GINO MARINGOLA, L'ELEGANZA DI UN'ANIMA IN SCENA
"Un'anima pura" lo definì Luciano De Crescenzo e come dargli torto. Perché Gino Maringola la sua purezza d'artista, di scrittore, poeta e uomo la sprigionava ad ogni fiato emesso. Quella voce limpida, elegante come i suoi abiti, le sue cravatte ben annodate al collo, col suo incidere sobrio e sicuro allo stesso tempo. Come faceva sul palcoscenico, dove approdò come cantante a vent'anni - era nato il 17 novembre 1917, per quanto dichiarato il 13, "per scaramanzia" - nella sua amata Napoli.
Iniziò ad esibirsi nell'avanspettacolo con Alfredo Thomas, girando per mezza Italia. Nel 1940, poi, passò alla recitazione, scritturato nella celebre compagnia Cafiero-Fumo, dove divise la scena con altre grandi interpreti del teatro partenopeo, le sorelle Nuccia e Nunzia Fumo.
Ma il vero successo arrivò alla fine degli anni '60, al Teatro San Ferdinando di Napoli, quando a chiamarlo con sé fu Eduardo De Filippo in persona. Inizialmente, ebbe dei rapporti burrascosi col suo Maestro, ma ben presto Eduardo si accorse del suo grande talento, della sua recitazione misurata, che permise a Maringola di passare con disinvoltura dal comico al drammatico, avendo lavorato con grandi artisti a livello nazionale, come Emma Gramatica, Gino Cervi e Carlo Ninchi.
Gino Maringola con Eduardo De Filippo in "Natale in casa Cupiello" (1977). |
Ma proprio con Eduardo ebbe le migliori soddisfazioni. Fu un grandioso Vincenzo 'O Cuozzo ne "Il sindaco del Rione Sanità" (1979) e un ancora più fenomenale zio Pasqualino in "Natale in casa Cupiello" (1977). Tuttavia, Gino Maringola riuscì anche a farsi strada nel cinema, dove prese parte a numerose pellicole, diretto da registi come Dino Risi e Nanni Loy.
Gino Maringola con Lorella Morlotti in "Così parlò Bellavista" (1984) di Luciano De Crescenzo. |
Ma, senza dubbio, la sua interpretazione migliore sul grande schermo resta quella di zio Arturo in "Cosí parlò Bellavista" (1984) di De Crescenzo, il commerciante di articolo sacri che, stanco di pagare il "pizzo" alla Camorra, decide di cedere il negozio al nipote Giorgio (Geppy Gleijeses), il genero del professor Bellavista/De Crescenzo.
Ma anche lui, come lo zio Arturo, ad un certo punto abbandonò il suo lavoro. Decise di lasciare il teatro nel momento in cui capì di non avere più le forze per sostenere i suoi ritmi. Si dedicò così ad un'altra sua grande passione: la scrittura. Scrisse alcuni libri e molte poesie, spesso declamate anche in pubblico, con la maestria di sempre. Versi ispirati dai vicoli dei Quartieri, lì dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, fino alla fine, sopraggiunta dieci anni fa esatti, il 26 maggio 2011.
Gino Maringola, tuttavia, continua ad essere presente. La sua anima, così pura e appassionata, vive e racconta la sua passione sconfinata per il palcoscenico. Perché, come disse lui stesso in una delle ultime interviste: chi ama il teatro campa cent'anni. Ma - aggiungerei io - chi il teatro lo ha fatto, vive in eterno.
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