RENATO TURI: IL "DIO" DEL DOPPIAGGIO ITALIANO
Figlio d'arte - il padre Umberto e la madre Giulia Ragni erano entrambi attori -, Turi nacque "casualmente" a Firenze, il 12 maggio 1920, dove i suoi genitori erano impegnati in uno spettacolo.
Passò gran parte dell'infanzia dietro le quinte di un palcoscenico, di teatro in teatro, di città in città. Studiò in collegio, ma d'estate, durante le vacanze, seguiva la madre e il padre nelle loro esibizioni, appassionandosi ben presto a quel mondo. Fu così che, finiti gli studi e stabilitosi a Roma, frequentò prima una nota filodrammatica e poi passò nella compagnia di Mario Siletti esordendo nell'opera "Fuochi d'artificio".
Nel frattempo, scoppiò la Seconda guerra mondiale e Renato Turi fu costretto ad assolvere l'obbligo di leva in Sardegna. Qui, rimase coinvolto nel bombardamento dell'aeroporto militare in cui prestava servizio. I medici furono costretti ad amputargli una gamba, completamente spappolata dall'esplosione. Questo segnò la fine della sua carriera sul palcoscenico ma diede inizio alla sua fortuna di doppiatore.
Grazie, infatti, alla sua voce sonora, duttile ed enigmatica, cominciò a lavorare in radio all'EIAR, accanto ad altri grandi come Arnoldo Foà e Ubaldo Lay, per poi passare alla Compagnia del Teatro Comico Musicale, divenendone ben presto una "colonna". Parallelamente, però, cominciò anche a dedicarsi al doppiaggio, entrando nella storica Cooperativa Doppiatori Cinematografici (C.D.C.), accanto ad altrettanto indimenticabili "voci" come Pino Locchi, Giuseppe Rinaldi, Emilio Cigoli e Gianfranco Bellini - col quale stringerà un' importante amicizia. Ben presto, la carriera di doppiatore per il cinema divenne la sua principale occupazione.
Prestò la propria voce a numerosi artisti hollywoodiani, da Walter Matthau a Lee Van Cleef, da Lee Marvin a Christopher Lee nei panni del conte Dracula, ma anche a Cary Grant in "Intrigo internazionale"di Hitchcock. Ma sua era anche la voce di moltissimi attori italiani, noti e meno noti, in numerosi film del Dopoguerra. Tra i tanti, ebbe l'onore di doppiare anche Totò, in uno dei suoi sei personaggi (monsignor Antonino) in "Totò diabolicus" di Steno.
La sua carriera - che lo vide anche direttore di doppiaggio - proseguì senza sosta ancora negli anni '70, periodo in cui lasciò la C.D.C., prima per la C.V.D. (di cui fu cofondatore) e poi fondando insieme a Giancarlo Giannini, Carlo Giuffré ed altri la SEDIF- Società Edizioni Italiane Film, ancora oggi diretta dalla figlia Daniela.
Nonostante il suo difetto fisico, Turi recitò anche in alcune pellicole - in piccole parti- e partecipò ad alcune trasmissioni e sceneggiati televisivi Rai, come "Nero Wolfe" e "Joe Petrosino".
Proprio un anno prima della morte - avvenuta il 5 aprile 1991, dopo una lunga malattia - apparve per l'ultima volta nel film "Evelina e i suoi figli", accanto a Stefania Sandrelli .
La sua ultima opera di rilievo, però, riguarda ovviamente il doppiaggio. Nel 1974 e nel 1978, infatti, interpretò "La voce di Lassù" nel celebre musical "Aggiungi un posto a tavola" di Garinei & Giovannini, la cui registrazione venne anche utilizzata in alcune edizioni successive del musical.
E quella voce, sono certo, la ricorderanno tutti. D'altra parte, non poteva esserci complimento migliore per lui che attribuirgli la voce di Dio. Dopotutto, una voce così - reboante, calda, paterna - non poteva essere più adatta alle circostanze.
In ogni caso, a cento anni dalla sua nascita, ho voluto rendere omaggio a Renato Turi, in generale come grande artista nel panorama nazionale, ma in particolare per il suo stretto contributo dato, insieme a nomi come i sopracitati Locchi e Rinaldi, ma anche a Carlo Romano, Corrado Gaipa e Cesare Barbetti, all'eccellenza del doppiaggio italiano.
Forse, più che descriverlo basterebbe ascoltarlo. Ritengo infatti che il nome di Renato Turi, così come il suo volto, non suggerisca molto ai più, a differenza del suo timbro inconfondibile: profondo, contraddistinto da una dizione perfetta, ha fatto la fortuna del doppiaggio italiano per oltre quarant'anni. Senza contare che quella voce fu la sua salvezza dopo un brutto scherzo giocatogli dalla vita.
