FOLCO LULLI: "RUDE DAL CUORE TENERO"
Non si può certo dire che la sua famiglia fosse estranea all'arte. Suo padre, Gino Lulli, era un cantante baritono, mentre suo fratello minore, Piero Lulli, era già approdato al cinema lavorando con Rossellini e Camerini. Folco Lulli, invece, sanguigno, rude e generoso come le terre intorno alla sua Firenze - dove nacque il 3 luglio 1912 - non ci pensava affatto a quel mondo. Fino a quel "giorno fortunato", aveva vissuto un'esistenza avventurosa, non molto diversa da quei ruoli che, anni dopo, si sarebbe ritrovato ad interpretare, spesso nei panni del "cattivo". Nel 1936 aveva combattuto nella Guerra d'Etiopia, al comando di una truppa di abissini alleati al contingente italiano. Nel 1943, invece, fu tra i primi ufficiali dell'esercito a prendere parte attiva alla Resistenza, guidando un gruppo di partigiani delle Langhe, in Piemonte.
Venne anche fatto prigioniero dai tedeschi, ma riuscì a fuggire, scappando in Unione Sovietica e rientrando in Italia al termine della guerra. Iniziò così a lavorare come rappresentate di prodotti farmaceutici fino a quando, per caso o forse per destino, l'incontro col regista non diede una sterzata alla sua vita. Dopo l'esordio con Lattuada, Folco Lulli divenne ben presto un volto noto del cinema, totalizzando ben novantanove presenze in più di vent'anni di carriera, dalla fine degli anni '40 fino alla fine degli anni '60. Numerose le pellicole neorealiste a cui prese parte: da "Caccia tragica" (1947) e "Non c'è piace tra gli ulivi" (1950) di Giuseppe De Santis - nel ruolo del crudele e grezzo possidente, accanto a Lucia Bosè e Raf Vallone - a "Fuga in Francia" (1948) di Mario Soldati - nel ruolo del protagonista, un gerarca fascista.
Ma grazie alla sua presenza fisica, Folco Lulli sperimentò anche generi diversi, non rimanendo relegato al ruolo di "attore preso dalla strada" e diventando un richiesto caratterista. Nel 1953 prese parte a "Vite vendute" di Henri-Georges Clouzot - considerata tra le sue interpretazioni migliori. Recitò poi in film comici, accanto ad attori come Macario - "Come persi la guerra" (1947) di Carlo Borghesio - , e Totò - "Totò cerca casa" (1949) di Steno e Monicelli.
Inoltre, partecipò ad alcuni capolavori del cinema italiano, diretto ancora da Monicelli ne "La grande guerra" (1959), "I compagni" (1963) - nel ruolo dell'operaio Pautasso, che gli valse un Nastro d'argento come migliore attore non protagonista - e "L'armata Brancaleone" (1966). Nel corso degli anni '60, poi, affiancò al cinema la televisione, apparendo in alcuni sceneggiati Rai.
La sua carriera, però, si concluse con la regia - già sperimentata nel 1949 con un documentario sulla vita dei partigiani. Nel 1969, infatti, uscì nelle sale "Gente d'onore": pellicola che parla di mafia, Sicilia e sangue, in cui compare anche suo fratello Piero. Tuttavia il film non ebbe il successo sperato, ma rimase comunque il suo ultimo dono al pubblico.
Un anno dopo infatti, il 23 maggio 1970, Folco Lulli scomparve prematuramente, a causa di una tromboflebite, al Policlinico Gemelli di Roma dove era stato ricoverato venti giorni prima.
Ancora oggi, però, Folco Lulli rimane una figura importante del cinema italiano. Nonostante il suo carattere, schivo e riservato, seppe conquistarsi la stima e l'affetto di registi e colleghi, che hanno sempre testimoniato il suo animo buono e gentile, nascosto ai più dietro una burbera apparenza. Pertanto, a cinquant'anni dalla sua scomparsa, da incallito cinefilo, ho voluto ricordare questo "rude dal cuore tenero", combattente in scena e nella vita fino all'ultimo, interprete valido e del tutto "naturale" di quella gloriosa stagione cinematografica a cui ha avuto l'onore di appartenere.
Si ritrovò sul grande schermo per caso, senza alcuna esperienza pregressa. "Galeotta" la sua amicizia con Carlo Ponti, suo ex compagno di scuola. Folco Lulli era andato a trovarlo negli studi della Lux Film e proprio lì incontrò il regista Alberto Lattuada, da tempo alla ricerca di un tipo come lui: grosso, imponente, dal volto ora bonario, ora truce, venne catapultato nel mondo del cinema con "Il bandito" (1946), accanto ad Anna Magnani e Amedeo Nazzari, volti noti di quel neorealismo di cui ben presto anche Lulli divenne parte integrante.
