MACARIO: IL RE DELLA RIVISTA
Il volto ovale, gli occhi piccoli e strabuzzati e quel ricciolo perennemente incollato sulla fronte. Questo era Macario: una maschera viva, reale, portata in scena e sullo schermo (grande e piccolo) per oltre quarant'anni, dividendosi tra palcoscenico, set e studio televisivo. Iniziò a recitare fin da ragazzino, nella sua Torino - dove nacque il 27 maggio 1902. Dalla filodrammatica della scuola passò a diverse compagnie itineranti che si spostavano di fiera in fiera tra borghi e villaggi. Negli anni venti esordì nel teatro di prosa e poi in quello di varietà, ma la svolta arrivò nel 1925, grazie al fortunato incontro con la soubrette Isa Bluette che lo fece debuttare come comico nella sua compagnia in "Valigia delle Indie".
Così Erminio Macario diventò "Macario", il volto buffo e comico della rivista, che di lì a poco diventerà la sua principale occupazione, arrivando nel 1930 a fondare una propria compagnia con la quale girò l'Italia fino alla metà degli anni '60. Tra scenografie stupefacenti, ballerine dalle lunghe gambe - arriverà ad averne quaranta - e vestiti sgargianti, il piccolo Macario faceva le sue gag, balbettava frasi senza senso, muoveva occhi, bocca, gambe, come una marionetta mossa da fili invisibili. Soprattutto a partire dal Dopoguerra, Macario portò in scena opere indimenticabili, passando dalla classica rivista come "Amleto, che ne dici?" e "Le educande di San Babila" fino alla neonata commedia musicale, con opere come "L'uomo si conquista la domenica" e "Non sparate alla cicogna".
Macario e il suo corpo di ballo.
Per la sua compagnia passarono indimenticabili artiste del teatro ma anche del cinema italiano, che mossero i primi passi proprio accanto a lui sul palcoscenico: da Wanda Osiris a Olga Villi, da Lauretta Masiero a Isa Barzizza, da Lea Padovani alle Sorelle Nava, da Sandra Mondaini a Valeria Fabrizi.
A sinistra, Macario con Wanda Osiris. A destra, con Sandra Mondaini.
Ma oltre che sul palcoscenico, Erminio Macario fu anche amabile interprete del cinema. Esordì sul grande schermo in un film muto, "Sole" (1929) di Alessandro Blasetti, ma raggiunse grande visibilità come protagonista di esilaranti pellicole come "Imputato, alzatevi!" (1939), "Lo vedi come sei...lo vedi come sei?" (1939), "Il pirata sono io!" (1940) e "Adamo ed Eva" (1949), tutti diretti da Mario Mattòli.
Macario con Isa Barzizza in "Adamo ed Eva".
La sua popolarità cinematografica è però anche legata a Totò, di cui fu abile spalla in ben sei pellicole, dimostrandosi all'altezza dei tempi comici del Principe. Da "Lo smemorato di Collegno" (1962) a "Il monaco di Monza" (1963) - in cui, nei panni di frà Pasquale e frà Mamozio, invocavano Brigitte Bardot con un "ora pro nobis" durante le loro litanie -, da "Totò contro i quattro" (1963) ai meno noti e poco apprezzati dalla critica "Totò di notte n. 1" (1962) e "Toto sexy" (1963) .
In alto, Macario con Totò in "Il monaco di Monza".
In basso, con Totò e Gianni Agus in "Totò sexy".
Ma Macario si dedicò anche alla televisione. Tra gli anni '60 e '70 portò in scena alcune sue celebri commedie, partecipò a diversi "Carosello" e condusse anche importanti varietà in prima serata come "Macario, uno e due" e "Macario più", oltre a "Buonasera con...Erminio Macario", nel 1978, la sua ultima apparizione televisiva. La sua carriera, però, si concluse sul palcoscenico, là dove era iniziato tutto. Col tramonto del varietà, si concentrò sul teatro di prosa e addirittura fondò un proprio teatro nella sua città, "La Bomboniera", nel 1977. Due anni dopo, portò in scena la sua ultima fatica, "Oplà, giochiamo insieme": un voluto ritorno al passato. Proprio in una delle ultime repliche di quest'opera, ebbe un malore che si rivelò presagio di un tumore. Non passò molto tempo: ricoverato in una clinica torinese e accudito dalla moglie Giulia Dardanelli (molto più giovane di lui e sposata in seconde nozze negli anni '50, dopo la fine del suo primo matrimonio), Erminio Macario se ne andò il 26 marzo 1980, lasciando che il sipario si chiudesse definitivamente non solo sulla scena ma anche sulla sua vita.
Sono passati ormai quarant'anni da quel giorno, eppure la sua comicità esilarante e grottesca, il suo volto lunatico e la sua ironia dissacrante continuano ancora a farci ridere. Perché nonostante siamo ormai nel terzo millennio e quel suo "mondo" fatto di gag comiche tra un balletto e l'altro, coreografie eccezionali e ballerine in giarrettiera, piume e paillettes, è ormai soltanto un ricordo lontano, lo stesso non può dirsi di lui, Erminio Macario, che di quel mondo è ancora il re.
