RINO GAETANO, IRONICO DISINCANTO
Sembravano "solo canzonette" come diceva qualcuno, eppure erano tutto tranne quello. Che i brani di Rino Gaetano fossero orecchiabili nessuno può negarlo, come il fatto che fossero un po' "strani". Un miscuglio di persone e cose, di situazioni e stati d'animo, di ovvio e di insensato, di frasi fatte: messe lì, una dietro l'altra, ed accompagnate da un ritmo scanzonato e coinvolgente, come quei brani che spopolano nelle radio in estate, che tutti cantano perché, a furia di ascoltarli, rimangono in testa. Salvo che, dopo qualche mese, finiscono tutti per dimenticarsene, avendoli a noia.
Questo alle canzoni di Rino Gaetano non è successo affatto. Perché per quanto fossero orecchiabili, non erano affatto "canzonette", anche quelle considerate più commerciali. E lo dimostra il fatto che oggi, dopo trentanove anni dalla sua morte - avvenuta nel giugno del 1981 - le sue canzoni sono ancora vive, presenti e forse finalmente comprese nel loro senso più profondo. Se oggi Rino Gaetano avesse potuto festeggiare i suoi settant'anni, probabilmente avrebbe visto prender forma la sua idea, che sintetizzata con una massima storica sarebbe "ai posteri l'ardua sentenza". Perché quel giovane ragazzo del sud, nato a Crotone, in Calabria, - il 29 ottobre 1950 -, e cresciuto a Roma dall'età di dieci anni, era pienamente convinto che le sue canzoni, apparentemente frivole e sconclusionate, avrebbero trovato qualcuno in grado di comprenderle col passare del tempo. E d'altra parte, perfino le ultimissime generazioni sanno chi sia Rino Gaetano. Basta parlare di "Gianna", il brano con cui nel 1978 si presentò al Festival di Sanremo, sdoganando la parola "sesso" sul palco dell'Ariston e presentando una canzone che, come al solito, sembra dire nulla e invece dice tutto. Oppure "Ma il cielo è sempre più blu", il brano con cui nel 1975 raggiunse la popolarità dopo qualche anno di gavetta che lo vide passare anche dal Folkstudio, fucina d'artisti come Dalla, De Gregori e Venditti: i cantautori "impegnati", quelli che protestavano, contestavano e denunciavano la società degli anni '70, perduta tra scioperi, attentati e squilibri politici. Ma Gaetano non era come loro, o almeno non lo era in apparenza, perché di "impegno" nei suoi brani ce n'era tanto. Perché dietro quei versi di puro nonsense, dietro l'apparente leggerezza delle sue parole si nascondevano temi come la guerra, la povertà, il lavoro, l'emancipazione femminile, l'emigrazione, l'emarginazione. Brani come "Aida", "Berta filava" e "Nuntereggae più" rappresentano in realtà scenari sociali e problematiche di forte impatto. Motivo per cui spesso Rino Gaetano fu oggetto di critiche, soprattutto con "Nuntereggae più": una sorta di "litania" pop in cui elencava sigle di partito, nomi di politici, calciatori, presentatori, cantanti oltre a numerosi luoghi comuni di un Paese che, dopo anni di contestazioni, era rimasto sempre uguale a se stesso. E allora lui indossava il frac e il cilindro sui jeans e le scarpe da tennis, prendeva in mano una chitarra e giù fiumi di parole, surreali e graffianti, come la sua voce, e col suo beffardo sorriso, che si spense nella notte tra l'1 e il 2 giugno 1981 contro un camion sulla via Nomentana, a Roma, non lontano da casa sua. Eppure la sua musica non si è mai spenta. Essa continua a risuonare nelle nostre orecchie, fa parte della nostra storia e della nostra cultura, ed è ancora ironica, disincantata, moderna e tremendamente attuale.
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