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 DINO VALDI: UNA "LUCE" ALL'OMBRA DEL PRINCIPE DE CURTIS


"Totò è vivo, è qui...Totò è vivo!". Tre persone, un grido all'unisono e poi giù, a terra prive di sensi. Nella Basilica di Santa Maria del Carmine a Napoli, il 17 aprile 1967, si stava svolgendo il secondo funerale (il primo era stato a Roma) del Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, morto due giorni prima. Eppure in quella ressa paurosa, in quella massa di gente accorsa per onorare una delle ultime "maschere" della commedia dell'arte, tre giovani, due ragazze e un ragazzo, giurano di averlo visto. E lo gridano: Totò è vivo, Totò è qui, svenendo per l'emozione. Ma non si tratta di un fantasma ma di un corpo in "carne, ossa e cartilagine", come avrebbe detto il "Principe". Di una persona che per quasi vent'anni aveva vissuto alle sue spalle. O meglio, aveva "vissuto" le sue spalle, visto che era la sua controfigura ufficiale: Osvaldo Natale, per tutti Dino Valdi. E che la sua somiglianza con Totò fosse notevole, lo spiega lo svenimento di quei tre ragazzi che credevano davvero di aver visto il suo fantasma, in piedi accanto al feretro. 


Dino Valdi imita Totò in "Bellezze in bicicletta" (1951) di Carlo Campogalliani.


Valdi era molto più giovane di lui - era nato, a Napoli, il 1° giugno 1922 - ma oltre alle origini partenopee in comune avevano molto di più. Stessa fisicità, stesso sguardo ed espressione. Così, nel 1947, con "I due orfanelli" di Mattòli, iniziò la lunga collaborazione tra Totò e Dino Valdi. Un'esistenza vissuta in tandem per due decenni, col risultato che da una semplice collaborazione artistica nacque una lunga e profonda amicizia. Dire che Valdi sia stato semplicemente la controfigura di Totò - impegnata nelle scene più dinamiche, specialmente quelle in esterna - sarebbe riduttivo ed ingiusto. Perché ben presto egli divenne per il comico un vero e proprio assistente personale. Totò, come sappiamo, era un "animale da palcoscenico" prestato al cinema. Il suo habitat naturale erano soprattutto i teatri di posa, mentre le scene girate all'aperto, in esterna, non erano proprio le sue preferite. Ecco, era lì che entrava in gioco Dino Valdi, occupandosi di tutte quelle situazione in cui al "Principe" erano richiesti sforzi fisici maggiori. Nel 1948, per esempio, in "Totò al Giro d'Italia", sempre di Mattòli, che vedeva Totò nei panni di un professore pronto a vendere l'anima al diavolo (letteralmente) pur di vincere la corsa ciclistica e conquistare il cuore della sua amata (Isa Barzizza), Dino Valdi girò tutte le scene in bicicletta, fatta eccezione per i primi piani (girati solitamente in studio). 


Dino Valdi con Totò sul set de "La legge è legge" (1958) di Christian-Jacque.


Ma Valdi, come dicevamo, si prese anche l'incarico di guidare l'attore in scena, specialmente dopo i gravi problemi agli occhi che lo avevano reso praticamente cieco. Nel 1958, inoltre, sul set de "La legge è legge" di Christian-Jacque, Totò ebbe un distacco della retina che lo costrinse a lasciare il film prima della fine delle riprese. In quell'occasione fu proprio Dino Valdi, forte della notevole somiglianza, a finire la pellicola. Il suo maggior intervento, però, risale al 1966,  in uno dei film che fecero rivalutare il Principe De Curtis da parte di una certa critica, ovvero "Uccellacci e uccellini" di Pier Paolo Pasolini. In quella pellicola, girata interamente in esterna, in gran parte delle scene Totò si fece sostituire da Dino Valdi. Insomma, egli divenne un vero e proprio "angelo custode" per il De Curtis e la sua vita, si può dire, finì con lui, alla sua morte. 

Avendo rinunciato ad una carriera d'artista in autonomia (era apparso in qualche pellicola di Totò e aveva offerto anche una gustosa imitazione dello stesso in alcuni film, come "Bellezze in bicicletta"), Dino Valdi ci provò molti anni dopo la morte dell'artista, ma senza tuttavia alcun successo. Forse anche perché il tight e la bombetta (che Franca Faldini, ultima compagna di Totò, gli regalò come ricordo) gli rimasero cuciti addosso. Nel 1980, infatti, prese parte a "Un uomo da ridere", una miniserie Tv di Lucio Fulci, interpretata da Franco Franchi nei panni di Bianco Bianchi, un guitto d'avanspettacolo caduto in rovina e vegliato dal Paradiso nientepopodimeno che dal Principe De Curtis, di cui Valdi offre, neanche a dirlo, un'ottima interpretazione (doppiato però da Carlo Croccolo, voce ufficiale di Totò in alcuni film). Come nello straordinario spettacolo teatrale "Cinecittà" di Antonio Calenda, nel 1984, dove accanto a Rosalia Maggio, Pietro De Vico e Anna Campori riportò in scena alcuni memorabili sketch del comico napoletano. Perché in fondo, col passare degli anni, Dino Valdi finì per "essere" Totò. Il suo volto così espressivo, la sua gestualità divennero i suoi, e così il "Principe" continuò a vivere ancora per anni e anni, fino a quando anche la sua "copia carbone" volò via, il 5 giugno 2003.

Certo, ad un secolo dalla nascita di Dino Valdi, viene da chiedersi come egli abbia sopportato questa condizione di eterno secondo, vissuto nell'ombra. Probabilmente un po' d'amarezza, per quanto legatissimo al suo "principale", Valdi l'avrà anche provata. Ma è certo che con una normale carriera d'attore, magari anche da protagonista, la sua presenza non avrebbe lasciato un segno così profondo. E invece, ironia della sorte, Dino Valdi è ancora qui a far parlare di sé, vivo nella memoria. È vivo perché le sue "spalle" sono presenti in decine e decine di commedie che hanno fatto la storia del cinema nazionale. È vivo perché ha saputo stare vicino a un grande attore come Totò e ad un uomo sensibile come Antonio De Curtis (separare le due "personalità" è d'obbligo), gioendo dei loro successi. Ed è vivo perché all'ombra del "Principe", dopotutto, non si è mai sentito oscurato, anzi. Ha saputo crearsi uno spazio in cui brillare di luce propria. Quella del talento, dell'amicizia e della gratitudine.

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