CIAO LUIS, GRAZIE PER AVERMI "INSEGNATO A VOLARE"!
Vivevo da più di un mese con questa preoccupazione. Da quando, lo scorso 2 marzo, appresi che questo "male" che ci ha letteralmente messi all'angolo aveva colpito anche lui: Luis Sepúlveda.
Se n'è andato quest'oggi, dopo l'ultima battaglia della sua vita, divisa tra attivismo socio-politico e letteratura. Figlio del Cile - dove nacque il 4 ottobre 1949 - ma cittadino del mondo, aveva lasciato la terra natia alla fine degli anni '70, dopo un'intensa attività politica e la carcerazione sotto il regime di Pinochet. Da allora girò mezzo mondo, spostandosi dall'America Latina all'Europa, fino a stabilirsi in Spagna, dove viveva.
Sepúlveda aveva raggiunto la fama mondiale nel 1989 col suo primo romanzo, "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore", a cui ne seguirono molti altri fino a due anni fa, quando uscirono
le sue ultime creature: "Vivere per qualcosa" e "Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa". Ma io, come credo la maggior parte dei bambini cresciuti alla fine del secolo scorso,
sono legato particolarmente alla sua opera più nota, "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare": un racconto pieno d'amore, di fiducia e di forza di volontà. Il racconto di un gatto, Zorba, che si prende cura di una piccola gabbianella, Fortunata, crescendola ed insegnandole a volare
con l'aiuto dei suoi amici a quattro zampe e di un umano speciale.
Una favola, certo, ma piena di insegnamenti validi anche per noi adulti. Il motivo per cui sono legato a quel romanzo è però un altro. Come scrissi tempo fa in un altro articolo del blog, fu proprio leggendo quel racconto che mi appassionai alla lettura. Probabilmente non sarei neanche qui a scrivere se ciò non fosse accaduto. Infatti, la mia passione per la scrittura - che nutro fin dall'infanzia - si è evoluta, trasformata e perfezionata grazie alle molteplici letture che ho fatto nel corso degli anni ma, tutto questo, non sarebbe stato possibile senza quel "gatto nero grande e grosso" a cui praticamente devo tutto. Ebbene, con queste poche righe, piene di nostalgia, gratitudine e sofferenza, desidero dare il mio saluto a Luis Sepúlveda, ringraziandolo per quanto ha fatto per me. Continuerò a scrivere anche per lui. Magari chissà, un giorno anche le mie parole saranno utili a qualcuno, come le sue lo sono state per me. Pertanto, ciao Luis e grazie per avermi "insegnato a volare"!
Vivevo da più di un mese con questa preoccupazione. Da quando, lo scorso 2 marzo, appresi che questo "male" che ci ha letteralmente messi all'angolo aveva colpito anche lui: Luis Sepúlveda.
Se n'è andato quest'oggi, dopo l'ultima battaglia della sua vita, divisa tra attivismo socio-politico e letteratura. Figlio del Cile - dove nacque il 4 ottobre 1949 - ma cittadino del mondo, aveva lasciato la terra natia alla fine degli anni '70, dopo un'intensa attività politica e la carcerazione sotto il regime di Pinochet. Da allora girò mezzo mondo, spostandosi dall'America Latina all'Europa, fino a stabilirsi in Spagna, dove viveva.
Sepúlveda aveva raggiunto la fama mondiale nel 1989 col suo primo romanzo, "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore", a cui ne seguirono molti altri fino a due anni fa, quando uscirono
le sue ultime creature: "Vivere per qualcosa" e "Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa". Ma io, come credo la maggior parte dei bambini cresciuti alla fine del secolo scorso,
sono legato particolarmente alla sua opera più nota, "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare": un racconto pieno d'amore, di fiducia e di forza di volontà. Il racconto di un gatto, Zorba, che si prende cura di una piccola gabbianella, Fortunata, crescendola ed insegnandole a volare
con l'aiuto dei suoi amici a quattro zampe e di un umano speciale.
Una favola, certo, ma piena di insegnamenti validi anche per noi adulti. Il motivo per cui sono legato a quel romanzo è però un altro. Come scrissi tempo fa in un altro articolo del blog, fu proprio leggendo quel racconto che mi appassionai alla lettura. Probabilmente non sarei neanche qui a scrivere se ciò non fosse accaduto. Infatti, la mia passione per la scrittura - che nutro fin dall'infanzia - si è evoluta, trasformata e perfezionata grazie alle molteplici letture che ho fatto nel corso degli anni ma, tutto questo, non sarebbe stato possibile senza quel "gatto nero grande e grosso" a cui praticamente devo tutto. Ebbene, con queste poche righe, piene di nostalgia, gratitudine e sofferenza, desidero dare il mio saluto a Luis Sepúlveda, ringraziandolo per quanto ha fatto per me. Continuerò a scrivere anche per lui. Magari chissà, un giorno anche le mie parole saranno utili a qualcuno, come le sue lo sono state per me. Pertanto, ciao Luis e grazie per avermi "insegnato a volare"!
Commenti
Posta un commento