando di sostenerla, di alleviare le sue sofferenze come un bravo medico. Perché il dottor Carlo Levi, ornato d'alloro nel 1925 alla Facoltà di Medicina dell'Università di Torino - città in cui nacque centoventi anni fa, il 29 novembre 1902 -, capì ben presto che la sua vocazione era ben altra, ma riuscì a suo modo a curare le persone, le loro anime affrante, a denunciare ingiustizie e disparità sociali.
Quando, negli anni '30, il suo impegno politico antifascista lo portò al confino obbligato nelle desolate terre della Lucania orientale, tra Grassano e Aliano, nella provincia di Matera, Carlo Levi si ritrovò davanti a scenari che il suo Nord industrializzato non aveva mai visto o (peggio) aveva fatto finta di non vedere. Decine e decine di famiglie, contadine per lo più, costrette a vivere in condizioni disperate, in preda alla povertà e alla fame. Luoghi in cui neppure Cristo, il figlio di Dio, era riuscito ad arrivare, come ricorda il titolo della sua opera più celebre. Nel 1945, "Cristo si è fermato a Eboli", il racconto della sua esperienza al confino, portò a conoscenza del grande pubblico le assurde condizioni di vita del popolo lucano, abbandonato da Dio e da uno Stato che, quando se ne accorse, gridò alla "vergogna" - come si espresse il presidente De Gasperi davanti all'oscenità delle abitazioni dei Sassi di Matera, oggi patrimonio della cultura. Ma Levi non si limitò soltanto a scrivere. La sua vera passione era la pittura e sono stati molti i dipinti ispirati dal suo soggiorno in Lucania. Immagini che raccontano quanto se non più delle sue parole, sempre improntate ad aprire gli occhi, a smuovere sentimenti di comprensione e vicinanza ( "Le parole sono pietre", del 1955, denunciava le condizioni sociali del popolo siciliano) verso quella gente del Sud a cui rimase legato per tutta la vita. Carlo Levi, infatti, al momento della sua partenza da Aliano, nel 1936, alla fine del suo soggiorno obbligato, promise a quella gente che sarebbe ritornato. Non a caso, dopo la sua scomparsa - avvenuta il 4 gennaio 1975 -, lo scrittore venne sepolto nel cimitero di Aliano, tra quelle persone che aveva saputo ascoltare e comprendere. Anime affrante e perdute che, con parole, dipinti e carezze affettuose, ha saputo curare come solo un "vero" medico sa fare.
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