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LEA PADOVANI, TALENTUOSA BELLEZZA

   
  La bellezza non è tutto nella vita, si sa. Ma se ci si aggiunge la grinta, la determinazione e la passione, ecco che anche l'armonia esteriore ne guadagna in fascino.
  Credo che in queste poche parole si sintetizzi ciò che è stata Lea Padovani: una bella donna, affascinante, emotiva, ma anche decisa, risoluta e in grado di lottare per ciò in cui credeva. La sua vita iniziò a Montalto di Castro, nella Maremma laziale, il 28 luglio 1920. La sua era una semplice famiglia borghese: il padre Ugo era un ferroviere di origini vicentine, la madre, Ida Campanari, veniva da Tuscania. Si trasferì a La Spezia (per via del lavoro del padre) e lì conseguì la maturità.
Ma dopo il diploma, riuscendo a vincere le ritrosie paterne, decise - dopo un concorso per filodrammatici dilettanti - di spostarsi a Roma per frequentare l'Accademia d'arte drammatica.




Era il 1942: due anni dopo, lasciò la scuola per debuttare come soubrette nella rivista "Cantachiaro" di Garinei & Giovannini accanto ad Anna Magnani. L'anno seguente, nel 1945, entrò invece nella compagnia di Erminio Macario, debuttando al suo fianco come protagonista in "Febbre azzurra" di Mario Amendola.
Da lì cominciò la sua ascesa artistica che la vide protagonista di successo sulle tavole del palcoscenico: recitò in "Un uomo come gli altri" di Armand Salacrou, "I parenti terribili" di Cocteau (diretta da Visconti) e nella commedia di Coward "L'allegra verità", tutte andate in scena tra il 1946 e il 1948.


Lea Padovani con Macario in "L'innocente Casimiro".

                                                                                                                    

Nel cinema, invece, esordì nel 1945, ancora accanto a Macario, ne "L'innocente Casimiro" di Carlo Campogalliani. Un ruolo importantissimo fu quello di Annunziata in "Cristo fra i muratori" di Edward Dmytryk, nel 1949. Rientrata in Italia, però, la sua fortuna sul grande schermo non fu quella sperata, trovandosi spesso ad interpretare ruoli poco intensi.


    Lea Padovani e Sam Wanamaker in "Cristo fra i muratori".

                                                                                 

Ci furono però diverse eccezioni, come il ruolo di una simpatica e vivace prostituta in "Roma ore 11" (1952) di Giuseppe De Santis, ispirato ad un fatto di cronaca, oppure quello della vedova con figlio a carico che tenta di "fare la vita" spinta dalla miseria e dagli stenti nel capolavoro diretto ed interpretato da Aldo Fabrizi "Una di quelle" (1952), accanto ad uno straordinario Totò e a Peppino De Filippo.


In alto, Lea Padovani con Lucia Bosè in "Roma ore 11".
In basso, con Totò ed Aldo Fabrizi in "Una di quelle".






Ma come dimenticare la pudica e complessata zitella donna Violante "scioltasi" tra le braccia del maresciallo Carotenuto (Vittorio De Sica) in "Pane, amore e..." (1955) di Dino Risi, oppure Norma, moglie alle prese col fedifrago marito Alberto (Alberto Sordi) ne "Il seduttore" (1954) di Franco Rossi.


  Lea Padovani con Tina Pica in "Pane, amore e...".

                                                                                                                  

Tuttavia, fu un ruolo di gran rilievo anche quello di Maria nell'episodio "Il pupo" in  "Altri tempi - Zibaldone n.2" (1954) di Alessandro Blasetti: una madre che, in comune accordo col marito (Marcello Mastroianni), prova ad abbandonare suo figlio non potendolo mantenere ma alla fine ritorna sui suoi passi - ruolo che le valse un Nastro d'argento e una Grolla d'oro nello stesso anno.



 Lea Padovani con Marcello Mastroianni in "Tempi nostri - Zibaldone n.2".

                                                                 

Lea Padovani, però, trovò il suo habitat migliore in teatro. Negli anni '50, entrò in compagnia con Ruggero Ruggeri e Andreina Pagnani recitando in "Tutto bene" ed "Enrico IV" di Pirandello, per poi raggiungere il gran successo prima con "La gatta sul tetto che scotta" di Tennessee Williams, diretta da Raymond Rouleau, e poi con "La rosa tatuata" diretta da Sam Wanamaker, recitata in inglese a Londra.


 Lea Padovani con Paolo Carlini in "Cesare e Cleopatra".
    

                                                                                                                             
Grandi riscontri, inoltre, ebbe sul piccolo schermo, dove ottenne gran popolarità partecipando ad illustri sceneggiati della neonata Rai, come "Piccole donne" diretto da Anton Giulio Majano , "Il romanzo di un giovane povero" per la regia di Silverio Blasi e "Cesare e Cleopatra" di Franco Enriquez. Ma, proprio nel momento di massima celebrità - metà degli anni '60 - Lea Padovani si allontanò dai riflettori, a seguito del matrimonio con l'imprenditore Aldo De Francesco, con cui restò legata a lungo.
Negli anni successivi, tornò sporadicamente a recitare, ma senza la stessa intensità dei bei tempi. L'ultima prova avrebbe dovuto darla poco prima della sua scomparsa, avvenuta il 23 giugno 1991 (a causa di un attacco cardiaco). Stava preparando "L'imperatrice della Cina" di Ruth Wolff con cui avrebbe dovuto esibirsi al Festival di Todi nell'agosto successivo.
Le cose andarono diversamente, e quell'ultima interpretazione non poté avere luogo.  Una cosa è certa però: comunque sia, Lea Padovani rimane una delle più grandi attrici italiane. Forse la meno ricordata, probabilmente la meno costante nella sua seppur lunga e variegata carriera, ma anche quella che ha vissuto la vita come più voleva, donando al suo pubblico momenti straordinari. E proprio in onore di quei momenti indimenticabili e della sua arte sopraffina, ho voluto ricordare Lea Padovani e la sua talentuosa bellezza nel centenario dalla sua nascita.


N.B. : avviso i miei lettori che secondo alcune fonti l'anno di nascita di Lea Padovani sarebbe il 1923 e non il 1920. Fermo restando che ritenevo comunque giusto (fossero anche semplicemente novantasette anni e non cento dalla nascita) ricordare questa grandissima attrice, tendo a specificare che ho ritenuto corretta la data del 1920 per maggiore credibilità della fonte. Lungi da me ogni volontà di divulgare informazioni errate.

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