GIULIO GABRIELLI, UN UOMO DELLA MONTAGNA
Era un giovane pieno di vita. Un alpinista, un amante della natura, un poeta. Un ragazzo forte e vigoroso rimasto tale per sempre. Perché aveva solo ventisette anni Giulio Gabrielli quando, il 12 agosto 1959, trovò la morte sulla Marmolada, in una spedizione resa difficoltosa dalle avverse condizioni meteo. Il 1° agosto aveva festeggiato il suo compleanno, inconsapevolmente l'ultimo. Oggi sarebbe stato il novantesimo. Gabrielli avrebbe forse avuto figli, poi nipoti, a cui raccontare le sue imprese seduto su una sedia a dondolo davanti ad un caminetto scoppiettante, oppure in mezzo al verde, su un prato o nei boschi.
Tutto ciò non è stato possibile. La montagna, da lui venerata, amata, difesa - fu tra i primi a parlare di rispetto dell'ambiente quando l'ecologia era ancora fantascienza - decise di accoglierlo nel suo "silenzio". Quel "suono vuoto" che tutti gli alpinisti come lui amano. E Gabrielli era un grande alpinista. Dalla sua Predazzo, in Trentino, si spostò a Padova, laureandosi in Giurisprudenza a pieni voti, per poi stabilirsi a Trento, dove iniziò la sua breve ma intensa carriera. Volto onesto e pulito su un corpo atletico e sempre in allenamento, membro del comitato Guide e Portatori del Trentino, istruttore di "roccia" alla Scuola Alpinismo "Graffer", Gabrielli divenne una delle giovani promesse dell'alpinismo italiano, guadagnando pareti e cime con spedizioni organizzate nei minimi dettagli. Ma il rapporto di Giulio Gabrielli con la montagna era qualcosa di ancor più intimo. Un legame spirituale espresso in alcune liriche - contenute nella raccolta "Bivacco" - come "Morte dell'alpinista", poesia in cui Gabrielli tenta di spiegare come sia a suo avviso "ingiusto", per quanto umano e comprensibile, piangere chi è morto in nome della sua passione. Dalle sue parole emerge il chiaro intento di chi sa benissimo che la propria vita è fatta di scelte, le cui conseguenze, anche quelle dolorose, sono consapevolmente messe in conto, e questo basta:
"Piangono forte intorno, tacete. Amava il silenzio della montagna, ora vi è entrato. Un sasso fra i sassi della grande pietraia della vita. E dappertutto silenzio".
Ebbene, in quel "silenzio", Giulio Gabrielli continua a vivere. Tra arbusti e crepacci, tra rocce e vette riscaldate dal sole, in queste giornate di siccità e caldo eccessivo. Chissà cosa penserebbe della situazione odierna, in un mondo in cui la natura sembra presentarci il conto di tanti abusi e soprusi. Lui che l'ha amata, lui che le si è donato, affidandole la sua giovane esistenza. Lui che, sono certo, nel silenzio, continua a proteggerla e a vegliarla: come alpinista, come poeta ma soprattutto come uomo. Un uomo della montagna.
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