"TOLGO IL DISTURBO": GASSMAN "OLTRE" LA SCENA
È sempre difficile mettere a nudo le proprie fragilità e sofferenze. Ancor più per un attore, che solitamente è abituato ad indossare una maschera, interpretando spesso ruoli lontani dal proprio essere quotidiano. D'altronde, il bello della recitazione sta proprio nel poter ritrovarsi in scenari e situazioni lontani dalla propria condizione o personalità. Ma interpretare, anche parzialmente, se stessi, beh, questo è tutto un altro discorso.
Augusto (Vittorio Gassman) e Rosa (Valentina Holtkamp).
Ci vuole bravura, coraggio e forza per poter "fingere" di recitare, mostrando una parte di sé. Ebbene, credo che il personaggio di Augusto Scribani sia stato uno dei pochi casi in cui Vittorio Gassman abbia donato al pubblico un lato sconosciuto: fragile, solitario, insicuro. Con "Tolgo il disturbo", film uscito nelle sale trent'anni fa, nel 1990, il "mattatore" venne diretto per la quindicesima ed ultima volta da Dino Risi - col quale diede vita a titoli come "Il sorpasso" e "Il Tigre" -, ma in una veste diversa: non più l'italiano aitante e sfacciato, ma bensì un sessantenne malato, solo e profondamente fragile.
La storia di Augusto Scribani è quella di un ex direttore di banca che, dopo diciotto anni passati all'interno di un manicomio, viene rimandato a casa a seguito della chiusura della struttura, dopo la promulgazione della Legge Basaglia.
Uscito di lì, si trova a fare i conti con la realtà. Le sue condizioni di salute - sebbene stabili per lo più - devono sopportare l'assenza di un vero sostegno. La sua famiglia, di fatto, non esiste più.
La moglie è morta da tempo ed il figlio, Eugenio, separato, è emigrato in Venezuela. Augusto così ritorna nella sua vecchia casa a Roma - ancora di sua proprietà - abitata dalla ex nuora Carla (Dominique Sanda) con sua figlia Rosa (Valentina Holtkamp), il nuovo compagno Giorgio (Maurizio Fardo) e la figlia di lui Deborah (Veronica Dei). Naturalmente, l'arrivo di Augusto non viene accolto con molta gioia. L'unica a legare con lui è la nipotina Rosa, che immediatamente trova nell'uomo un complice. La bambina, infatti, poco considerata dalla madre e in lite perenne con la sorellastra, vive anch'ella una situazione simile a quella del nonno. Sono entrambi anime sole, in cerca di qualcuno con cui parlare, passare del tempo, confidarsi. Tra Augusto e Rosa nasce un sentimento speciale. Entrambi si "innamorano" l'uno dell'altra, tanto da ritenersi "fidanzati", frutto della ingenuità di una bambina e della confusione mentale dell'uomo che, tuttavia, sembra aver trovato finalmente una persona che gli voglia bene davvero, con tutte le sue stranezze - dovute anche ai maltrattamenti subiti in manicomio e a cui fa anche dei cenni.
La madre della bambina e il suo compagno, però, sono decisamente preoccupati. Una sera, dopo che Augusto è andato a prendere Rosa ad una festa riportandola a casa a notte fonda, si convincono che l'uomo sia un pericolo per l'incolumità della bambina.
Così, decidono di mandare Augusto in una clinica per vecchi. Lui naturalmente rifiuta, lasciando l'abitazione. Si rifugia così in campagna da Alcide (Elliot Gould), suo vecchio compagno di manicomio che vive con una simpatica prostituta, Ines (Eva Grimaldi). La bambina, però, scappa di casa e raggiunge Augusto, trascorrendo ancora un paio di giorni insieme, prima dell'arrivo della polizia, chiamata dalla madre, che la riporta a casa.
Tuttavia, sei mesi dopo, Augusto e Rosa si incontrano di nuovo. Lei è stata portata in collegio a Stresa, dove vive una sua zia. Augusto va lì a trovarla. La vede, dopo tanto tempo, nuovamente in possesso della sua serenità di bambina, alle prese con la prima cotta per un ragazzino della sua età (il cugino), ma ancora legata a lui da un rapporto di affetto, così come è naturale che sia tra nonno e nipote. L'uomo capisce che è davvero arrivato il momento di "togliere il disturbo". Così, sebbene un po' triste, lascia andare Rosa alla sua vita, ritornando nella sua solitudine con maggior serenità, accompagnato dal "Valzer dei Pattinatori" - musica che "sentiva" fin dagli albori della malattia -, e sulle cui note, a passo di danza, si allontana pochi istanti prima dei titoli di coda.
