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 VALERIA MORICONI, FIERA "FERA"


Sguardo penetrante, dolce e languido. Lineamenti sottili, quasi discordanti con un temperamento forte, da guerriera. Valeria Moriconi è stata molto più di una grande attrice. È stata un vero "animale" del palcoscenico, in grado di passare con disinvoltura dal brio della commedia alla profondità del dramma. Una passionalità esageratamente vera, che nel giro di poco tempo la condusse verso il successo, e non solo in teatro. Sebbene fu quello il luogo in cui consacrò se stessa all'arte, nella sua Jesi, nelle Marche, dove nacque il 15 novembre 1931.



Cominciò a muovere i primi passi nella filodrammatica della sua città. Non era ancora maggiorenne Valeria Abbruzzetti - questo il suo vero nome -, quando lasciò il paese natio per Roma, inseguendo la sua passione. Con lei il pittore Aldo Moriconi, che fu per dodici anni suo marito, e che le diede quel cognome che per decenni apparve in cartellone davanti ai più prestigiosi teatri nazionali e sulle locandine dei film.


In alto, Valeria Moriconi con Martine Carol ne "La spiaggia" (1954) di Alberto Lattuada.
In basso, con Decimo Cristiani ne "Gli innamorati" (1957) di Mauro Bolognini.


Perché Valeria Moriconi fu anche una grande interprete sul grande schermo. Cominciò con Alberto Lattuada, in un episodio del film "L'amore in città" e poi ne "La spiaggia", nel 1954, ma lavorò anche con registi come Mario Mattòli, Mauro Bolognini e Camillo Mastrocinque, sia in ruoli drammatici che comici. Memorabile accanto a Totò in film come "Miseria e nobiltà"  e "Totò lascia o raddoppia?", nel ruolo di ingenua e tenera fanciulla.


Da sinistra, Enzo Turco, Valeria Moriconi e Totò in "Miseria e nobiltà" (1954) di Mario Mattòli.


Ma, come dicevamo, la sua vocazione era il teatro, e proprio sul palcoscenico ottenne la consacrazione prima con Eduardo De Filippo, che la fece esordire con sé in "De Pretore Vincenzo", nel 1957, poi con Franco Enriquez, col quale diede vita ad una lunga e proficua relazione artistica e sentimentale, consacrata dalla fondazione della "Compagnia dei Quattro", passando con estrema naturalezza dal teatro greco (fu una memorabile Medea al Teatro Greco di Siracusa, nel 1972 e nel 1996) alle opere di Goldoni (un'altrettanto straordinaria Mirandolina ne "La locandiera" di Goldoni, nel 1964), Pirandello, Shakespeare e Tennesse Williams.


La "Compagnia dei Quattro". Da sinistra Franco Enriquez, Mario Scaccia, Glauco Mauri e Valeria Moriconi.


Il suo volto da ragazza "perbene", per sempre consegnato alla storia del cinema in commedie sentimentali, era in grado di assumere le fattezze di donna energica, volitiva, perfida, determinata, fiera, coraggiosa, acquistando ancor più fascino e carisma col trascorrere degli anni, che la videro progressivamente abbandonare il cinema e la televisione (dove apparve in numerosi sceneggiati) per dedicarsi totalmente al teatro.


Valeria Moriconi ne "La locandiera" di Goldoni al Teatro Stabile di Torino (1964), regia di Franco Enriquez.


 Indomabile girovaga, regina di piccoli e grandi teatri, negli ultimi anni della sua vita ritornò nella sua Jesi, dove diresse il Teatro Pergolesi e fondò il Centro studi e attività teatrali che porta il suo nome. Nella terra natia, da dove cinquant'anni prima era partita per vivere cento vite, era tornata per ritrovare la sua, affetta da un tumore alle ossa che se la portò via il 15 giugno 2005.


Valeria Moriconi nella "Medea" di Euripide al Teatro Greco di Siracusa (1996), regia di Mario Missiroli.


Valeria Moriconi, la fiera "fera" del palcoscenico, la donna dai mille volti, l'amazzone della scena, non riuscì a vincere l'ultima di tante battaglie. Ma poco importa, perché la sua intensità d'interprete, la sua passione recitativa dimostrata ad ogni pièce, sono ancora vive nella storia del nostro spettacolo. E a novant'anni dalla sua nascita, possiamo dire con certezza una cosa: l'ultima vera battaglia, quella contro l'oblio, l'ha vinta.

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