CESARE POLACCO: L'INFALLIBILE ROCK
"Anch'io ho commesso un errore. Non ho mai usato la Brillantina Linetti!". Con questa chiosa - entrata nella storia della televisione in bianco e nero -, si concludeva uno dei "Carosello" più famosi ed amati, pubblicizzante l'omonima crema al profumo di lavanda, quella che metteva "in riga" le chiome prima che la rivoluzione degli anni '70 portasse "scompiglio" anche sulle teste dei giovani.
A proferire quelle parole, però, era uno a cui di capelli ne erano rimasti molto pochi e che, dopo un largo sorriso sotto i baffoni folti, si levava il cappello, chinava il capo e mostrava la sua fronte spaziosa, invitando appunto a non commettere lo stesso "errore": detto poi da un ispettore - di nome Rock -, noto per l'infallibilità (con la quale, ad ogni episodio, risolveva brillantemente un giallo misterioso), l'invito valeva doppio. Ma avvolto in quell'impermeabile da investigatore si nascondeva in realtà Cesare Polacco, un artista poliedrico, seppur rimasto per sempre legato a quei fortunati spot andati in onda con successo per ben dieci anni.
Cesare Polacco nella famosa sequenza del "Carosello" Linetti.
Nato a Venezia il 14 maggio 1900, Polacco iniziò ad esibirsi in teatro appena ventenne. Cominciò nella compagnia di Emilio Zago, cimentandosi col repertorio goldoniano ( "La casa nova", "Il burbero benefico") per poi passare in quella di Gianfranco Giachetti, col quale sperimentò anche il teatro dialettale. Negli anni '30 si trasferì a Roma, calcando il palcoscenico prima sotto la direzione di Alda Borelli poi di Tatiana Pavlova. Essendo ebreo, con la promulgazione delle leggi razziali la sua carriera subì un brusco arresto. Cesare Polacco trovò sempre meno possibilità di scritture, salvo casi in cui riuscì ad operare sotto falsa identità. In ogni caso, dopo la fine della Seconda guerra mondiale si aprì una nuova stagione per lui.
Da sinistra, Cesare Polacco, Totò e Mario Castellani in "Totò sceicco".
Grazie alla sua voce - caratteristica, gentile e carismatica - iniziò a lavorare in radio, all'EIAR, come interprete dell'indimenticabile prosa radiofonica, per poi - negli anni successivi - dedicarsi al doppiaggio per il cinema. Inoltre, Polacco, con la sua figura distinta, apparve anche sul grande schermo, tra gli anni '30 fino agli anni '60, prendendo parte complessivamente ad una cinquantina di pellicole, seppur in ruoli marginali.
Cesare Polacco in un episodio de "I fratelli Karamazov".
Discorso diverso vale per la televisione, che gli diede invece grandissima popolarità. Accanto ai sopracitati "Carosello" della Brillantina - interpretati accanto a Giuliano Isidori, nel ruolo del suo assistente - Cesare Polacco recitò in numerosissimi sceneggiati: da "Le mie prigioni " (1968) a "I promessi sposi" (1967), da "I fratelli Karamazov" (1969) ad "Anna Karenina" (1974) . Anche in tal caso si trattava di piccoli ruoli, ma furono comunque in grado di contribuire alla sua fama tra il pubblico.
Cesare Polacco a teatro ne "L'annuncio a Maria" di Paul Claudel.
Tuttavia, Polacco continuò parallelamente ad esibirsi sul palcoscenico. Tra gli anni '50 e '60 entrò nella compagnia del Piccolo Teatro di Milano, cimentandosi ancora con Goldoni (ma anche con Brecht) in numerose pièce dirette da Giorgio Strehler. Ma recitò anche ne "L'annuncio di Maria" di Paul Claudel al Teatro Sant'Erasmo, sempre a Milano.
Non c'è dubbio però che la pubblicità, potremmo dire fin dalla "notte dei tempi", resta sempre impressa nella mente delle persone. Tanto più se parliamo di "Carosello", che era molto più di una banale rete di commercializzazione di beni di consumo.
E difatti, anche quando se ne andò, il 2 marzo 1986 - a seguito delle complicazioni di una broncopolmonite -, Cesare Polacco venne ricordato da tutti come "L'infallibile ispettore Rock", quello con la pipa fumante sotto lo sguardo vispo e circospetto da detective che "non sbaglia mai", salvo aver commesso quel piccolo errore che - a detta dei maghi della pubblicità - gli era costato la chioma.
Scherzi a parte, se Cesare Polacco, ancora oggi, è ricordato principalmente come uno dei volti storici del "Papà della pubblicità", lo si deve - oltre che ai registi e agli sceneggiatori di quegli spot - soprattutto alla sua magistrale interpretazione, frutto di anni ed anni di gavetta e di una carriera ampia ma misurata a cui ho voluto rendere onore quest'oggi - a centoventi anni dalla sua nascita - con questo piccolo omaggio.
