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 GRAZIE, CARO TERENCE!


Sono ottantatré. Ottantatré anni di occhi limpidi e cuore puro, di sorrisi, di sussurri di voce pacati, di finte "scazzottate" e padellate di fagioli. Ottantatré anni di vita per un uomo speciale, un attore brillante, una persona timida, riservata e mai sopra le righe. Nemmeno quando si trattava di aver a che fare con brutti ceffi nelle lande desolate del West. Men che meno, nei vicoli e nelle stradine dell'Umbria, tra Gubbio e Spoleto, in sella ad una bicicletta e con indosso l'abito talare e il basco. Si potrebbe chiudere anche così. Perché se questo articolo non avesse titolo, basterebbero queste poche righe a far capire di chi si tratta. Terence Hill, al secolo Mario Girotti, che fra due giorni tornerà in prima serata a vestire i panni del prete più famoso d'Italia, don Matteo. Per l'ultima volta. Già, l'ultima. Fa male a dirlo, ma Terence Hill ha da tempo comunicato che la tredicesima stagione di "Don Matteo", la fiction che da ventidue anni tiene incollati al video telespettatori di diverse generazioni, sarebbe stata l'ultima per lui. 




Le ragioni sono molte: da un lato l'età, che gli impedisce di sostenere ritmi così pressanti come quelli a cui è sottoposto un attore in una serie tv. Dall'altro la necessità di dedicarsi ai suoi affetti, a sua moglie Lori, al figlio Jess e a nuovi progetti cinematografici. È stato lui stesso a dichiararlo, proprio pochi giorni fa in una intervista al settimanale "Sorrisi". È giusto e comprensibile, e ci tengo a sottolinearlo subito. Non ho nulla da dire in proposito, perché è già tanto essere arrivati fin qui. Se Terence Hill ha deciso di mollare la presa, visto che non si sono create le condizioni più congeniali per lui (ha dichiarato di aver proposto "soluzioni" che la produzione non ha accettato), lo capisco e lo comprendo. Però mi intristisce. Mi intristisce immaginare questa serie, con cui sono cresciuto (avevo sette anni e mezzo quando andò in onda la prima puntata), con cui ho pianto e riso, senza di lui. Perché la fiction andrà avanti, cambiando nome e protagonista, un nuovo sacerdote interpretato da Raoul Bova. Ripeto, io non contesto nulla. O meglio, contesto in parte. Non ritengo giusto andare avanti con una serie costruita intorno a Terence Hill senza di lui. Lasciare gran parte del cast (pieno di bravissimi attori, dal primo all'ultimo), ambientazioni, storie, per poi cambiare soggetto protagonista, non lo trovo giusto. Avrei apprezzato di più la conclusione di questa serie e la riapertura di un nuovo "capitolo" ispirato a "Don Matteo" ma incentrato su un nuovo personaggio. Ma questo articolo non vuole essere una critica, una crociata contro la produzione, registi ed autori, meno che mai contro Terence Hill, la cui scelta è da me capita e accettata. No: se sono qui a scrivere, nel giorno del suo ottantatreesimo compleanno, è perché voglio ringraziarlo. Come dicevo prima, ero un bambino quando Terence Hill indossava per la prima volta la tonaca di don Matteo e saliva in sella alla sua bicicletta per lanciarsi all'avventura. Come quando montava sul suo cavallo con lo spolverino di Trinità, insieme al suo fraterno amico Bud Spencer.  Immagini indelebili nella memoria di tutti come nella mia. Come la lunga carriera di Terence, cominciata quando si chiamava ancora  Mario Girotti ed interpretava giovani belli, prestanti e rubacuori nelle commedie degli anni '50, come "Lazzarella" o "Guaglione". Tuttavia il mio primo incontro con Terence Hill è avvenuto proprio in quel di Gubbio, nella parrocchia di San Giovanni. Andavo in bicicletta, a quei tempi, e spesso cercavo di imitarlo in strampalate acrobazie atletiche in sella, riuscendoci a fatica: nonostante lui avesse una normalissima bici da passeggio ed io una "accessoriata" e leggerissima mountain bike. Ma poco importa: in sella alla mia due ruote mi piaceva sentirmi forte e aitante come lui. Poi l'ho conosciuto nei western, nei panni di strampalati agenti di polizia californiana e in altri memorabili ruoli con o senza Bud, e il suo "mito" si è accresciuto. Mi sono appassionato alla sua storia (di origini umbre, nato a Venezia, cresciuto tra la Germania e Roma e infine divenuto cittadino americano), così semplice, bella ed affascinante. Ho riso molto con lui ma ho anche riflettuto. Ho riflettuto molto su una cosa: come sia possibile lavorare nel mondo dello spettacolo, ottenere un successo internazionale, guadagnare applausi, consensi, celebrità e rimanere sempre quel timido e umile ragazzo che faceva nuoto e venne per caso "acciuffato" da Dino Risi e portato su un set, iniziando una carriera strepitosa. Come? Semplice, mi sono risposto che il segreto è in due parole: Terence Hill. Quel nome così "americano" che scelse per avere più credito quando divenne un idolo del western insieme a Bud Spencer (che in realtà si chiamava Carlo Pedersoli). Ebbene, lui è Terence Hill, l'uomo che non parla ma sussurra, l'uomo dallo sguardo azzurro chiaro e puro come la sua anima. L'uomo che ha saputo essere credibile nei panni del cowboy un po' cialtrone e un po' idealista, in quelli del prete che si fa in quattro per qualcuno, e anche in quelli della guardia forestale, amante dei boschi e delle montagne, pronto a tutto pur di salvaguardarli. Ecco, è la mancanza di un uomo così, nella scena come nella vita, che si farà sentire in "Don Matteo". Ed è quello che sconcerta anche i fan all'idea che tutto questo finisca. Ma, ribadisco, non sono qui per fare polemiche, ma soltanto per dire grazie a Terence Hill. Grazie per tutto quello che ci hai regalato e, personalmente, mi hai regalato, soprattutto in termini di esempio e umanità. Grazie per i momenti speciali che hai condiviso con il tuo pubblico, da grande attore del cinema e grande uomo di fede nella fiction ma anche nella vita. Grazie anche per quello che ci regalerai ancora, perché di qualunque natura siano i tuoi progetti futuri saranno sicuramente degni della tua persona. Per adesso, ci accontenteremo di rivederti ancora una volta in "gonnella" da prete di provincia. Sarà un buon modo anche quello per ricambiare il tuo affetto e la tua riconoscenza verso un pubblico che ti ha sempre amato e continuerà a farlo ancora di più. Pertanto, buon compleanno, caro Terence, e grazie di cuore!

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