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 DAVID MARIA TUROLDO: L'ESISTENZA E LE SUE FORME


"Morte, impulso a sempre nuove forme". Si conclude così una sua poesia, "Ti sento, Verbo". Una lirica in cui padre David Maria Turoldo esprimeva la sua concezione dell'esistenza umana. La vita e la morte come i due poli attorno a cui ruota l'umanità, nascendo, crescendo, trasformandosi. Perché sì, per padre Turoldo la morte non rappresentava la fine, ma la prova dell'eternità, la certezza di un nuovo inizio. Sotto altre forme. Ma questo non era soltanto dovuto alla sua fede in Dio.



 La sua era una concezione molto più ampia. La convinzione che la morte fosse qualcosa di necessario come la vita. Due momenti dell'esistenza destinati a ripetersi e a rincorrersi: gioia e dolore, felicità e tristezza, paura e coraggio. E nessuno meglio di lui, nato in una numerosa famiglia di contadini friulani - a Coderno, il 22 novembre 1916 - sapeva davvero cosa significasse questo. Prima della sua vocazione precoce - entrò in convento, nell'ordine mendicante dei Servi di Maria, a tredici anni -, padre Turoldo aveva fatto il contadino e il pastore. La fatica, il sudore del lavoro, le difficoltà economiche della sua famiglia non gli impedirono di credere in un domani differente. Lo stesso domani in cui credette negli anni bui della guerra, quando partecipò attivamente alla Resistenza. Fondò e diffuse il periodico clandestino "L'uomo", il cui titolo è esemplificativo di quanto sia necessaria la salvaguardia dell'umanità. La medesima umanità che emerge dai suoi scritti, dalle poesie che padre Turoldo compose nei lunghi anni di attività socio-pastorale, passando da Milano e Firenze ad alcune località europee. Preghiere in versi in cui esprime le sue idee. Professa un cattolicesimo nuovo, progressista e anticonformista, che spesso si scontra con le direttive delle autorità ecclesiastiche e lo costringe all'esilio (abbandonò sia Milano che Firenze per lunghi periodi). Ma "rinascere" è la sua certezza, e così padre David prosegue il suo cammino. Un cammino di speranza e di fiducia, ma soprattutto di fatti concreti, di studi teologici e filosofici (si laureò in Filosofia nel 1940) e meditazioni che lo condussero alla "fine" con serenità e consapevolezza. Il tumore del pancreas che lo colpì negli ultimi anni, non venne accolto da padre Turoldo come un male, ma come il segno di un cambiamento imminente e necessario. La fine di un ciclo e l'inizio di un altro percorso lungo cui si incamminò il 6 febbraio 1992. Un cammino verso nuove forme di vita, nuovi orizzonti, nuove speranze. Traguardi che padre Turoldo ha spinto tutti a raggiungere, cattolici e non, credenti ed atei. Cammini che possono condurre al Paradiso o in qualche altro Luogo metafisico. Strade che conducono a nuove forme di vita, preservando l'essenza di ognuno. Proprio come la sua che, a trent'anni dalla sua scomparsa, rimane l'essenza di un poeta, di un sacerdote, ma prima di tutto di un uomo fiducioso nei misteri dell'esistenza.

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