LOUIS ARMSTRONG, IL "SOFFIO MAGICO" DI UNA TROMBA PRODIGIOSA
Mezzo secolo senza di lui. Mezzo secolo senza la sua tromba, in cui soffiava tutta la sua anima, arrotondando le guance scure sotto gli occhioni grandi e neri. Mezzo secolo senza il suo sorriso, bianco come coloro che si appassionarono alla sua musica senza pregiudizi razziali. Louis Armstrong era nipote di schiavi africani. Era nato in una famiglia povera, a New Orleans - il 4 agosto 1901 -, e aveva avuto un'infanzia difficile, trascorsa tra la strada e il riformatorio, dopo che il padre abbandonò la famiglia.
Ma proprio in quelle strade si appassionò a quella musica così coinvolgente e ritmica, il jazz, soffiando nella cornetta (strumento simile alla tromba) come aveva imparato nei suoi soggiorni nella casa di correzione della città. Così Louis cominciò a suonare con alcuni amici, anche nelle bande che accompagnavano i tradizionali funerali di New Orleans fin quando, nei primi anni '20, venne chiamato da Joe "King" Oliver - suo mentore e concittadino - a Chicago, per far parte della sua band. Fondò poi un suo gruppo, gli Hot Five, trasferendosi a New York. E poi ancora Chicago, Los Angeles, e infine di nuovo New York, con gli "All Stars" che lo accompagnarono quasi fino alla fine della sua carriera. Una carriera fatta di indimenticabili assoli di tromba, splendente sul suo viso scuro, illuminato dalla sua bocca grande e sorridente che, ben presto, tirò fuori una voce straordinaria, regalandoci anche indimenticabili interpretazioni canore: da "Hello, Dolly" a "When the Saints Go Marching In" fino a "What a Wonderful World". Per non parlare, poi, dei suoi duetti con Ella Fitzgerald e con altri grandi artisti, come Bing Crosby.
Ma la sua tromba prodigiosa fece sentire la sua "voce" anche nel Vecchio Continente, passando pure per l'Italia, l'ultima volta nel 1968, quando partecipò al Festival di Sanremo. Solo tre anni dopo, il 6 luglio 1971, Armstrong se ne andò, portato via da un infarto, mentre il soffio magico della sua tromba si dissolveva nei cieli. E lì, fra le nuvole, nelle giornate limpide sembra quasi di poterlo riascoltare, nota dopo nota. A ricordarci ciò che Louis Armstrong ripeteva a se stesso in uno dei suoi brani più famosi: che mondo meraviglioso.
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