GASTONE RENZELLI: DA OPERAIO AL MATTATOIO A "FUSTO" DI CINECITTA'
C'è stato un tempo - e forse c'è ancora - in cui per poter lavorare nel cinema bastava essere se stessi.
I cosiddetti attori "presi dalla strada" erano proprio così: persone comuni, tolte dalle loro fatiche giornaliere e portate in scena a recitare la loro quotidianità. Sono molti i "non attori" che, nel Dopoguerra, hanno vissuto un proprio momento di gloria, alcuni anche più di uno. Un rapido passaggio nel panorama cinematografico nazionale (e non solo) che però ha lasciato una scia.
Tra queste "meteore" del cinema c'era anche Gastone Renzelli: attore per caso che prese parte a pochissime pellicole ma dimostrando una naturalezza unica, dettata proprio dal fatto che non recitava, ma interpretava ciò che lui era davvero nella vita.
Renzelli nacque a Roma l'8 novembre 1921. Era un ragazzo d'estrazione popolare come ce ne erano tanti al tempo. Alto, moro, aitante, spalle larghe, mani grandi e forti. Gastone lavorava al Mattatoio comunale nel quartiere Testaccio, faceva l'operaio. Una quotidianità fatta di quarti di manzo, ossa, sangue e sudore, non molto differente da quella di tanti altri giovani che, con dedizione ed onestà, si guadagnavano la "pagnotta".
Gastone Renzelli e Anna Magnani in "Bellissima".
Nel 1951, però, le porte di Cinecittà si spalancarono ai suoi piedi quando Luchino Visconti lo scelse per un suo film, "Bellissima", accanto ad Anna Magnani. Questo ragazzone, alto e forte, interpretava un marito onesto e lavoratore alle prese con una moglie (Magnani) decisa a far entrare la sua bambina nel mondo dello spettacolo pur di sentirsi riscattata dalla sua misera condizione sociale.
In alto, Renzelli con Tina Apicella ancora in "Bellissima".
In basso, con Giancarlo Damiani in "La finestra sul Luna Park".
Col suo sguardo sincero e penetrante, la forza fisica "stretta" in una canotta bianca che metteva in risalto i muscoli, Gastone Renzelli si mise in luce per le sue doti di spontaneità recitative che sembrarono aprirgli uno spiraglio nel mondo dello spettacolo. Molti registi, infatti, lo notarono. Lavorò con Vittorio De Sica ne "Il tetto", con Michelangelo Antonioni in "Episodio italiano" de "I vinti" - anche se la sua sequenza venne tagliata in fase di montaggio finale -, e poi con Luigi Comencini ne "La finestra sul Luna Park" e "Il commissario". In tutti questi film Renzelli si ritrovò sempre ad interpretare il ragazzo del popolo, burbero dal cuore tenero, rude ma in fondo gentile. Ben presto, però, Gastone Renzelli scomparve, come molti altri attori occasionali, riportando i suoi possenti bicipiti al lavoro per cui (forse) erano nati. E proprio all'oscuro, lontano da quelle luci di quell'epoca florida del cinema italiano, Renzelli scomparve, il 12 marzo 1990, esattamente trent'anni fa.
Forse, Gastone Renzelli potrebbe tranquillamente passare alla storia come un umile operaio comunale e niente di più. Eppure, a rivedere quelle sue poche apparizioni sul grande schermo, completamente a proprio agio sulla scena, in mezzo ad attori "veri" e diretto da grandi registi, ebbene, forse, si fa fatica a pensare che, dopo tutto questo, con la medesima naturalezza, egli sia ritornato tra la sua gente, magari a raccontare aneddoti e curiosità di quel mondo del cinema di cui, comunque sia, ha avuto l'onore di far parte.
C'è stato un tempo - e forse c'è ancora - in cui per poter lavorare nel cinema bastava essere se stessi.
I cosiddetti attori "presi dalla strada" erano proprio così: persone comuni, tolte dalle loro fatiche giornaliere e portate in scena a recitare la loro quotidianità. Sono molti i "non attori" che, nel Dopoguerra, hanno vissuto un proprio momento di gloria, alcuni anche più di uno. Un rapido passaggio nel panorama cinematografico nazionale (e non solo) che però ha lasciato una scia.
Tra queste "meteore" del cinema c'era anche Gastone Renzelli: attore per caso che prese parte a pochissime pellicole ma dimostrando una naturalezza unica, dettata proprio dal fatto che non recitava, ma interpretava ciò che lui era davvero nella vita.
Renzelli nacque a Roma l'8 novembre 1921. Era un ragazzo d'estrazione popolare come ce ne erano tanti al tempo. Alto, moro, aitante, spalle larghe, mani grandi e forti. Gastone lavorava al Mattatoio comunale nel quartiere Testaccio, faceva l'operaio. Una quotidianità fatta di quarti di manzo, ossa, sangue e sudore, non molto differente da quella di tanti altri giovani che, con dedizione ed onestà, si guadagnavano la "pagnotta".
Gastone Renzelli e Anna Magnani in "Bellissima".
Nel 1951, però, le porte di Cinecittà si spalancarono ai suoi piedi quando Luchino Visconti lo scelse per un suo film, "Bellissima", accanto ad Anna Magnani. Questo ragazzone, alto e forte, interpretava un marito onesto e lavoratore alle prese con una moglie (Magnani) decisa a far entrare la sua bambina nel mondo dello spettacolo pur di sentirsi riscattata dalla sua misera condizione sociale.
In alto, Renzelli con Tina Apicella ancora in "Bellissima".
In basso, con Giancarlo Damiani in "La finestra sul Luna Park".
Col suo sguardo sincero e penetrante, la forza fisica "stretta" in una canotta bianca che metteva in risalto i muscoli, Gastone Renzelli si mise in luce per le sue doti di spontaneità recitative che sembrarono aprirgli uno spiraglio nel mondo dello spettacolo. Molti registi, infatti, lo notarono. Lavorò con Vittorio De Sica ne "Il tetto", con Michelangelo Antonioni in "Episodio italiano" de "I vinti" - anche se la sua sequenza venne tagliata in fase di montaggio finale -, e poi con Luigi Comencini ne "La finestra sul Luna Park" e "Il commissario". In tutti questi film Renzelli si ritrovò sempre ad interpretare il ragazzo del popolo, burbero dal cuore tenero, rude ma in fondo gentile. Ben presto, però, Gastone Renzelli scomparve, come molti altri attori occasionali, riportando i suoi possenti bicipiti al lavoro per cui (forse) erano nati. E proprio all'oscuro, lontano da quelle luci di quell'epoca florida del cinema italiano, Renzelli scomparve, il 12 marzo 1990, esattamente trent'anni fa.
Forse, Gastone Renzelli potrebbe tranquillamente passare alla storia come un umile operaio comunale e niente di più. Eppure, a rivedere quelle sue poche apparizioni sul grande schermo, completamente a proprio agio sulla scena, in mezzo ad attori "veri" e diretto da grandi registi, ebbene, forse, si fa fatica a pensare che, dopo tutto questo, con la medesima naturalezza, egli sia ritornato tra la sua gente, magari a raccontare aneddoti e curiosità di quel mondo del cinema di cui, comunque sia, ha avuto l'onore di far parte.
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