AUGURONI, CARLO!
Se oggi amo così tanto il cinema - quello "vero"- gran parte del merito va a tre suoi grandi protagonisti. Tre "maschere" diverse tra loro, ma dotate del medesimo talento: riuscire a far riflettere col sorriso. Mi riferisco a Totò, Alberto Sordi e Carlo Verdone. Non dico che siano gli unici tra i miei beniamini, ma senza dubbio i primi con cui mi sono interfacciato fin da bambino. Non ricordo un giorno della mia infanzia trascorso senza un loro film, ovvero senza una loro battuta.
E Carlo Verdone, senza dubbio, è quello che ho "consumato" di più, divorando vecchie videocassette con le sue pellicole. Conosco a memoria, ancora oggi, interi pezzi dei suoi film. Adoro soprattutto il "primo" Verdone, quello delle origini, riferibili agli anni '80, quando si affacciò al cinema "battezzato" da Sergio Leone, dopo una laurea in Lettere Moderne alla Sapienza (dove venne bocciato dal padre, il critico cinematografico Mario Verdone, all'esame di storia del cinema), il diploma di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia e l'esordio come comico a "Non stop", la storica trasmissione di Enzo Trapani che lanciò molti altri giovani talenti - come Troisi. E infatti, molti dei suoi personaggi rispecchiano proprio quelli delle sue gag televisive: i "mammoni" Mimmo e Leo, il bullo Enzo, il logorroico padre di famiglia Furio, l'hippie Ruggero. Tutti personaggi presentati nelle sue due opere prime da regista: "Un sacco bello", che ha da poco compiuto quarant'anni, e "Bianco, rosso e Verdone".
In alto, Carlo Verdone (Ruggero) con Isabella De Bernardi. In basso, Verdone (Leo) con Veronica Miriel. Entrambe le scene si riferiscono ad "Un sacco bello"(1980).
Pellicole in cui, sulla falsariga di molte grandi interpretazioni di Totò e Alberto Sordi, emerge un affresco dell'Italia e della Roma del tempo: ancora popolare e genuina, ma ormai divenuta sempre più cupa e tentacolare, ed in cui i pochi "superstiti" di quella "romanità" classica dei film del neorealismo o della commedia leggera erano ormai perle rare.
Carlo Verdone (Enzo) con Renato Scarpa ancora in "Un sacco bello".
In tal senso, emblematico il caso della Sora Lella, al secolo Elena Fabrizi (sorella di Aldo), reduce da piccolissimi camei cinematografici e resa da Verdone una vera star, nel ruolo di sua nonna. Prima in "Bianco rosso e Verdone", poi nel film che io amo di più, "Acqua e sapone", che le valse anche un David di Donatello come miglior attrice non protagonista. Ma potremmo citare anche Mario Brega - ex attore dei western di Leone -, che Verdone portò alla celebrità, soprattutto dopo il ruolo del padre "fascio" di Ruggero in "Un sacco bello" (ma altrettanto degno di lode il camionista "Er principe" di "Bianco, rosso e Verdone").
Ma Carlo Verdone, ovviamente, ha saputo anche andare oltre, non solo regalando un affresco della società popolare da lui vissuta, ma affrontando col passare degli anni tematiche più importanti: il dramma delle baby modelle ("Acqua e sapone"), le manie di grandezza di giovani ingenui, finti duri, perduti tra cinema, musica e sogni di gloria ("Troppo forte"), l'amicizia ed il suo mutare col tempo ("Compagni di scuola"), il rapporto uomo-donna ("Sono pazzo di Iris Blond", "Maledetto il giorno che t'ho incontrato") e i problemi familiari, da "Io e mia sorella" passando per "Viaggi di nozze" e fino ad arrivare al più recente "Io, loro e Lara".
In quest'ultimo, interpretava il ruolo di un sacerdote missionario alle prese con padre e fratelli in una famiglia scombinata, lontanissimo dalle "macchiette" del prete Spinetti di "Acqua e sapone" e del don Alfio di "Un sacco bello".
Infatti, gran parte della sua produzione cinematografica conta tra gli autori le prestigiose firme di Leo Benvenuti e Piero De Bernardi - autori dei più bei film della "commedia all'italiana" -, nonché musiche raffinate: dal grande Morricone per "Un sacco bello" agli Stadio per "Borotalco" e "Acqua e sapone". Ma forse, rispetto a Totò ed Alberto Sordi la differenza più grande è una sola: la "sfortuna" di aver raggiunto il successo in un'epoca in cui l'età d'oro del cinema era finita. E nonostante questo, Carlo Verdone è sempre riuscito a trovare il punto di vista giusto per raccontare le sue storie, coniugando sapientemente ironia e realismo, comicità e dramma, con quella giusta vena di malinconia che pervade tutti i suoi film, e che ancora lo accomuna agli altri due "miti" da me citati.
Ebbene, in occasione dei suoi settant'anni, non potevo esimermi dall'omaggiare Carlo Verdone, anche se, credo, festeggiare un così importante traguardo in un clima come quello attuale, con teatri e cinema chiusi per ovvie ragioni (tra l'altro, ha da poco dovuto rinviare per la seconda volta l'uscita del suo ultimo film, "Si vive una volta sola", ora previsto per gennaio 2021) non deve essere certo facile per chi ha fatto dello spettacolo la propria esistenza. Ragion per cui, da accanito cinefilo e suo grande ammiratore, ho voluto dare il mio piccolo contributo per mantenere accesa la fiammella della speranza, con la certezza che, prima o poi, potremo tornare a sognare. Auguroni, Carlo, e grazie di tutto!
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