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"IL CASO": ROSI E IL RACCONTO DEL "MISTERO" MATTEI



- "Io sto preparando questo film, sarà perché Mattei era un personaggio che aveva creato una rete di complicità con tutti, ma io mi trovo davanti a una serie di porte chiuse, e con tanto di cartellino ufficiale, non ultimo il segreto di Stato"

- "Troppa gente vuole che le cose restino come sono"


Questo scambio di battute, messo in scena da Francesco Rosi in prima persona, nel dialogo con alcuni giornalisti verso la fine della pellicola, evidenzia, a mio parere, quale sia stata la molla - oltre all'amore per la storia e i suoi protagonisti - che ha spinto il grande cineasta napoletano a ricostruire uno dei più grandi misteri italiani, quando ancora si credeva che Enrico Mattei, il presidente dell'Eni, fosse rimasto vittima di un incidente aereo e non di un vero e proprio attentato (come appurato dal giudice Vincenzo Calia tra gli anni '90 e i primi anni Duemila). 





"Il caso Mattei", molto più che un film, molto più che un'inchiesta giornalistica, usciva nelle sale cinematografiche il 26 gennaio 1972. Erano trascorsi quasi dieci anni da quella sera d'ottobre - il 27 ottobre 1962 - quando la vita dell'imprenditore Mattei, insieme a quelle del pilota Irnerio Bertuzzi e del giornalista William McHale, svanì nei cieli di Bascapè, non lontano dall'aeroporto di Linate, a bordo del piccolo bireattore Morane-Saulnier, rientrando da un viaggio in Sicilia.

Proprio partendo da lì, da quella sera, Rosi dà inizio al suo racconto. La perdita del contatto radio tra l'aereo e l'aeroporto di Linate. L'aereo precipitato nelle campagne del pavese, i soccorsi, gente comune, militari, dipendenti e dirigenti dell'Eni, giornalisti che si accalcano alla ricerca di notizie. La scomparsa di Mattei che fa il giro del mondo. A quel punto, tramite una serie di flashback, tra passato e presente, il regista comincia a raccontare la storia di Mattei. A parlare è lui stesso - nel volto e nell'anima di Gian Maria Volonté - raccontando la sua ascesa da imprenditore: dalla mancata liquidazione dell'Agip alla fondazione dell'impero dell'Eni, tra il 1945 e il 1962. Dalla scoperta del metano a Caviaga, al petrolio a Cortemaggiore, nella Pianura Padana, per poi arrivare agli accordi internazionali con l'Unione Sovietica e i Paesi d'Oriente, i produttori dell' "oro nero" a cui Mattei proponeva una partecipazione degli utili al 75%, contro il 50 offerto dalle compagnie petrolifere anglo-americane.

Nella narrazione cinematografica, si inseriscono frammenti in cui è lo stesso Rosi a parlare. Racconta i legami tra Mattei e i principali esponenti politici della Dc (da Vanoni e De Gasperi a Fanfani), gli squilibri internazionali causati dalla sua spregiudicatezza negli affari, le accuse mossegli in campo politico ed economico. Ma anche la caparbietà che portò Mattei ad essere non solo "l'italiano più potente dopo Giulio Cesare", ma anche colui che risollevò le sorti del nostro Paese dopo la Seconda guerra mondiale. Nei dialoghi di Mattei/Volonté con un giornalista liberale, tra gli accusatori della sua summa potestas politica ed economica, emerge un continuo ribadire da parte del presidente dell'Eni che se non avesse agito in tal modo, probabilmente la storia d'Italia avrebbe avuto un corso differente. E quel "gattino"  indifeso contro il monopolio dei "cani", le "Sette Sorelle" - riferimento al racconto/parabola di Mattei sulla posizione dell'Italia sullo scacchiere petrolifero mondiale all'indomani della guerra - non sarebbe mai diventata una "tigre". Ma "Il caso Mattei" illustra anche le indagini sulla sua misteriosa scomparsa. L'analisi dei resti dell'aereo, il contadino (Mario Ronchi), testimone oculare, che cambiò più volte la sua deposizione, negando l'iniziale convinzione che l'aereo fosse esploso in aria prima di precipitare. L'incapacità dei giornalisti e degli scrittori di far luce sulla verità di fronte alla difficoltà di indagare a fondo.


 
La locandina del film.


A questo proposito, è interessante nella parte finale del film la ricostruzione degli ultimi giorni di Mattei a Gagliano Castelferrato, in provincia di Enna, dove l'Eni aveva da poco scoperto nuovi giacimenti di metano. Di questo - come si riferisce anche nel film -, Rosi aveva chiesto conto al giornalista Mauro De Mauro, che aveva di persona seguito per conto del suo giornale,"L'Ora", la visita di Mattei in Sicilia. De Mauro, però, scomparve prima ancora di portare concreti risultati a Rosi, rapito da tre uomini sotto casa sua, a Palermo, il 16 settembre 1970. Di lui non si saprà più nulla, né il suo corpo sarà mai ritrovato, ma nei giorni in cui usciva il film di Rosi, tra le piste seguite sulla sua scomparsa c'era anche quella legata a Mattei. Si sospettava che il giornalista avesse scoperto qualcosa di compromettente sulla morte del presidente dell'Eni, e per questo era stato fatto sparire. Ma come Francesco Rosi fa notare nel dialogo con i giornalisti da me citato all'inizio, anche il legame tra De Mauro e Mattei finì per essere in qualche modo offuscato, affinché "le cose restino come sono". La pellicola si chiude senza dare risposte concrete, ribadendo la certezza che dietro la scomparsa di Mattei si nasconda una fitta rete di ombre oscure che vede coinvolti Stato, Mafia, Servizi Segreti e Poteri Forti. Un groviglio di dubbi ancora oggi non completamente soluto.

 Sono infatti trascorsi cinquant'anni dall'uscita di questa pellicola - sceneggiata da Rosi e Tonino Guerra e magistralmente musicata da Piero Piccioni - ma molti degli interrogativi che il regista si poneva non hanno ancora avuto risposte certe. Il merito del film, tuttavia, rimane quello di aver ricostruito con dovizia di particolari (per quanto possibile) l'epopea di Enrico Mattei, reso credibile dall'interpretazione di Gian Maria Volonté - che si guadagnò un Prix al Festival di Cannes . "Il caso Mattei", insomma, è tuttora un'opera ricca di spunti di riflessione su una vicenda che, dopo quasi sessant'anni (ad ottobre ricorrerà l'anniversario della scomparsa del presidente dell'Eni), ha ancora il fascino della "metà oscura" non ancora svelata e la rabbia di chi si è battuto per una verità ancora non pienamente compresa. Ma prima di tutto resta un film di grande valore storico e sociale, testimonianza del "mistero" di un uomo che ha saputo assumersi un rischio, pagandolo fino in fondo.



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