Passa ai contenuti principali

 BEN GAZZARA, "DURO" MALINCONICO


 Mascella quadrata, mento pronunciato, sguardo profondo e sorriso amaro. Ben Gazzara aveva il volto del "duro". Ma dietro quella maschera più e più volte portata sul piccolo e sul grande schermo, si nascondeva il seme della sofferenza di un popolo che aveva lasciato "le sacre sponde" attraversando l'Oceano in cerca di fortuna. Biagio Anthony Gazzara era infatti figlio di emigrati siciliani arrivati a New York - dove nacque il 28 agosto 1930 - agli inizi del secolo scorso. Trascorse la sua infanzia in strada, mentre suo padre, facendo i mestieri più disparati, cercava di crescerlo per bene. 




La sua "strada", però, Ben se la trovò da solo. Si appassionò al teatro, frequentò l'Actors Studio e cominciò ad esibirsi a Broadway mettendo a frutto il più prezioso insegnamento maturato in quella scuola lì: essere quello che si recita. Così, Ben Gazzara divenne quell'uomo che abbiamo amato: affascinate, a volte cinico, spregiudicato. Tra le sue prime esperienze, "La gatta sul tetto che scotta" di Williams per la regia di Elia Kazan, in palcoscenico, ma sarà il cinema a lanciarlo. Debuttò con "Un uomo sbagliato" di Jack Garfein, nel 1957, e da lì la sua carriera fu pressoché costante ed intensa. 


In alto, Ben Gazzara con Peter Falk e John Cassavetes in "Mariti" (1970) di Cassavetes.
In basso, ne "L'assassinio di un allibratore cinese" (1976) dello stesso regista.



La sua fama è legata soprattutto al sodalizio col regista John Cassavetes che lo diresse in tre celebri pellicole: "Mariti", "L'assassinio di un allibratore cinese" e "Opening Night". La sua figura, elegante, tenebrosa, ebbe anche un buon successo in Italia. Forse il più bel regalo fatto ai suoi genitori, desiderosi di mantenere vivo il legame con la loro terra. 


In alto, Ben Gazzara con Anna Magnani e Totò in "Risate di gioia" (1960) di Mario Monicelli.
In basso, con Ornella Muti in "Storie di ordinaria follia" (1981) di Marco Ferreri.

     


Lavorò con Mario Monicelli in "Risate di gioia", accanto a Totò ed Anna Magnani, e passando dal bianco e nero al colore lavorò con Giuseppe Tornatore ne "Il camorrista" (vestendo i panni del boss Raffaele Cutolo) e con Marco Ferreri che lo diresse in "Storie di ordinaria follia", accanto ad Ornella Muti. 


Ben Gazzara ne "Il camorrista" (1986) di Giuseppe Tornatore.

Una carriera ricca di esperienze, conclusasi tra partecipazioni cinematografiche e televisive (non solo americane) all'età di ottantuno anni, il 3 febbraio 2012, portato via da un tumore al pancreas. Una vita vissuta a pieno, divertendosi, collezionando successi, amando (ebbe tre mogli, e due figlie) e conservando nel sorriso quell'amarezza che - finzioni di scena a parte -, a dieci anni dalla sua scomparsa, continua a caratterizzarlo nel profondo.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...