VINCENZO TALARICO: UN UOMO DI "PAROLA"
Sguardo strabico e severo, voce reboante, gesticolare nervoso e deciso. Questo è il fotogramma che il cinema ci ha lasciato di lui, ma circoscrivere Vincenzo Talarico alle sue performance attoriali sarebbe sbagliato. Perché per quanto il ruolo di "Principe del foro", presentato in diverse pellicole, gli sembrasse cucito addosso, e per quanto Giurisprudenza fu il corso di laurea che egli scelse all'università di Roma - città in cui si trasferì dalla natia Acri, nel cosentino, dove nacque il 28 aprile 1909 -, Vincenzo Talarico era un amante della letteratura e della parola. Per questo sapeva ben utilizzarla, costruendo e dando animo a fenomenali arringhe che sembravano reali, anche per via della sua enfatica interpretazione.
Vincenzo Talarico ne "Il vigile" (1960) di Luigi Zampa. |
Ma, come dicevamo, Talarico non era affatto un avvocato, bensì un giornalista. Nel 1943, fu lui a dare in anticipo la notizia dell'Armistizio dell'8 settembre firmato da Badoglio, ed era stato anche lui a svelare al popolo italico la relazione tra Benito Mussolini e Claretta Petacci, la sua storica amante. Ma Vincenzo Talarico è stato soprattutto un pregevole giornalista e critico teatrale e cinematografico. Collaborò con alcune riviste ("Tempo Illustrato", "Epoca") e con i più importanti quotidiani nazionali, tra cui "Momento sera", per cui scrisse fino alla fine. Poi, si cimentò con la scrittura cinematografica, realizzando numerose sceneggiature per registi quali Luigi Comencini, Mario Mattòli e Luciano Emmer con grandi soddisfazioni. Per "Anni facili" di Luigi Zampa, ad esempio, si guadagnò anche un Nastro d'argento. Vincenzo Talarico, insomma, sapeva usare bene le parole. Sapeva osservare il reale e raccontarlo, sapeva comunicare le sue emozioni su una pièce teatrale, su un dato attore, sapeva esprimere opinioni sul suo mondo, quello intellettuale e culturale romano a cui appartenevano altre grandi "menti" come Steno, Marcello Marchesi ed Ennio Flaiano. Però è vero, il suo volto pieno di collera o di pathos, la sua voce enfatica restano legati alle sue brillanti interpretazioni sul grande schermo. Sicuramente memorabile il ruolo dell'avvocato dell'Unione Monarchica a cui si affida il povero vigile Otello Celletti/Sordi dopo essere stato licenziato dal sindaco/De Sica per "eccesso di zelo" nel suo lavoro. Il film era "Il vigile" di Luigi Zampa. Ma si potrebbero citare molti altri "togati" (con Totò, ad esempio, in "Totò cerca pace" e "Dov'è la libertà...?") che hanno fatto di Vincenzo Talarico un grande oratore della scena. Ruoli che ancora oggi fanno di lui un volto indimenticabile del cinema nostrano. Però, a cinquant'anni dalla sua scomparsa - avvenuta, a Fiuggi, il 16 agosto 1972 -, non bisogna dimenticarsi anche della sua parte più pura ed autentica. Quella dell'uomo di "parola", dell'intellettuale arguto e del fine umorista.
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