CARMELO BENE, "A MODO MIO"
O lo si amava, o lo si odiava. Non c'era possibilità di mediare. O forse sì, forse una alternativa c'era: quella di lasciarsi travolgere dal suo fascino e dal suo carisma rimanendo inermi. Carmelo Bene era così. Uno dei più grandi, dei più controversi, dei più poliedrici artisti del Novecento. Libero, geniale, anticonformista. Un nativo della bella Puglia - dove nacque, nel leccese, a Campi Salentina, il 1° settembre 1937 - e un figlio di quella Roma dei teatri, dove giunse giovanissimo per studiare Giurisprudenza ma consacrandosi ben presto all'arte. Un'arte, tuttavia, vissuta a modo suo.
Carmelo Bene si iscrisse infatti ai corsi dell'Accademia d'Arte Drammatica, salvo abbandonarli poco dopo giudicandoli "inutili". Cominciò così una lunga carriera, esordendo col "Caligola" di Camus per la regia di Alberto Ruggiero, nel 1959, e da quel momento aprì una via completamente nuova nella storia del teatro. Bene divenne attore, autore e regista di se stesso, prendendo i classici e reinterpretandoli. Da "Pinocchio" di Collodi all'Adelchi di Manzoni, dall'Amleto di Shakespeare fino a Majakovskij. Presentati e ripresentati in contesti diversi, in anni diversi, con molteplici variazioni. Ad applaudirlo, intellettuali come Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini, che lo volle con sé nel suo "Edipo Re", segnando per Bene l'ingresso nel mondo del cinema. Ma anche lì, l'eclettico artista voleva fare a modo suo. E sul grande schermo si autodiresse in opere come "Salomè" e "Nostra Signora dei Turchi", che gli valse un Leone d'Argento al Festival di Venezia. Ma la sua casa era il teatro e ci ritornò, rimanendoci tra alti e bassi fino alla fine. A quel 16 marzo di vent'anni fa, quando la morte lo strappò via a quelle amate scene. Quei palcoscenici calcati con rigore (aveva studiato dai Gesuiti) e con estro, con professionalità e stravaganza, a modo suo. "My way", a modo mio, la celebre canzone di Sinatra, penso si sposi perfettamente con la sua creatività. Perché Carmelo Bene si poteva amare o odiare, applaudire o contestare, ma non si poteva di certo non rimanere attratti dalla sua arte tanto libera e controcorrente quanto, oggi, dimenticata.
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