Passa ai contenuti principali

 BOROTALCO,  "FRESCHEZZA" '80


Una storia d'amore leggera, travolgente e romantica, fondata sulla menzogna nel disperato tentativo di sfuggire ad una realtà che non piace. Credo si possa così sintetizzare un film considerato dallo stesso regista una scommessa con se stesso. "Borotalco", infatti, uscito nelle sale quarant'anni fa esatti - il 22 gennaio 1982 -, rappresenta non solo la terza opera da regista di Carlo Verdone, ma anche il tentativo di "liberarsi" di quei personaggi (esilaranti e divertenti) che avevano caratterizzato le due pellicole precedenti ("Un sacco bello" e "Bianco, rosso e Verdone). Scrollandosi di dosso l'immagine dell'attore camaleontico, Carlo Verdone riuscì a scrivere - in coppia con Enrico Oldoini - un film di spessore differente, pennellando con armonia e gusto l'evanescenza degli anni '80, mettendone in evidenza pregi e difetti. 


Sergio (Carlo Verdone) e Nadia (Eleonora Giorgi).


La storia narra di due giovani, Sergio Benvenuti (Verdone) e Nadia Vandelli (Eleonora Giorgi), molto diversi ma anche molto simili, che si ritrovano per caso a rispondere al medesimo annuncio di lavoro: un impiego come venditore porta a porta di dischi. Sergio è un ragazzo timido e impacciato, vive in un convitto con l'amico Marcello ed è fidanzato con Rossella. Il giovane, però, è insoddisfatto della sua vita, con un lavoro che non riesce ad ingranare e l'oppressione dei parenti, soprattutto Augusto, il suocero, che continua a fargli pressione affinché si decida a sposare la figlia. Nadia, invece, è una ragazza molto bella e spigliata, molto capace nel suo lavoro, fan di Lucio Dalla, convivente con l'amica Valeria e fidanzata con un ragazzo prestante, Cristiano. Anche lei, però, non è soddisfatta della sua vita e ha un sogno: conoscere Dalla e fargli ascoltare una canzone scritta per lui. 


Sergio (Verdone) imita Fantoni allo specchio.

Entrambi desiderosi di evadere dalla realtà, entrambi più o meno disillusi, si ritrovano in un mondo fatto di menzogne al solo scopo di "apparire" diversi. Perché proprio come gli anni '80 insegnano, ciò che conta non è tanto essere quanto sembrare. Ed è così che Sergio si ritrova senza nemmeno sapere come nei panni del bel Manuel Fantoni - sedicente architetto -, a casa del quale Nadia (sotto sua richiesta, e senza mai averlo visto prima) gli aveva dato appuntamento per dargli qualche dritta sul lavoro. Finito nel maestoso attico di Fantoni - in realtà un truffatore di nome Cesare Cuticchia, portato via poco dopo dalla polizia -, Sergio viene affascinato dalla fasulla e fantomatica vita spericolata dell'uomo (tra l'imbarco su un cargo battente bandiera liberiana e una cena a casa di star di Hollywood) e prova così a mettersi nei suoi panni recitando un copione che su Nadia sortisce il suo effetto. Lei infatti, credendo che Sergio conosca davvero Lucio Dalla (nella casa di Fantoni ci sono molte foto autografate da vip, tra cui quella del cantautore), fa di tutto pur di rivederlo nella speranza di realizzare il suo sogno. Nel frattempo, fuori da una realtà che li opprimeva, fatta di fidanzati ossessivi e poco inclini alla fantasia, Sergio e Nadia si innamorano per davvero, ma la loro storia - basata su finte verità - è destinata a finire. 


in alto, Sergio (Carlo Verdone) con il suocero Augusto (Mario Brega).
In basso, con Manuel Fantoni (Angelo Infanti).