Il volto ovale, gli occhi piccoli e strabuzzati e quel ricciolo perennemente incollato sulla fronte. Questo era Macario: una maschera viva, reale, portata in scena e sullo schermo (grande e piccolo) per oltre quarant'anni, dividendosi tra palcoscenico, set e studio televisivo. Iniziò a recitare fin da ragazzino, nella sua Torino - dove nacque il 27 maggio 1902. Dalla filodrammatica della scuola passò a diverse compagnie itineranti che si spostavano di fiera in fiera tra borghi e villaggi. Negli anni venti esordì nel teatro di prosa e poi in quello di varietà, ma la svolta arrivò nel 1925, grazie al fortunato incontro con la soubrette Isa Bluette che lo fece debuttare come comico nella sua compagnia in "Valigia delle Indie".
Così Erminio Macario diventò "Macario", il volto buffo e comico della rivista, che di lì a poco diventerà la sua principale occupazione, arrivando nel 1930 a fondare una propria compagnia con la quale girò l'Italia fino alla metà degli anni '60. Tra scenografie stupefacenti, ballerine dalle lunghe gambe - arriverà ad averne quaranta - e vestiti sgargianti, il piccolo Macario faceva le sue gag, balbettava frasi senza senso, muoveva occhi, bocca, gambe, come una marionetta mossa da fili invisibili. Soprattutto a partire dal Dopoguerra, Macario portò in scena opere indimenticabili, passando dalla classica rivista come "Amleto, che ne dici?" e "Le educande di San Babila" fino alla neonata commedia musicale, con opere come "L'uomo si conquista la domenica" e "Non sparate alla cicogna".
Macario e il suo corpo di ballo.
Per la sua compagnia passarono indimenticabili artiste del teatro ma anche del cinema italiano, che mossero i primi passi proprio accanto a lui sul palcoscenico: da Wanda Osiris a Olga Villi, da Lauretta Masiero a Isa Barzizza, da Lea Padovani alle Sorelle Nava, da Sandra Mondaini a Valeria Fabrizi.
A sinistra, Macario con Wanda Osiris. A destra, con Sandra Mondaini.
Ma oltre che sul palcoscenico, Erminio Macario fu anche amabile interprete del cinema. Esordì sul grande schermo in un film muto, "Sole" (1929) di Alessandro Blasetti, ma raggiunse grande visibilità come protagonista di esilaranti pellicole come "Imputato, alzatevi!" (1939), "Lo vedi come sei...lo vedi come sei?" (1939), "Il pirata sono io!" (1940) e "Adamo ed Eva" (1949), tutti diretti da Mario Mattòli.
Macario con Isa Barzizza in "Adamo ed Eva".
La sua popolarità cinematografica è però anche legata a Totò, di cui fu abile spalla in ben sei pellicole, dimostrandosi all'altezza dei tempi comici del Principe. Da "Lo smemorato di Collegno" (1962) a "Il monaco di Monza" (1963) - in cui, nei panni di frà Pasquale e frà Mamozio, invocavano Brigitte Bardot con un "ora pro nobis" durante le loro litanie -, da "Totò contro i quattro" (1963) ai meno noti e poco apprezzati dalla critica "Totò di notte n. 1" (1962) e "Toto sexy" (1963) .
In alto, Macario con Totò in "Il monaco di Monza".
In basso, con Totò e Gianni Agus in "Totò sexy".
Ma Macario si dedicò anche alla televisione. Tra gli anni '60 e '70 portò in scena alcune sue celebri commedie, partecipò a diversi "Carosello" e condusse anche importanti varietà in prima serata come "Macario, uno e due" e "Macario più", oltre a "Buonasera con...Erminio Macario", nel 1978, la sua ultima apparizione televisiva. La sua carriera, però, si concluse sul palcoscenico, là dove era iniziato tutto. Col tramonto del varietà, si concentrò sul teatro di prosa e addirittura fondò un proprio teatro nella sua città, "La Bomboniera", nel 1977. Due anni dopo, portò in scena la sua ultima fatica, "Oplà, giochiamo insieme": un voluto ritorno al passato. Proprio in una delle ultime repliche di quest'opera, ebbe un malore che si rivelò presagio di un tumore. Non passò molto tempo: ricoverato in una clinica torinese e accudito dalla moglie Giulia Dardanelli (molto più giovane di lui e sposata in seconde nozze negli anni '50, dopo la fine del suo primo matrimonio), Erminio Macario se ne andò il 26 marzo 1980, lasciando che il sipario si chiudesse definitivamente non solo sulla scena ma anche sulla sua vita.
Sono passati ormai quarant'anni da quel giorno, eppure la sua comicità esilarante e grottesca, il suo volto lunatico e la sua ironia dissacrante continuano ancora a farci ridere. Perché nonostante siamo ormai nel terzo millennio e quel suo "mondo" fatto di gag comiche tra un balletto e l'altro, coreografie eccezionali e ballerine in giarrettiera, piume e paillettes, è ormai soltanto un ricordo lontano, lo stesso non può dirsi di lui, Erminio Macario, che di quel mondo è ancora il re.
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