NOVANT'ANNI PER FRANCO MIGLIACCI: LE PAROLE DI UN "SOGNO" ITALIANO
"Penso che un sogno così non ritorni mai più". Chissà se in quel mattino del 1957, quando scrisse queste parole, ha pensato davvero che un "miracolo" del genere mai si sarebbe ripetuto. Invece quel "sogno" era destinato a diventare realtà. Perché dopo aver composto "Nel blu dipinto di più", brano con cui Domenico Modugno vinse il Festival di Sanremo nel 1958, Franco Migliacci trova finalmente la sua vocazione che lo ha portato fin qui, a novant'anni di età, ad essere tra i più grandi parolieri della musica italiana. Ma a trovare la sua strada, ci ha messo un po'.
Fiorentino ma nato a Mantova - il 28 ottobre 1930 -, cresce nel capoluogo toscano trasferendosi a Roma dopo aver vinto un concorso per giovani attori. Inizia a mantenersi facendo la comparsa a Cinecittà e collaborando come illustratore con alcune riviste. Proprio in quel periodo - nei primi anni '50 - conobbe Domenico Modugno, allora anche lui desideroso di sfondare nel cinema e perennemente in cerca di una comparsata nella "città del cinema". Mentre Modugno, nel frattempo, comincia a raccogliere i primi consensi con la chitarra, Migliacci non riesce a capire quale sia il suo destino. Fino a quell'estate del 1957 quando, in una giornata di profondo sconforto, scrive quel pezzo che passerà alla storia come "Volare", musicato insieme all'amico Modugno, e che risulterà essere un trampolino di lancio per entrambi.
Franco Migliacci con Domenico Modugno.
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Infatti, mentre Domenico Modugno canta a squarciagola "volare oh oh" sul palco del Casinò di Sanremo, spalancando le braccia e trascinando con sé - idealmente - un intero popolo che desidera guardare al futuro e dimenticarsi gli orrori della guerra, Franco Migliacci inizia la sua brillante carriera d'autore scrivendo più di centocinquanta brani, dagli anni '50 fino ai giorni nostri e collaborando con i più grandi artisti. Dopo un iniziale sodalizio con Modugno, per cui scrisse "Farfalle" e "Pasqualino maragià" (ma, anni dopo, nel 1993, musicò anche il brano "Delfini", cantato da Modugno col figlio Massimo), compose celebri brani della musica leggera degli anni '60: da "Tintarella di luna" di Mina a "Che m'importa del mondo" di Rita Pavone, da "Una rotonda sul mare" di Fred Bongusto a quasi tutti i brani di successo di Gianni Morandi (da "Fatti mandare dalla mamma" fino a "Uno su mille", canzone di rilancio dell'artista bolognese negli anni '80). E con quest'ultimo Migliacci fonda anche una casa di produzione, la MiMo, attiva fino ai primi anni '70. Ma scrive anche per Patty Pravo ("La bambola"), Nada ("Ma che freddo fa") ed Eduardo De Crescenzo ("Ancora"). Brani, insomma, che fanno parte della storia della musica italiana, a cui Migliacci ha dato un importantissimo contributo, con il suo talento unico, frutto di attimi di grande creatività, di intuizioni preziose, come fu per "Nel blu dipinto di blu" o un'altra canzone forse meno ricordata, "A Milano non crescono i fiori", interpretata e musicata da Gino Paoli, ispirata ad un fatto di cronaca: la storia di due giovani multati per essersi scambiati effusioni in pubblico (siamo negli anni '60, quando i vigili facevano contravvenzione anche a chi semplicemente si baciava in strada). Attraverso le sue canzoni, in un certo senso, è come "volare" davvero. Come fare un lungo sogno attraverso la storia d'Italia, di musica e di costume, attraverso le parole di chi, in quel "sogno" ha saputo crederci davvero.
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