Figlio d'arte - il padre Umberto e la madre Giulia Ragni erano entrambi attori -, Turi nacque "casualmente" a Firenze, il 12 maggio 1920, dove i suoi genitori erano impegnati in uno spettacolo.
Passò gran parte dell'infanzia dietro le quinte di un palcoscenico, di teatro in teatro, di città in città. Studiò in collegio, ma d'estate, durante le vacanze, seguiva la madre e il padre nelle loro esibizioni, appassionandosi ben presto a quel mondo. Fu così che, finiti gli studi e stabilitosi a Roma, frequentò prima una nota filodrammatica e poi passò nella compagnia di Mario Siletti esordendo nell'opera "Fuochi d'artificio".
Nel frattempo, scoppiò la Seconda guerra mondiale e Renato Turi fu costretto ad assolvere l'obbligo di leva in Sardegna. Qui, rimase coinvolto nel bombardamento dell'aeroporto militare in cui prestava servizio. I medici furono costretti ad amputargli una gamba, completamente spappolata dall'esplosione. Questo segnò la fine della sua carriera sul palcoscenico ma diede inizio alla sua fortuna di doppiatore.
Alcuni volti di Hollywood a cui Renato Turi prestò la sua voce. Da sinistra: Walter Matthau, Lee Marvin e Lee Van Cleef. |
Grazie, infatti, alla sua voce sonora, duttile ed enigmatica, cominciò a lavorare in radio all'EIAR, accanto ad altri grandi come Arnoldo Foà e Ubaldo Lay, per poi passare alla Compagnia del Teatro Comico Musicale, divenendone ben presto una "colonna". Parallelamente, però, cominciò anche a dedicarsi al doppiaggio, entrando nella storica Cooperativa Doppiatori Cinematografici (C.D.C.), accanto ad altrettanto indimenticabili "voci" come Pino Locchi, Giuseppe Rinaldi, Emilio Cigoli e Gianfranco Bellini - col quale stringerà un' importante amicizia. Ben presto, la carriera di doppiatore per il cinema divenne la sua principale occupazione.
Prestò la propria voce a numerosi artisti hollywoodiani, da Walter Matthau a Lee Van Cleef, da Lee Marvin a Christopher Lee nei panni del conte Dracula, ma anche a Cary Grant in "Intrigo internazionale"di Hitchcock. Ma sua era anche la voce di moltissimi attori italiani, noti e meno noti, in numerosi film del Dopoguerra. Tra i tanti, ebbe l'onore di doppiare anche Totò, in uno dei suoi sei personaggi (monsignor Antonino) in "Totò diabolicus" di Steno.
Due celebri doppiaggi di Renato Turi. In alto, Christopher Lee in "Dracula il vampiro" (1958) In basso, Cary Grant in "Intrigo internazionale" (1959). |
La sua carriera - che lo vide anche direttore di doppiaggio - proseguì senza sosta ancora negli anni '70, periodo in cui lasciò la C.D.C., prima per la C.V.D. (di cui fu cofondatore) e poi fondando insieme a Giancarlo Giannini, Carlo Giuffré ed altri la SEDIF- Società Edizioni Italiane Film, ancora oggi diretta dalla figlia Daniela.
Totò nei panni di "monsignor Antonino", eccezionalmente doppiato da Renato Turi in "Totò diabolicus" (1962). |
Nonostante il suo difetto fisico, Turi recitò anche in alcune pellicole - in piccole parti- e partecipò ad alcune trasmissioni e sceneggiati televisivi Rai, come "Nero Wolfe" e "Joe Petrosino".
Proprio un anno prima della morte - avvenuta il 5 aprile 1991, dopo una lunga malattia - apparve per l'ultima volta nel film "Evelina e i suoi figli", accanto a Stefania Sandrelli .
La sua ultima opera di rilievo, però, riguarda ovviamente il doppiaggio. Nel 1974 e nel 1978, infatti, interpretò "La voce di Lassù" nel celebre musical "Aggiungi un posto a tavola" di Garinei & Giovannini, la cui registrazione venne anche utilizzata in alcune edizioni successive del musical.
E quella voce, sono certo, la ricorderanno tutti. D'altra parte, non poteva esserci complimento migliore per lui che attribuirgli la voce di Dio. Dopotutto, una voce così - reboante, calda, paterna - non poteva essere più adatta alle circostanze.
In ogni caso, a cento anni dalla sua nascita, ho voluto rendere omaggio a Renato Turi, in generale come grande artista nel panorama nazionale, ma in particolare per il suo stretto contributo dato, insieme a nomi come i sopracitati Locchi e Rinaldi, ma anche a Carlo Romano, Corrado Gaipa e Cesare Barbetti, all'eccellenza del doppiaggio italiano.
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