"Anch'io ho commesso un errore. Non ho mai usato la Brillantina Linetti!". Con questa chiosa - entrata nella storia della televisione in bianco e nero -, si concludeva uno dei "Carosello" più famosi ed amati, pubblicizzante l'omonima crema al profumo di lavanda, quella che metteva "in riga" le chiome prima che la rivoluzione degli anni '70 portasse "scompiglio" anche sulle teste dei giovani.
A proferire quelle parole, però, era uno a cui di capelli ne erano rimasti molto pochi e che, dopo un largo sorriso sotto i baffoni folti, si levava il cappello, chinava il capo e mostrava la sua fronte spaziosa, invitando appunto a non commettere lo stesso "errore": detto poi da un ispettore - di nome Rock -, noto per l'infallibilità (con la quale, ad ogni episodio, risolveva brillantemente un giallo misterioso), l'invito valeva doppio. Ma avvolto in quell'impermeabile da investigatore si nascondeva in realtà Cesare Polacco, un artista poliedrico, seppur rimasto per sempre legato a quei fortunati spot andati in onda con successo per ben dieci anni.
Cesare Polacco nella famosa sequenza del "Carosello" Linetti.
Nato a Venezia il 14 maggio 1900, Polacco iniziò ad esibirsi in teatro appena ventenne. Cominciò nella compagnia di Emilio Zago, cimentandosi col repertorio goldoniano ( "La casa nova", "Il burbero benefico") per poi passare in quella di Gianfranco Giachetti, col quale sperimentò anche il teatro dialettale. Negli anni '30 si trasferì a Roma, calcando il palcoscenico prima sotto la direzione di Alda Borelli poi di Tatiana Pavlova. Essendo ebreo, con la promulgazione delle leggi razziali la sua carriera subì un brusco arresto. Cesare Polacco trovò sempre meno possibilità di scritture, salvo casi in cui riuscì ad operare sotto falsa identità. In ogni caso, dopo la fine della Seconda guerra mondiale si aprì una nuova stagione per lui.
Da sinistra, Cesare Polacco, Totò e Mario Castellani in "Totò sceicco".
Grazie alla sua voce - caratteristica, gentile e carismatica - iniziò a lavorare in radio, all'EIAR, come interprete dell'indimenticabile prosa radiofonica, per poi - negli anni successivi - dedicarsi al doppiaggio per il cinema. Inoltre, Polacco, con la sua figura distinta, apparve anche sul grande schermo, tra gli anni '30 fino agli anni '60, prendendo parte complessivamente ad una cinquantina di pellicole, seppur in ruoli marginali.
Cesare Polacco in un episodio de "I fratelli Karamazov".
Discorso diverso vale per la televisione, che gli diede invece grandissima popolarità. Accanto ai sopracitati "Carosello" della Brillantina - interpretati accanto a Giuliano Isidori, nel ruolo del suo assistente - Cesare Polacco recitò in numerosissimi sceneggiati: da "Le mie prigioni " (1968) a "I promessi sposi" (1967), da "I fratelli Karamazov" (1969) ad "Anna Karenina" (1974) . Anche in tal caso si trattava di piccoli ruoli, ma furono comunque in grado di contribuire alla sua fama tra il pubblico.
Cesare Polacco a teatro ne "L'annuncio a Maria" di Paul Claudel.
Tuttavia, Polacco continuò parallelamente ad esibirsi sul palcoscenico. Tra gli anni '50 e '60 entrò nella compagnia del Piccolo Teatro di Milano, cimentandosi ancora con Goldoni (ma anche con Brecht) in numerose pièce dirette da Giorgio Strehler. Ma recitò anche ne "L'annuncio di Maria" di Paul Claudel al Teatro Sant'Erasmo, sempre a Milano.
Non c'è dubbio però che la pubblicità, potremmo dire fin dalla "notte dei tempi", resta sempre impressa nella mente delle persone. Tanto più se parliamo di "Carosello", che era molto più di una banale rete di commercializzazione di beni di consumo.
E difatti, anche quando se ne andò, il 2 marzo 1986 - a seguito delle complicazioni di una broncopolmonite -, Cesare Polacco venne ricordato da tutti come "L'infallibile ispettore Rock", quello con la pipa fumante sotto lo sguardo vispo e circospetto da detective che "non sbaglia mai", salvo aver commesso quel piccolo errore che - a detta dei maghi della pubblicità - gli era costato la chioma.
Scherzi a parte, se Cesare Polacco, ancora oggi, è ricordato principalmente come uno dei volti storici del "Papà della pubblicità", lo si deve - oltre che ai registi e agli sceneggiatori di quegli spot - soprattutto alla sua magistrale interpretazione, frutto di anni ed anni di gavetta e di una carriera ampia ma misurata a cui ho voluto rendere onore quest'oggi - a centoventi anni dalla sua nascita - con questo piccolo omaggio.
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