A mio avviso, al di là del forte realismo - Dino Risi, qui alla sua penultima regia, aveva studiato psichiatria all'università -, questa pellicola rappresenta una delle più alte prove artistiche di Vittorio Gassman che, come detto precedentemente, per la prima volta porta in scena un po' di sé. Proprio in quegli anni l'attore è stato in cura per la sua depressione, portando sullo schermo quel dramma, fatto di solitudine e fragilità, in parte vissuto da lui in prima persona. Negli occhi lucidi di Augusto Scribani, infatti, è possibile scorgere l'anima vera di Gassman, contraddistinta da una profonda sensibilità, per anni nascosta dietro la maschera di uomo "gagliardo". Credo davvero che "l'uomo" Gassman si celi in parte nei panni di questo vecchio "matto" magistralmente interpretato da chi, dopotutto, ha conosciuto davvero la sofferenza ed è stato in grado, come sempre, di immedesimarsi in un personaggio che però, diversamente dalle altre volte, si è rivelato più "Gassman" degli altri.
Ho scelto di raccontarvi oggi "Tolgo il disturbo" perché questo pomeriggio alle 17.00, su Rai 3, sarà rimandato in onda nell'ambito del ciclo di film dedicato a Gassman nel ventennale della scomparsa. Per chi fosse interessato ma è impossibilitato a guardarlo in diretta, ricordo che potrà rivederlo quando desidera sul sito web RaiPlay.
In ogni caso, spero davvero sarete in tanti a guardarlo, anche coloro che, magari, hanno già avuto occasione di vederlo in passato.
Personalmente lo rivedrò con molto piacere, come credo tutti coloro che hanno amato questo immenso attore italiano e, soprattutto, vogliono avere una testimonianza più vera della sua vita "oltre" la scena.
È sempre difficile mettere a nudo le proprie fragilità e sofferenze. Ancor più per un attore, che solitamente è abituato ad indossare una maschera, interpretando spesso ruoli lontani dal proprio essere quotidiano. D'altronde, il bello della recitazione sta proprio nel poter ritrovarsi in scenari e situazioni lontani dalla propria condizione o personalità. Ma interpretare, anche parzialmente, se stessi, beh, questo è tutto un altro discorso.
Augusto (Vittorio Gassman) e Rosa (Valentina Holtkamp).
Ci vuole bravura, coraggio e forza per poter "fingere" di recitare, mostrando una parte di sé. Ebbene, credo che il personaggio di Augusto Scribani sia stato uno dei pochi casi in cui Vittorio Gassman abbia donato al pubblico un lato sconosciuto: fragile, solitario, insicuro. Con "Tolgo il disturbo", film uscito nelle sale trent'anni fa, nel 1990, il "mattatore" venne diretto per la quindicesima ed ultima volta da Dino Risi - col quale diede vita a titoli come "Il sorpasso" e "Il Tigre" -, ma in una veste diversa: non più l'italiano aitante e sfacciato, ma bensì un sessantenne malato, solo e profondamente fragile.
La storia di Augusto Scribani è quella di un ex direttore di banca che, dopo diciotto anni passati all'interno di un manicomio, viene rimandato a casa a seguito della chiusura della struttura, dopo la promulgazione della Legge Basaglia.
Uscito di lì, si trova a fare i conti con la realtà. Le sue condizioni di salute - sebbene stabili per lo più - devono sopportare l'assenza di un vero sostegno. La sua famiglia, di fatto, non esiste più.
