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 GERONIMO MEYNIER, UN RAGAZZO PERBENE 


 Ne avrebbe compiuti ottanta oggi, se solo fosse ancora qui con noi. Sarebbe apparso quanto meno strano, visto che per il suo pubblico è rimasto per sempre il giovanotto rubacuori e onesto dell'Italia degli anni '50. Però Geronimo Meynier era cresciuto, costruendosi una vita matura lontano dai riflettori, quasi nell'anonimato. Una vita a cui ha posto fine questo maledetto virus, che se lo è portato via lo scorso 23 gennaio. L'ho scoperto per caso, non molti mesi fa, e ci sono rimasto male.  Non meritava di andarsene così, senza i dovuti saluti di congedo. Perché Geronimo Meynier ha fatto parte di quella schiera di giovani e giovanissimi attori dello straordinario firmamento cinematografico nazionale del secolo scorso. 



Molti sono morti prematuramente (Raf Mattioli), altri hanno avuto una carriera brillante conclusasi miseramente (Renato Salvatori e Maurizio Arena). Altri ancora hanno avuto il privilegio di crescere su un set e rimanerci fino alla fine (Franco Interlenghi). Geronimo Meynier, invece, decise di lasciare il cinema nel pieno della popolarità, dopo dieci anni di successi.

Aveva solo quattordici anni - era nato, a Fiume, il 5 luglio 1941 - quando si ritrovò catapultato sulle scene di un film forse poco ricordato, "Amici per la pelle" (1955) di Franco Rossi. Col ruolo di Mario, un brillante ragazzino di modesta estrazione che prima si scontra e poi si lega a Franco (Andrea Sciré, il figlio del Principe Junio Valerio Borghese), timido figlio di un diplomatico, nel racconto di una tenera amicizia a metà strada tra il neorealismo e il melodramma, Geronimo Meynier dimostrò una naturalezza recitativa che diede inizio alla sua breve ma intensa carriera. 


Geronimo Meynier con Andrea Sciré in "Amici per la pelle" (1955) di Franco Rossi.


Alto, allampanato, distinto, dallo sguardo ora furbo ora tenero e romantico, Meynier divenne il ragazzo tipo della gioventù del Dopoguerra, perduta tra sogni di gloria, amori e sciocchezze, lavorando con i più grandi registi del tempo: da Alberto Lattuada a Mario Camerini, da Mario Monicelli a Camillo Mastrocinque e Mario Mattòli.



Geronimo Meynier con Carla Gravina in "Primo amore" (1959) di Mario Camerini.


Al suo fianco, partner di tutto rispetto in qualità di amiche o fidanzate, come Carla Gravina, Yvonne Monlaur, Christine Kaufmann ed Estella Blain. Queste ultime, furono coprotagoniste nei due film più celebri interpretati da Meynier: "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" (1959) di Mattòli e "Totòtruffa'62" (1961) di Mastrocinque. 


In alto, Geronimo Meynier con Totò in "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" (1960) di Mario Mattòli.
In basso, con Estella Blain in "Totòtruffa'62" (1961) di Camillo Mastrocinque.



In entrambi, Meynier interpretava l'innamorato della figlia di Totò, figlio della "vittima" di turno di questi: Aldo Fabrizi nel primo film, Ernesto Calindri nel secondo. Esilaranti siparietti di giovani in lotta con i propri genitori, a loro volta in conflitto, con un finale che vede sempre trionfare l'amore.

Non nell'ultima pellicola però, "Romeo e Giulietta"(1964) di Riccardo Freda, dove invece diede anima e corpo (accanto a Rosemarie Dexter) al suicidio d'amore più famoso della storia. Un ruolo per cui venne molto apprezzato dalla critica e con cui concluse in bellezza la sua carriera, prima di proseguire la sua esistenza in silenzio.


Geronimo Meynier con Rosemarie Dexter in "Romeo e Giulietta" (1964) di Riccardo Freda.


Un silenzio che desideravo interrompere dedicandogli un pensiero nel giorno del suo compleanno con lui in vita, e che invece sono costretto a fare in sua memoria, con il rimpianto di non essere riuscito neanche a dedicargli un saluto, essendo la sua morte passata in sordina.

Ma, in fondo, Geronimo Meynier è ancora qui, con la sua fresca immagine di giovane serio, tenero e "dritto" con le ragazze, ribelle ma rispettoso verso i genitori. Immagine di un cinema pulito e sincero come lui e quell'Italia che seppe risplendere anche nei suoi limpidi occhi di ragazzo perbene.




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