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 INGRID BERGMAN, SORRISI D'AMORE


 Il suo sorriso e la sua bellezza rappresentavano la vera luce del cinema. Ingrid Bergman, per molti, è stato un esempio: di garbo, femminilità, dolcezza, passione. Eppure quella luce, sul suo volto di porcellana, non riuscì a nascondere le sofferenze e la preoccupazione per quel tumore che, a poco a poco, se la portò via nel giorno del suo sessantasettesimo compleanno, il 29 agosto 1982. Ma parlavo di sofferenze, perché la sua vita non fu semplice. Nata in Svezia, a Stoccolma, nel 1915,  Ingrid Bergman aveva appena due anni quando perse sua madre, e dodici quando venne a mancare anche il padre, venendo così affidata ai suoi zii. Suo padre fotografo e pittore, però, aveva fatto in tempo ad insegnarle una cosa: posare davanti ad un obiettivo.




La piccola Ingrid trovò nella passione per l'apparire, per lo spettacolo e il teatro la forza di ribellarsi ai colpi del destino. Frequentò i corsi del Dramatiska Teater di Stoccolma e appena ventenne arrivarono per lei le prime occasioni, fino alla svolta, negli anni '30. Dopo la partecipazione ad "Intermezzo" (1936) di Gustave Mulander, firmò un contratto per l'omonimo remake di Gregory Ratoff, girato ad Hollywood, che le spalancò le porte del cinema d'oltreoceano. "Il dottor Jekyll e Mr. Hyde" con Spencer Tracy, "Casablanca" con Humphrey Bogart, "Per chi suona la campana" con Gary Cooper, "Angoscia" con Charles Boyer - che le valse un Oscar -, Ingrid Bergman divenne la nuova effige del cinema americano. Bella, bionda, sofisticata, ottenne subito consensi da parte di pubblico e critica per le sue interpretazioni così intense e sincere. 


Ingrid Bergman e Gösta Ekman in "Intermezzo" (1936) di Gustaf Molander. 

Ma Ingrid Bergman non era soltanto un'attrice, era anche una donna. Una donna bisognosa d'amore e d'attenzioni. Attenzioni che ritrovò in un uomo che, nell'immediato Dopoguerra, era diventato un vero "signore" del cinema, grazie alle sue pellicole che sapevano raccontare una realtà amara ma non priva di speranze: Roberto Rossellini. Aveva visto "Roma città aperta" e "Paisà" e voleva assolutamente recitare per lui. Una lettera scritta di suo pugno e le riprese del film "Stromboli (Terra di Dio)" furono galeotte e Ingrid Bergman e Roberto Rossellini diedero inizio ad una lunga relazione che destò non poco scandalo, in Italia e all'estero. 


In alto, Ingrid Bergman con Humphrey Bogart in "Casablanca" (1942) di Michael Curtiz.
In basso, con Gary Cooper in "Per chi suona la campana" (1943) di Sam Wood. 
     



Entrambi, infatti, erano sposati - lui, inoltre, aveva avuto in quel tempo una relazione con Anna Magnani. Tuttavia quella storia d'amore - coronata da un matrimonio e dalla nascita della loro figlia, Isabella - non durò a lungo e così dopo essere apparsa in altre pellicole dirette da Rossellini, come "Europa '51" e "La paura", Ingrid Bergman a metà anni '50, decise di ritornare in America. Quell'unione che aveva destato scalpore, sembrava ormai un lontano ricordo. 



Ingrid Bergman in "Europa '51" (1952) di Roberto Rossellini.

Riprese a lavorare come un tempo, acquistando ancor più fascino col passare degli anni e accogliendo ancora consensi e prestigiosi riconoscimenti, come altri due Oscar: uno per "Anastasia", l'altro per "Assassinio sull'Orient Express". Ma il pericolo era in agguato. A metà anni '70, la Bergman scoprì di avere un tumore al seno. Decise di lottare, e in questa lotta sembrò quasi farcela, riuscendo a regalare ancora una straordinaria performance nel 1978 con "Sinfonia d'autunno". 


Ingrid Bergman con Albert Finney in "Assassinio sull'Orient Express" (1974) di Sidney Lumet.


Ciononostante, per la dolce Ingrid arrivò il momento di arrendersi e quarant'anni fa, in una clinica londinese, lasciò il suo corpo per raggiungere un'altra dimensione. Quella dove la sua forza, il coraggio di battersi fino alla fine ("Una donna di nome Golda", una miniserie per la tv, uscì pochi mesi prima della scomparsa) sono valse a qualche cosa. Perché il suo sorriso continua a brillare: di grazia, amore e dolcezza.

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