MARIO LANDI, SOGNI SCENEGGIATI
Le prime serate Rai degli anni '60 erano il regno della prosa televisiva, del varietà, degli sceneggiati. Quelli che tenevano incollati al piccolo schermo i primi manipoli di spettatori, facendoli trepidare in attesa dei loro beniamini davanti al monoscopio - l'immagine fissa che precedeva e seguiva la fine e l'inizio delle trasmissioni. In quel regno vi erano tanti "re". Soprattutto quelli degli sceneggiati: appassionanti, avvincenti, storici e polizieschi. Erano Anton Giulio Majano, Sandro Bolchi, Daniele D'Anza e Mario Landi. Il "monopolio" di Stato era anche il loro, in grado di calamitare gli spettatori con storie affascinanti e ben curate. Tra questi, Mario Landi fu sicuramente quello più eterogeneo.
Siciliano, di Messina - dove nacque il 12 ottobre 1920 -, Landi si appassionò fin da piccolo al mondo dello spettacolo e alla scrittura. Seguì studi regolari, si laureò in Giurisprudenza, ma prima ancora di conseguire il titolo aveva già fatto le valigie per il Continente, approdando a Roma. Lì si iscrisse all'Accademia d'Arte Drammatica, diplomandosi in regia teatrale nel 1944, e successivamente si trasferì a Milano, dove iniziò a fare quel che aveva sempre sognato: scrivere e raccontare storie. Dopo il giornalismo e la collaborazione con alcune riviste, Mario Landi si affermò come regista nel mondo del teatro, cimentandosi in particolar modo con Pirandello. Nel 1952, la svolta: la Rai stava per dare inizio alle "regolari trasmissioni" che sarebbero cominciate due anni dopo. Al termine di un corso di formazione presso la BBC, a Londra, Mario Landi e altri pionieri come il sopracitato Majano tornarono nel Bel Paese ricchi di idee e di novità.
Massimo Girotti con Anna Maria Ferrero in "Cime tempestose". |
Fu così che le serate degli italiani presero colore, tingendosi del bianco e nero di opere strepitose. Mario Landi portò sul piccolo schermo celebri pièce teatrali, ma soprattutto molti romanzi sceneggiati: da "Cime tempestose" (1956) di Emily Brontë, con Anna Maria Ferrero e Massimo Girotti, a "Canne al Vento" (1958) di Grazia Deledda, con Cosetta Greco, fino a "Il romanzo di un maestro" (1959), dall'omonimo testo di De Amicis, con Armando Francioli.
Armando Francioli ne "Il romanzo di un maestro". |
In alto, Gino Cervi ne "Le inchieste del commissario Maigret". In basso, Turi Ferro ne "I racconti del maresciallo". |
E per quanto la carriera di Landi non si fermò lì - prima della Tv si era dilettato nella regia cinematografica e continuò a lavorare anche nel decennio successivo -, la sua immagine barbuta e corpulenta rimase per sempre legata a quella generazione televisiva fatta di cultura e intrattenimento. Serate, ore, momenti, istanti di televisione italiana a cui, sono certo, avranno ripensato tutti quel 18 marzo 1992, quando sulla Tv di Mario Landi apparve per sempre la scritta "Fine delle Trasmissioni", e lui se ne andò, quasi in silenzio, portato via da un male contro cui lottava da tempo.
Da sinistra, Aroldo Tieri, Lauretta Masiero e Alberto Lionello in "Canzonissima" '60. |
Forse chi non ha vissuto quella televisione, chi non ha provato sulla pelle l'ebbrezza di quegli anni non può capire. Eppure, da figlio del "colore" e appassionato di storia e di storia televisiva, posso dire che non ci vuole molto a rivivere quelle atmosfere. Basta cercarli sul web quei vecchi sceneggiati, basta vederne qualcuno. Nella loro lentezza (recitativa e di ripresa), nel pathos degli attori, nella loro "candida" qualità di risoluzione che oggi fa sorridere, gli sceneggiati di Landi, così come quelli di Majano e Bolchi, donano un'emozione indescrivibile, un'atmosfera sognante, che fu d'ispirazione ed è tuttora di ispirazione per le moderne fiction e serie TV. Ed è per questo che - a trent'anni dalla sua scomparsa - sono lieto di aver omaggiato attraverso Mario Landi quella fantastica era televisiva e i suoi "sogni" sceneggiati.
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