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LELIO LUTTAZZI, RAFFINATO "MAESTRO"


Il sorriso largo sotto il ciuffo ribelle e quell'eleganza sobria che andava fondendosi con quella del suo pianoforte. Sono trascorsi ormai dieci anni dalla scomparsa di Lelio Luttazzi - era l'8 luglio 2010 -, eppure la sua immagine è ancora nitida. Distinto ed ironico, geniale e umile, presentatore e pianista, attore e musicista, non ha mai perduto quel forte affetto da parte del suo pubblico, anche dopo anni di latitanza dalla televisione, in parte dovuta a una triste parentesi che segnò la sua carriera.




La vita di Lelio Luttazzi si legò alla musica fin dall'infanzia, trascorsa nel quartiere Prosecco di Trieste - città in cui nacque il 27 aprile 1923 -, allevato dalla sola madre, maestra elementare, dopo la prematura scomparsa del padre. Iniziò a suonare il pianoforte nella canonica della chiesa parrocchiale. Seguì regolarmente i suoi studi, conseguendo la maturità classica e iscrivendosi alla Facoltà di Giurisprudenza - sostenendo soltanto due esami -, mentre iniziava a esibirsi al pianoforte a Radio Trieste. La svolta per lui arrivò nel 1943. Al teatro Politeama si esibì come direttore d'orchestra aprendo un concerto di Ernesto Bonino. Il cantante rimase tanto colpito da lui da chiedergli di comporgli una canzone. Il brano fu "Il giovanotto matto" che inciso da Bonino ebbe un gran successo, facendo guadagnare al giovane Luttazzi ben 350.000 lire. A quel punto, decise che la musica sarebbe diventata la sua strada. Cominciò come direttore artistico alla CGD, casa discografica fondata dall'amico e concittadino Teddy Reno, per il quale scrisse anche la canzone "Muleta mia", nel 1948.
Da lì, ebbe inizio l'ascesa artistica di Lelio Luttazzi che a base di ritmo, jazz e swing, compì la sua piccola "rivoluzione" nel mondo della musica, realizzando colonne sonore di film ( "Totò, Peppino e la... malafemmina", "Totò, lascia o raddoppia?", "Venezia, la luna e tu") e commedie musicali, ma soprattutto componendo brani di gran successo come "El can de Trieste" (da lui stesso cantato in dialetto triestino), "Vecchia America" per il Quartetto Cetra, "Souvenir d'Italie" per Jula De Palma e "Una zebra a pois" per Mina, sua compagna sulla scena televisiva.
Difatti Lelio Luttazzi - oltre a prendere parte a numerosi film, come attore oltre che compositore - divenne un volto noto della televisione in bianco e nero. Dopo aver esordito in Rai come direttore d'orchestra, fu uno dei più popolari conduttori di varietà: dalla prima edizione di "Teatro 10" (1964) a "Studio Uno" '65 con Mina e Panelli, da "Doppia coppia" (1969) con Sylvie Vartan a "Ieri e oggi" (1967) affiancato ancora da Mina. Inoltre prese parte anche alla celebre "Biblioteca di Studio Uno", nella parodia de "Il fornaretto di Venezia", accanto al Quartetto Cetra.



Lelio Luttazzi e Mina a "Studio Uno".

                                                                                                                     


Per il pubblico radiofonico nazionale, però, Lelio Luttazzi rimane soprattutto il conduttore di "Hit Parade": storica trasmissione che presentava la classifica settimanale dei dischi più venduti. Tuttavia, proprio in quegli anni di gran successo, un duro colpo frenò la sua ascesa.



Luttazzi con Lauretta Masiero ne "Il fornaretto di Venezia" (Biblioteca di Studio Uno).

                                                              


Nel 1970, insieme ad un altro grande volto televisivo, l'amico Walter Chiari, venne accusato di detenzione e spaccio di stupefacenti. Dopo circa un mese di carcere, Lelio Luttazzi venne prosciolto da ogni accusa e rilasciato, ma quell'esperienza lasciò una impronta indelebile dentro di sé. Una tragica esperienza raccontata nel libro autobiografico "Operazione Montecristo" (che ispirò Alberto Sordi in "Detenuto in attesa di giudizio" ), oltre che nel film tv "L'illazione", da lui stesso diretto ed interpretato nel 1972, ma andato in onda soltanto dopo la sua morte.



  Lelio Luttazzi con Walter Chiari.

                                                                                                                              


A seguito di questa brutta esperienza, Lelio Luttazzi si allontanò progressivamente dal piccolo schermo e dai riflettori. Dalla seconda metà degli anni '70 la sua presenza in video si limitò a piccole partecipazioni saltuarie. Nel 1992 fece un'ultima serie di concerti jazz in Italia, ritirandosi poi a vita privata. Poco più di dieci anni dopo tornò alla ribalta per aver composto una nuova canzone, "Ma tu chi sei", per l'amica Mina, e successivamente apparve come ospite in alcune trasmissioni di Fiorello e Fabio Fazio.



 Lelio Luttazzi con Arisa al Festival di Sanremo 2009, sua ultima apparizione televisiva.


                                                             
 Tuttavia, Lelio Luttazzi rimase una presenza discreta. Si mantenne sempre un passo lontano da una televisione in cui, forse, non si riconosceva più. La sua figura, così garbata e gentile, sembrava un oggetto prezioso e impolverato, tirato fuori da una cantina e portato alla luce, suscitando stupore, tenerezza e ammirazione. Come nel 2009, quando ormai imbiancato dagli anni, ma "lucido" nella mente e negli abiti (uno smoking con gardenia bianca all'occhiello), accompagnò al pianoforte - in un grazioso arrangiamento swing - la cantante Arisa al suo esordio sanremese con "Sincerità". Piacevolissimi attimi a cui, sono certo, tutti avranno ripensato nel momento in cui, poco più di un anno dopo, venne comunicata la sua scomparsa.

E probabilmente, accanto alle miriadi di trasmissioni televisive e performance musicali, quello rimane l'ultimo ricordo di un grande artista per il suo pubblico, quello che ancora oggi continua ad amarlo e ricordarlo come un vero "Maestro". Non solo nel senso "musicale", ma soprattutto per la raffinatezza e la signorilità di un certo modo di "fare" spettacolo oramai perduto.






















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