La moglie è morta da tempo ed il figlio, Eugenio, separato, è emigrato in Venezuela. Augusto così ritorna nella sua vecchia casa a Roma - ancora di sua proprietà - abitata dalla ex nuora Carla (Dominique Sanda) con sua figlia Rosa (Valentina Holtkamp), il nuovo compagno Giorgio (Maurizio Fardo) e la figlia di lui Deborah (Veronica Dei). Naturalmente, l'arrivo di Augusto non viene accolto con molta gioia. L'unica a legare con lui è la nipotina Rosa, che immediatamente trova nell'uomo un complice. La bambina, infatti, poco considerata dalla madre e in lite perenne con la sorellastra, vive anch'ella una situazione simile a quella del nonno. Sono entrambi anime sole, in cerca di qualcuno con cui parlare, passare del tempo, confidarsi. Tra Augusto e Rosa nasce un sentimento speciale. Entrambi si "innamorano" l'uno dell'altra, tanto da ritenersi "fidanzati", frutto della ingenuità di una bambina e della confusione mentale dell'uomo che, tuttavia, sembra aver trovato finalmente una persona che gli voglia bene davvero, con tutte le sue stranezze - dovute anche ai maltrattamenti subiti in manicomio e a cui fa anche dei cenni.
La madre della bambina e il suo compagno, però, sono decisamente preoccupati. Una sera, dopo che Augusto è andato a prendere Rosa ad una festa riportandola a casa a notte fonda, si convincono che l'uomo sia un pericolo per l'incolumità della bambina.
Così, decidono di mandare Augusto in una clinica per vecchi. Lui naturalmente rifiuta, lasciando l'abitazione. Si rifugia così in campagna da Alcide (Elliot Gould), suo vecchio compagno di manicomio che vive con una simpatica prostituta, Ines (Eva Grimaldi). La bambina, però, scappa di casa e raggiunge Augusto, trascorrendo ancora un paio di giorni insieme, prima dell'arrivo della polizia, chiamata dalla madre, che la riporta a casa.
Tuttavia, sei mesi dopo, Augusto e Rosa si incontrano di nuovo. Lei è stata portata in collegio a Stresa, dove vive una sua zia. Augusto va lì a trovarla. La vede, dopo tanto tempo, nuovamente in possesso della sua serenità di bambina, alle prese con la prima cotta per un ragazzino della sua età (il cugino), ma ancora legata a lui da un rapporto di affetto, così come è naturale che sia tra nonno e nipote. L'uomo capisce che è davvero arrivato il momento di "togliere il disturbo". Così, sebbene un po' triste, lascia andare Rosa alla sua vita, ritornando nella sua solitudine con maggior serenità, accompagnato dal "Valzer dei Pattinatori" - musica che "sentiva" fin dagli albori della malattia -, e sulle cui note, a passo di danza, si allontana pochi istanti prima dei titoli di coda.
A mio avviso, al di là del forte realismo - Dino Risi, qui alla sua penultima regia, aveva studiato psichiatria all'università -, questa pellicola rappresenta una delle più alte prove artistiche di Vittorio Gassman che, come detto precedentemente, per la prima volta porta in scena un po' di sé. Proprio in quegli anni l'attore è stato in cura per la sua depressione, portando sullo schermo quel dramma, fatto di solitudine e fragilità, in parte vissuto da lui in prima persona. Negli occhi lucidi di Augusto Scribani, infatti, è possibile scorgere l'anima vera di Gassman, contraddistinta da una profonda sensibilità, per anni nascosta dietro la maschera di uomo "gagliardo". Credo davvero che "l'uomo" Gassman si celi in parte nei panni di questo vecchio "matto" magistralmente interpretato da chi, dopotutto, ha conosciuto davvero la sofferenza ed è stato in grado, come sempre, di immedesimarsi in un personaggio che però, diversamente dalle altre volte, si è rivelato più "Gassman" degli altri.
Ho scelto di raccontarvi oggi "Tolgo il disturbo" perché questo pomeriggio alle 17.00, su Rai 3, sarà rimandato in onda nell'ambito del ciclo di film dedicato a Gassman nel ventennale della scomparsa. Per chi fosse interessato ma è impossibilitato a guardarlo in diretta, ricordo che potrà rivederlo quando desidera sul sito web RaiPlay.
In ogni caso, spero davvero sarete in tanti a guardarlo, anche coloro che, magari, hanno già avuto occasione di vederlo in passato.
Personalmente lo rivedrò con molto piacere, come credo tutti coloro che hanno amato questo immenso attore italiano e, soprattutto, vogliono avere una testimonianza più vera della sua vita "oltre" la scena.
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