LO CHIAMAVAN'...BOMBOLO!
La strada è sempre stata un palcoscenico a cielo aperto. Il cinema, quello dei volti semplici, delle battute sagaci, è nato proprio per i vicoli delle nostre città. Non solo quello neorealista in senso stretto, ma anche quello comico di impronta "vera".
Ebbene lui, Bombolo, è stato tra gli ultimi interpreti tirati fuori dalla realtà e trasportati nel mondo della fantasia da un giorno all'altro.
Erano gli anni '70. Franco Lechner, per tutti "Bombolo", aveva già superato i quarant'anni e girava per le strade di Trastevere, a Roma - città in cui nacque il 22 maggio 1931 -, col suo carrettino, vendendo piatti e stoviglie. Come "piattarolo" era molto conosciuto, anche per la sua comicità così spontanea, per le battute con cui riusciva ad "ammollare" i suoi prodotti o con cui intratteneva gli avventori della trattoria "Da Picchiottino" dove andava a mangiare a pranzo. Quel soprannome, così buffo e azzeccato, gli era stato affibbiato da ragazzino, per via di quella celebre canzone portata al successo dal Trio Lescano.
"Era alto così, era grosso così" anche lui, con quel faccione illuminato da due limpidi occhi azzurri e quell'espressione stupita e tonta che avrebbe dominato la scena in decine di film.
Perché un giorno, Bombolo si imbatté nel regista Pier Francesco Pingitore che, colpito a tal punto dalla sua naturalezza recitativa, gli propose di fare il cinema.
Bombolo con Tomas Milian in "Delitto sull'autostrada" (1982) di Bruno Corbucci. |
Bombolo con Enzo Cannavaro in "Nu jeans e na maglietta" (1983) di Mariano Laurenti. |
Il ruolo di "Venticello", il ladruncolo romano perennemente schiaffeggiato dal maresciallo Giraldi, consegnò Bombolo alla storia.
Una storia durata più di dieci anni, fino al 1987, quando già fisicamente debilitato venne colto da un male incurabile che se lo portò via a cinquantasei anni.
E per quanto quei film lì, oggettivamente, non fossero dei capolavori, la sua immagine così tenera e sincera seppe offrire un affresco di quella comicità romana verace, a tratti volgare, ma disincantata e bonaria. L'immagine di un mondo che non esiste più e che, forse, proprio nel nome di Bombolo può essere sintetizzata.
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