Una sera, mentre sono a cena nella casa di Fantoni, Augusto - che ormai da giorni aveva perso le tracce del giovane - irrompe nell'appartamento portandosi dietro la figlia e Marcello, e svelando la vera identità di Sergio, malmenato e preso a cinghiate dal rude genitore, sotto gli occhi lacrimanti di Rossella e la delusione di Nadia che, sentitasi tradita, scappa via in auto rimanendo anche vittima di un incidente stradale. Sergio, sinceramente pentito, prova a riconciliarsi con Nadia, ma non c'è nulla da fare.

 Così entrambi ritornano alla triste realtà. Ciascuno si sposa con il proprio compagno (esilarante la scena del matrimonio di Sergio, quando Marcello/Christian De Sica canta l'Ave Maria di Schubert in stile "Broadway") e riprende la propria vita. Qualche tempo dopo, Sergio - divenuto anche padre - viene contattato da una signora interessata ai prodotti del suo nuovo lavoro di rappresentate. Quando si reca a casa della donna, scopre che si tratta di Nadia, la sua Nadia. Parlandosi si scoprono infelici, pur facendo finta di niente. Mentre Sergio sta per andare via, però, Nadia gli fa capire (chiedendogli notizie di alcuni vip) che è ancora innamorata e prova molta nostalgia per il passato. E così, a pochi minuti dai titoli di coda, Nadia e Sergio si baciano, lasciando presagire un ritorno a quel mondo di evanescenza e falsità che, dopotutto, era preferibile alla grigia esistenza quotidiana. 


Marcello (Christian De Sica) canta al matrimonio di Sergio.


Come dicevo prima, il film rappresenta un preciso disegno di quella che era la società italiana degli anni '80. Una società dove "l'abito fa il monaco" (come riferisce Fantoni a Sergio), dove a contare non era tanto la vera esistenza quanto l'immagine di sé che si riusciva a trasmettere agli altri. Il tentativo di Carlo Verdone (premiato con un Nastro d'argento alla miglior regia) di scrivere un film più "vero" e meno legato alla macchietta del padre di famiglia o del giovane complessato risultò vincente nella realizzazione di un personaggio che esprimeva al meglio l'atmosfera di quegli anni: leggera, sognante, in contrasto con la rigidità della classe patriarcale - magistralmente interpretata da Mario Brega -, saldamente ancorata all'istituzione della famiglia e al lavoro "sicuro".

Sergio, per quanto serio e pacato, nutre dentro di sé il bisogno di liberarsi dalle catene di una vita priva di colori, da una relazione insoddisfacente e monotona, per buttarsi tra le braccia di Nadia, una ragazza in pieno stile '80, grintosa, testarda e desiderosa di felicità.


La locandina del film.


Naturalmente, tutto ciò non sarebbe possibile senza la garanzia di comprimari di tutto rispetto e già presenti nei precedenti film del regista: Angelo Infanti, nel ruolo del "fregnacciaro" Fantoni e, il collerico e manesco Mario Brega in quelli di Augusto, il padre di Rossella (interpretata da Roberta Manfredi, figlia di Nino).

Tuttavia un plauso a parte merita Eleonora Giorgi (pluripremiata con un David, un Globo d'oro e un Nastro d'argento come miglior attrice protagonista) che riesce perfettamente a calarsi - in volto, abiti e interpretazione - nel ruolo della ragazza brillante, sfacciata e sognatrice. Ma la vera chicca è soprattutto la colonna sonora. Se nei precedenti film Verdone si era affidato alla maestria di Ennio Morricone, "Borotalco" è accompagnato dalle musiche di Lucio Dalla e degli Stadio, con la prodigiosa tastiera di Fabio Liberatori. Tra "L'ultima luna" (sottofondo dei titoli di testa) e "Cara", "Chi te l'ha detto?" e "Grande figlio di puttana", l'atmosfera di evanescenza e sogno "anni '80" è completa. Insomma, una pellicola che, quarant'anni dopo, riesce ancora a restituirci la "freschezza" di un decennio spensierato, forse frivolo ma senza dubbio indimenticabile.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...