Non si può certo dire che la sua famiglia fosse estranea all'arte. Suo padre, Gino Lulli, era un cantante baritono, mentre suo fratello minore, Piero Lulli, era già approdato al cinema lavorando con Rossellini e Camerini. Folco Lulli, invece, sanguigno, rude e generoso come le terre intorno alla sua Firenze - dove nacque il 3 luglio 1912 - non ci pensava affatto a quel mondo. Fino a quel "giorno fortunato", aveva vissuto un'esistenza avventurosa, non molto diversa da quei ruoli che, anni dopo, si sarebbe ritrovato ad interpretare, spesso nei panni del "cattivo". Nel 1936 aveva combattuto nella Guerra d'Etiopia, al comando di una truppa di abissini alleati al contingente italiano. Nel 1943, invece, fu tra i primi ufficiali dell'esercito a prendere parte attiva alla Resistenza, guidando un gruppo di partigiani delle Langhe, in Piemonte.
Da sinistra, Anna Magnani, Amedeo Nazzari e Folco Lulli ne "Il bandito". |
Venne anche fatto prigioniero dai tedeschi, ma riuscì a fuggire, scappando in Unione Sovietica e rientrando in Italia al termine della guerra. Iniziò così a lavorare come rappresentate di prodotti farmaceutici fino a quando, per caso o forse per destino, l'incontro col regista non diede una sterzata alla sua vita. Dopo l'esordio con Lattuada, Folco Lulli divenne ben presto un volto noto del cinema, totalizzando ben novantanove presenze in più di vent'anni di carriera, dalla fine degli anni '40 fino alla fine degli anni '60. Numerose le pellicole neorealiste a cui prese parte: da "Caccia tragica" (1947) e "Non c'è piace tra gli ulivi" (1950) di Giuseppe De Santis - nel ruolo del crudele e grezzo possidente, accanto a Lucia Bosè e Raf Vallone - a "Fuga in Francia" (1948) di Mario Soldati - nel ruolo del protagonista, un gerarca fascista.
In alto, Folco Lulli con Lucia Bosè in "Non c'è pace tra gli ulivi". In basso, con Pietro Germi in "Fuga in Francia". |
Ma grazie alla sua presenza fisica, Folco Lulli sperimentò anche generi diversi, non rimanendo relegato al ruolo di "attore preso dalla strada" e diventando un richiesto caratterista. Nel 1953 prese parte a "Vite vendute" di Henri-Georges Clouzot - considerata tra le sue interpretazioni migliori. Recitò poi in film comici, accanto ad attori come Macario - "Come persi la guerra" (1947) di Carlo Borghesio - , e Totò - "Totò cerca casa" (1949) di Steno e Monicelli.
Folco Lulli e Macario in "Come persi la guerra". |
Inoltre, partecipò ad alcuni capolavori del cinema italiano, diretto ancora da Monicelli ne "La grande guerra" (1959), "I compagni" (1963) - nel ruolo dell'operaio Pautasso, che gli valse un Nastro d'argento come migliore attore non protagonista - e "L'armata Brancaleone" (1966). Nel corso degli anni '60, poi, affiancò al cinema la televisione, apparendo in alcuni sceneggiati Rai.
Da sinistra, Folco Lulli, Marcello Mastroianni e Bernard Blier ne "I compagni". |
La sua carriera, però, si concluse con la regia - già sperimentata nel 1949 con un documentario sulla vita dei partigiani. Nel 1969, infatti, uscì nelle sale "Gente d'onore": pellicola che parla di mafia, Sicilia e sangue, in cui compare anche suo fratello Piero. Tuttavia il film non ebbe il successo sperato, ma rimase comunque il suo ultimo dono al pubblico.
Un anno dopo infatti, il 23 maggio 1970, Folco Lulli scomparve prematuramente, a causa di una tromboflebite, al Policlinico Gemelli di Roma dove era stato ricoverato venti giorni prima.
Ancora oggi, però, Folco Lulli rimane una figura importante del cinema italiano. Nonostante il suo carattere, schivo e riservato, seppe conquistarsi la stima e l'affetto di registi e colleghi, che hanno sempre testimoniato il suo animo buono e gentile, nascosto ai più dietro una burbera apparenza. Pertanto, a cinquant'anni dalla sua scomparsa, da incallito cinefilo, ho voluto ricordare questo "rude dal cuore tenero", combattente in scena e nella vita fino all'ultimo, interprete valido e del tutto "naturale" di quella gloriosa stagione cinematografica a cui ha avuto l'onore di appartenere.
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