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 ANTONIO LA RAINA, BRILLANTE GENTILUOMO


 Le sue interpretazioni, soprattutto in teatro, non avevano nulla da invidiare a quelle di attori molto più noti e celebri. Ma Napoli, la città in cui Antonio La Raina nacque un secolo fa, il 21 ottobre 1922, ha dato i natali a tanti grandi artisti come lui di cui si è persa memoria: uomini semplici e appassionati, in grado di mettere in scena la vita, bella o brutta, grama o ricca. La sua parabola artistica iniziò, come per molti, all'indomani della Seconda guerra mondiale. La passione e la fame spinsero Antonio La Raina a tentare la strada del palcoscenico. Iniziò in alcune compagnie dialettali partenopee, dove mise in luce la sua elegante presenza e la sua voce calda e profonda. 



La grande occasione arrivò grazie al più grande "burattinaio" del teatro napoletano, Eduardo De Filippo, che lo accolse nella sua compagnia su segnalazione della sorella maggiore Titina, alla quale (si sa) non sapeva dire di no. Fu così che Antonio La Rana - questo il suo vero nome - divenne Antonio La Raina, ingentilendo il cognome proprio su consiglio del "Maestro". Con quest'ultimo lavorò lungamente, partecipando anche a numerose trasposizioni televisive delle sue commedie più celebri, come "Natale in casa Cupiello", nel ruolo del dottore, o "Le voci di dentro", in quello del brigadiere. 



In alto,  da sinistra, Eduardo De Filippo, Antonio La Raina e Pupella Maggio in "Natale in casa Cupiello" (1977).
In basso, Antonio La Raina ed Eduardo ne "Le voci di dentro" (1978).



Il palcoscenico rimase fino alla fine la sua arena prediletta, lavorando con altri grandi attori conterranei, come Peppino De Filippo e i fratelli Taranto, ma si cimentò anche con la rivista, affiancando attori del calibro di Ugo Tognazzi, Walter Chiari e Raimondo Vianello. Sul piccolo schermo apparve anche in alcune trasmissioni televisive, come "Canzonissima" (1960), oltre che in tantissime opere di prosa. Tuttavia, a consegnare alla memoria collettiva il suo volto sorridente e l'impostata ma armoniosa figura sono state le significative partecipazioni cinematografiche. 


Antonio La Raina (a sinistra) con Carlo Taranto in uno sketch televisivo tratto da "I dieci comandamenti" di Raffaele Viviani.


Antonio La Raina, dal Dopoguerra agli anni '70, prese parte a numerose pellicole, sia comiche che drammatiche, lavorando con registi come Camillo Mastrocinque e Steno, ma anche con Mario Soldati, Francesco Rosi e Florestano Vancini. Tra i ruoli più significativi, a mio avviso, quello dell'attendente del generale Scipione, uno dei sei fratelli interpretati da Totò in "Totò diabolicus" di Steno, e poi uno dei magliari napoletani, piazzisti di stoffe nell' Amburgo degli anni '50, nel capolavoro di Rosi "I magliari". 


In alto, da sinistra e in primo piano, Antonio La Raina, Aldo Bufi Landi, Nino Vingelli e Alberto Sordi ne "I magliari" (1959) di Francesco Rosi.
In basso, da destra, Totò, Mario Castellani, Luigi Pavese e Antonio La Raina in "Totò diabolicus" (1962) di Steno.



Al cinema, inoltre, La Raina venne anche utilizzato come doppiatore, per via della sua voce dal forte accento napoletano. Tuttavia, il suo unico amore rimase fino alla fine il teatro, dal quale si congedò a metà anni '90, in un mondo ormai cambiato. La sua scomparsa, avvenuta il 10 gennaio 2000, sembrò quasi la conseguenza della fine di un secolo d'arte e d'artisti. E come tanti, troppi artisti, napoletani e non, anche Antonio La Raina, brillante gentiluomo, è stato dimenticato, offuscato dalle nebbie del tempo e da sipari chiusi su quinte vive solo nei ricordi di chi c'era. Ma blog come il mio, avidi di memoria e di memorie, servono anche per questo: ridare voce e volto a chi non ne ha più.

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