Passa ai contenuti principali

 UGO TOGNAZZI: L'ARTE CHE UNISCE


"Tarapìa tapioco, sono passati davvero trent'anni senza la supercazzola o scherziamo?". Effettivamente, potrebbe davvero apparire come una "supercazzola" del Conte Mascetti, eppure sono passati davvero tre decenni dalla scomparsa di Ugo Tognazzi, avvenuta il 27 ottobre 1990. Tuttavia fa strano, perché la sua presenza è più viva che mai, come d'altronde capita a tutti gli artisti il cui lavoro ha reso immortali. 



Una carriera brillante, la sua, cominciata nel teatro, prima da dilettante nella sua Cremona - dove nacque, il 23 marzo 1922 -, poi a Milano, debuttando nella rivista accanto a Wanda Osiris, alla fine degli anni '40. Proprio sul palcoscenico conobbe il suo primo partner di scena: Raimondo Vianello. 


   In alto, Ugo Tognazzi con Raimondo Vianello in "Psycosissimo" (1961) di Steno.
               In basso, con Vianello e Walter Chiari ne "I magnifici tre" (1961) di Giorgio Simonelli.


                                                                             


Biondo, allampanato e raffinato l'uno, bruno, tarchiato e "sanguigno" l'altro, diedero vita ad un duo che segnò le sorti della comicità del Dopoguerra, passando dal teatro alla radio e alla televisione (indimenticabili nel censuratissimo varietà "Un due tre") fino al cinema, dove Ugo Tognazzi approdò agli inizi degli anni '50. In coppia con Vianello offrì gustosissime interpretazione in commedie leggere ed esilaranti, come le parodie di celebri pellicole del tempo ("A noi piace freddo...!", "Psycosissimo", "I magnifici tre"), dirette da registi quali Steno, Giorgio Simonelli, Giorgio Bianchi e Mario Mattòli. Ma la vera svolta cinematografica per Tognazzi arrivò negli anni '60, con l'approdo alla "commedia all'italiana" di cui fu uno dei più grandi interpreti accanto a Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Nino Manfredi.


Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman ne "I mostri" (1963) di Dino Risi.


  Celeberrimo, accanto a Gassman, nel cult di Dino Risi "I mostri" (1963), un film ad episodi che metteva in scena i vizi e le virtù dell'italiano del "Boom economico", perduto tra soldi facili, grandi speranze e vane illusioni.



 In alto, Ugo Tognazzi con Georges Wilson ne "Il federale" (1961) di Luciano Salce.

   In basso, con Catherine Spaak ne "La voglia matta" (1962) dello stesso regista.


                       

                            

                    

Un tema, questo, al quale si riallaccia un altro film interpretato da Tognazzi e diretto da Salce, "La voglia matta", accanto ad una splendida Catherine Spaak: la storia di un quarantenne annoiato che perde la testa per una sedicenne (la Spaak) mettendosi in ridicolo di fronte ai giovani amici della ragazza, la quale si diverte a prenderlo in giro.


 Ugo Tognazzi e Claudia Cardinale ne "Il magnifico cornuto" (1964) di Antonio Pietrangeli.


                                                      



Ma come non citare altri film iconici, come "Il federale", ancora diretto da Salce, "La marcia su Roma" di Risi (sempre con Gassman) e "Il magnifico cornuto" di Pietrangeli, in cui recitò accanto alla bellissima Claudia Cardinale. Perché anche le donne, va' detto, ebbero un ruolo fondamentale nella sua carriera.



                     In alto, Ugo Tognazzi con Annie Girardot ne "La donna scimmia" (1964) di Marco Ferreri.
                                            
                       In basso, con Monica Vitti ne "L'anatra all'arancia" (1975) di Luciano Salce.
                            

                                    



Oltre alle compagne della sua vita, le attrici Pat O'Hara, Margarete Robsahm e Franca Bettoja (da cui ebbe rispettivamente i figli Ricky, Thomas, Gianmarco e Maria Sole), furono molte le sue partner sul set: dalla "grottesca" Annie Girardot/Scimmia ne "La donna scimmia" di Marco Ferreri - regista prediletto con cui lavorò più volte fino a "La grande abbuffata" -, alla splendida Monica Vitti de "L'anatra all'arancia" di Salce. Da Stefania Sandrelli ne "La stanza del vescovo" di Risi ad Ornella Muti in "Romanzo popolare" di Monicelli. 



  Ugo Tognazzi ed Ornella Muti in "Romanzo popolare" (1974) di Mario Monicelli.

                                            
 
 Tutte commedie, certo, ma con una sottile e percettibilissima vena di malinconia, che pervade l'intera cinematografia di Tognazzi, raggiungendo l'apice in due tra i suoi ultimi successi: "Amici miei" di Monicelli  e "La terrazza" di Ettore Scola.

                                    


         Da sinistra, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Ugo Tognazzi e Philippe Noiret in "Amici miei" (1975) di Mario Monicelli.

Due pellicole che, a mio avviso, svelano molti aspetti del carattere del Tognazzi privato: il desiderio di stare in compagnia degli amici, di divertirsi e scherzare pur di vincere la malinconia della vita.


   Da sinistra, Marcello Mastroianni, Jean-Louis Trintignant, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman ne "La terrazza" (1980) di Ettore Scola.


                                         

Infatti, le "zingarate" del Conte Mascetti assieme ai suoi compari Perozzi, Necchi, Melandri e Sassaroli (Noiret, Del Prete, Moschin e Celi), tra una "supercazzola" con "scappellamento a destra" e una con "scappellamento a sinistra", oppure la scena finale de "La terrazza", con la combriccola di amici - tra cui Gassman, Mastroianni e Trintignant - che cantano attorno al pianoforte, ricordano molto le fenomenali cene nella villa di Torvajanica, residenza estiva della famiglia Tognazzi, o quelle nella casa di Velletri: luoghi in cui amava trascorrere il tempo libero dal lavoro, circondato da parenti e amici, dove organizzava spettacolari partite a tennis e leggendarie tavolate, da lui preparate minuziosamente in ogni portata. 



Ugo Tognazzi con la seconda moglie, Franca Bettoja e i suoi figli. Da sinistra, Ricky, Thomas, Maria Sole e Gianmarco.


Perché Ugo Tognazzi, si sa, era anche un ottimo gourmet. Amava molto cucinare per gli altri, proprio come amava immedesimarsi nei suoi personaggi, dosando gli ingredienti giusti, e creando pellicole straordinarie e spesso surreali proprio come i suoi piatti.

Un artista in senso ampio, insomma, in grado di unire amici, parenti e semplici spettatori con un bel piatto di spaghetti fumanti, così come con una "pizza" cinematografica. Quell'Arte che è riuscita a superare i confini terreni permettendoci ancora oggi di godere della sua presenza, in cui specchiarci e riconoscerci, nonostante tanti difetti, come un popolo meraviglioso.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...