CELI, L'ADOLFO
"Di protagonisti ce ne sono molti, mentre gli antagonisti sono pochi. Non siamo in tanti in grado di interpretare queste parti con naturalezza". E lui, in questo, era un maestro. Adolfo Celi non ha mai sofferto dell'etichetta di "secondo". D'altra parte, proprio nei panni del "numero 2" della SPECTRE, Emilio Largo, ottenne la fama internazionale con "Agente 007 - Thunderball (Operazione Tuono)" (1965). Lì era l'antagonista di Sean Connery, mentre qualche tempo prima lo era stato di Jean-Paul Belmondo ne "L'uomo di Rio" (1964). Furono questi due ruoli a fare di Adolfo Celi una vera celebrità quale "cattivo" per eccellenza, con il suo sguardo freddo e austero sopra il naso aquilino. Ma la sua prima passione, però, fu il teatro.
Nato a Messina un secolo fa, il 27 luglio 1922, Adolfo Celi si appassionò al mondo dello spettacolo e alla recitazione fin da giovanissimo. Nel 1945 si diplomò in regia all'Accademia d'Arte Drammatica di Roma, dove conobbe futuri "pilastri" del teatro italiano come Vittorio Gassman e Luigi Squarzina. Iniziò col teatro, dedicandosi anche alla regia, mentre nel 1946 impersonò Tom, un simpatico soldato americano in "Un americano in vacanza" di Zampa, esordendo così sul grande schermo. Nel 1949, poi, Aldo Fabrizi gli offrì un ruolo nel suo film "Emigrantes", girato in Argentina. Innamoratosi di quei luoghi, finite le riprese del film, nel 1949 Celi si stabilì in Brasile dove, tra Rio e San Paolo, trascorse oltre quindici anni, dividendosi tra regia cinematografica e teatrale, passando da opere autoctone a classici e autori contemporanei, come Sartre e Pirandello. Diresse anche il Teatro Brasileiro da Comoedia di San Paolo e il Teatro dell'Opera di Rio.
Adolfo Celi con Sean Connery in "Agente 007 - Thunderball (Operazione Tuono)" (1965) di Terence Young. |
Poi i successi internazionali già citati che ne fecero definitivamente un attore cinematografico, spingendolo a ritornare in Italia. Qui Adolfo Celi divenne l'Antagonista con la "A" maiuscola, lavorando in varie produzioni (anche straniere), soprattutto film western e d'azione. Anche sul piccolo schermo, Celi affrontò ruoli di grande spessore, come un sanguinario medico nazista nella miniserie "Il sospetto" (1972) di D'Anza, con Paolo Stoppa, o quello di James Brooke, il perfido rivale di Sandokan/Kabir Bedi nell'omonimo sceneggiato (1976) di Sergio Sollima.
In alto, Adolfo Celi con Maria Fiore in "Joe Petrosino" (1972) di Daniele D'Anza. In basso, con Kabir Bedi in "Sandokan" (1976) di Sergio Sollima. |
Ma in televisione interpretò anche Joe Petrosino, il celebre poliziotto italo-americano che sferrò un duro colpo alla "Mano Nera" newyorkese nello sceneggiato (1972) ancora diretto da Daniele D'Anza. Tuttavia, nel carnét d'interpretazioni di Adolfo Celi figurano anche ruoli decisamente più comici. Primo fra tutti quello del professor Sassaroli, l'illustre primario bontempone che si aggrega alla combriccola di "Amici miei" guidata dal "cazzaro" conte Tognazzi nei tre film diretti da Monicelli e Nanni Loy.
Da sinistra, Adolfo Celi, Duilio Del Prete, Gastone Moschin, Philippe Noiret e Ugo Tognazzi in "Amici miei" (1975) di Mario Monicelli. |
Secondo, ma non per importanza, quello del severo giudice che dovrebbe condannare Mandrake/Proietti e i suoi "compari", e invece si rivela un incallito giocatore di cavalli ed entra nella sua gang in "Febbre da cavallo" (1976) di Steno. Fu inoltre l'ispettore capo del Ministero incaricato di identificare Abbagnano Michele /Manfredi, venditore abusivo di caffè sul treno in "Café Express" (1980) di Nanni Loy.
Adolfo Celi con Nino Manfredi in "Café Express" (1980) di Nanni Loy. |
E come dimenticare, a mio avviso, re Gustavo di Saint Tulipe alle prese con il simpatico tranviere Barnaba/Adriano Celentano perdutamente innamoratosi di sua figlia Cristina/Ornella Muti e pronto a tutto pur di sposarla nel fiabesco ed esilarante "Innamorato pazzo" (1981) di Castellano & Pipolo. E se il cinema diede ad Adolfo Celi il successo che meritava, la sua più grande passione rimase fino alla fine il teatro. Agli inizi degli anni '80, infatti, riuscì a riprendere la strada del palcoscenico. E proprio in scena, a Siena, Adolfo Celi venne colto da infarto poco prima di dare inizio alla "prima" de "I misteri di Pietroburgo" di Dostoevskij, realizzato con l'amico Vittorio Gassman e i ragazzi della sua "Bottega" fiorentina, presso cui l'attore aveva anche insegnato. Così, ricoverato in ospedale, Celi morì il 19 febbraio 1986, lasciando un vuoto incolmabile. Perché, come diceva, di antagonisti ce ne sono pochi, e specialmente carismatici, affascinanti e versatili come lui. Lui l'Attore, lui l'Antagonista, lui Celi, l'Adolfo.
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