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 BOB HOSKINS: UN CARO AMICO


Per quanto mi riguarda non è stato soltanto un attore, bensì direi quasi un compagno di giochi. Un uomo grande, grosso, calvo, dal volto simpatico o severo, burlesco o inquisitorio, dal fascino di un personaggio animato. Non a caso, Bob Hoskins  è stato per me semplicemente Eddie Valiant, il detective alle prese con le follie del coniglio Roger Rabbit, un cartone animato implicato in uno sporco delitto frutto di una speculazione edilizia. 




"Chi ha incastrato Roger Rabbit"  - fenomenale film a tecnica mista - ha per me il profumo di bellissimi pomeriggi d'infanzia passati davanti alla Tv. E lui, Bob Hoskins, nei panni di un investigatore dal cuore grande - pieno di ferite che cerca di cicatrizzare con l'alcol e afflitto da una profonda malinconia -, era il principale oggetto della mia venerazione in quella pellicola. Forse è stato proprio lui, in un periodo in cui vedevo più cartoni animati che film, ad avvicinarmi al cinema per grandi. Di Bob Hoskins ho sempre apprezzato la recitazione misurata, l'assenza in lui di alcun ché di enfatico o autocelebrativo.


Bob Hoskins con il coniglio Roger in "Chi ha incastrato Roger Rabbit" (1988) di Robert Zemeckis.

 Nato nel Suffolk - il 26 ottobre 1942 - e cresciuto a Londra in una famiglia umile, fece la gavetta come molti grandi attori, anche più famosi di lui, dopo aver svolto i mestieri piu disparati. Fattorino, camionista, idraulico, fin quando intorno ai trent'anni scoprì il teatro e se ne innamorò a tal punto da entrare a far parte della Royal Shakespeare Company. Dal palcoscenico passò poi alla Tv, ma oltre i confini britannici la sua fama arrivò soltanto negli anni '80, quando prese parte a "Mona Lisa" (1986), guadagnandosi persino una nomination all'Oscar. Due anni dopo, la consacrazione internazionale con quel film di cui parlavo, dove attori in carne ed ossa e celebri personaggi dei cartoni - da Topolino a Duffy Duck - recitano insieme in un giallo che, pensandoci, sembra tutto tranne che un film per bambini. 


Bob Hoskins in "Hook - Capitano Uncino" (1991) di Steven Spielberg.


E quell'aria da simpaticone, un po' sfigato, gli rimase addosso tanto da consentirgli di lavorare ancora per i bambini, come in "Hook-Capitan Uncino", nei panni del mozzo "Spugna". Ma Bob Hoskins era un attore completo, uno che aveva calcato le scene teatrali per anni, quasi in anonimato. La sua recitazione gli consentiva di passare con disinvoltura da toni scanzonati a drammatici con una naturalezza che hanno davvero pochi. Questo gli ha permesso anche di vestire i panni di illustri protagonisti della storia, come "Il Papa Buono" nella omonima fiction Mediaset. Lui, ateo e socialista, nelle vesti di Giovanni XXIII: colui che portò nella Chiesa rinnovamento e dolcezza. 


Bob Hoskins nei panni di Giovanni XXIII nella fiction "Il Papa Buono" (2003) di Ricky Tognazzi.

E quella dolcezza traspariva dagli occhi di Hoskins ad ogni primo piano. Una bravura, la sua, che purtroppo non gli ha dato la grande visibilità che avrebbe meritato, ma che non gli ha impedito di lasciare il segno. Tant'è che la sua morte - avvenuta il 29 aprile 2014, per una polmonite - lasciò tutti sgomenti. Due anni prima, scopertosi malato di Parkinson, aveva deciso di fermarsi. Ma nessuno, nessuno credeva se ne sarebbe veramente andato via. Anche io, lo confesso, rimasi sbigottito al momento della sua morte. Forse per quello che dicevo prima. Per me era un compagno di giochi: un cartone animato anche lui, che in quella pellicola che mi è rimasta nel cuore duettava con gloriosi protagonisti dell'infanzia di tutti noi. Ed è anche per questo che, nel ricordare Bob Hoskins nel giorno del suo mancato ottantesimo compleanno, ho voluto ripercorrere la sua carriera in toto, sottolineando però un particolare. Per me Bob Hoskins era, è e resterà sempre e soltanto Eddie: un caro amico.

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