ESTELLA BLAIN: PARABOLA DI UNA "STELLA" CADUTA
Una bellezza prorompente ma delicata, una voce sublime e un talento straordinario. Estella Blain probabilmente non è passata alla storia come meritava, neanche nella sua madre patria, la Francia.
Eppure la sua carriera, sviluppatasi tra gli anni '50 e '60 in maniera particolare, la vide passare dal teatro al cinema, dal canto alla televisione, con tanta naturalezza e bravura, riscuotendo successi anche nel resto d'Europa. Un successo tuttavia effimero, durato il tempo di qualche soddisfazione e suggellato da una vita forse insoddisfacente, che la condusse ad un gesto estremo.
Nata a Parigi il 30 marzo 1930, Micheline Estellat - questo il suo vero nome - entrò nel mondo dello spettacolo ancora adolescente. Frequentò con profitto il prestigioso Cours d'art dramatique
René-Simon (Cours Simon) per poi debuttare nella compagnia di Jean-Louis Barrault. Proprio sul palcoscenico, conobbe l'attore Gérard Blain, col quale convolò a nozze nel 1953.
Divenuta Estella Blain, unendo il proprio cognome con quello del marito - sebbene divorzieranno solo tre anni dopo il matrimonio -, Micheline Estellat affiancò ben presto il grande schermo al palcoscenico, esordendo in "Frutti selvaggi" di Hervé Bromberger nel 1954.
Alta, bionda, due occhi azzurri e gelidi e un fisico da pin-up, venne notata immediatamente, così che alla prima pellicola ne seguirono subito delle altre. La sua bellezza e il suo talento - dimostrato per anni dietro il sipario - vennero notati anche oltre i confini gallici. Infatti, nei primi anni '60, la Blain cominciò a lavorare fuori dalla sua nazione, giungendo anche in Italia. Nel 1960, venne scelta da Domenico Paolella come protagonista de "I pirati della costa", soggiornando per diverso tempo nel nostro Paese e comparendo su diverse riviste dell'epoca, anche per via dello scoop del suo secondo matrimonio con un rivenditore d'auto francese, dal quale aveva avuto il figlio Michel, nato l'anno prima.
Nel 1961, invece, venne diretta da Camillo Mastrocinque in uno dei più famosi film di Totò, "Totòtruffa '62": lei interpretava Diana Peluffo, la bella e ribelle figlia del trasformista Antonio (Totò) dedito a piccole truffe e raggiri pur di mantenerla in un costoso collegio.
Una delle sue pellicole più importanti, però, è una produzione spagnola del 1966, il film dell'orrore "Miss Muerte" di Jesùs Franco, di cui è ancora la protagonista. Nello stesso periodo, si dedicò anche alla musica - debuttò all'Olympia -, incidendo ed interpretando brani di successo in Francia, come "Je n'aime que toi", "Il ne faus pas", "Solitude" o canzoni per bambini come "Djimbo l'éléphant".
Le cose, però, cominciarono ad andar male a partire dal decennio successivo. Dopo la separazione
dal secondo marito, Estella si sposò per la terza volta, ma anche questo matrimonio si concluse con un divorzio.
Nel frattempo, la sua carriera cinematografica era ormai in declino. Sono traumi duri da superare. Una vita probabilmente insoddisfacente, un lavoro che sembrava tutto e che si è risolto in un "nulla".
Questo noi non possiamo saperlo, e probabilmente ha anche poca importanza chiederselo. Quel che conta però, a mio avviso, è fare in modo che il nome di Estella Blain, brillante "stella" caduta troppo
in fretta, ritorni a brillare nel firmamento artistico europeo. Spero davvero che questo possa accadere, come spero di aver dato il buon esempio io in primis, dedicandole quest'articolo in occasione del suo mancato novantesimo compleanno.
Una bellezza prorompente ma delicata, una voce sublime e un talento straordinario. Estella Blain probabilmente non è passata alla storia come meritava, neanche nella sua madre patria, la Francia.
Eppure la sua carriera, sviluppatasi tra gli anni '50 e '60 in maniera particolare, la vide passare dal teatro al cinema, dal canto alla televisione, con tanta naturalezza e bravura, riscuotendo successi anche nel resto d'Europa. Un successo tuttavia effimero, durato il tempo di qualche soddisfazione e suggellato da una vita forse insoddisfacente, che la condusse ad un gesto estremo.
Nata a Parigi il 30 marzo 1930, Micheline Estellat - questo il suo vero nome - entrò nel mondo dello spettacolo ancora adolescente. Frequentò con profitto il prestigioso Cours d'art dramatique
René-Simon (Cours Simon) per poi debuttare nella compagnia di Jean-Louis Barrault. Proprio sul palcoscenico, conobbe l'attore Gérard Blain, col quale convolò a nozze nel 1953.
In alto, Estella Blain con Lex Barker ne "I pirati dellella costa". In basso, con Totò in "Totòtruffa'62". |
Divenuta Estella Blain, unendo il proprio cognome con quello del marito - sebbene divorzieranno solo tre anni dopo il matrimonio -, Micheline Estellat affiancò ben presto il grande schermo al palcoscenico, esordendo in "Frutti selvaggi" di Hervé Bromberger nel 1954.
Alta, bionda, due occhi azzurri e gelidi e un fisico da pin-up, venne notata immediatamente, così che alla prima pellicola ne seguirono subito delle altre. La sua bellezza e il suo talento - dimostrato per anni dietro il sipario - vennero notati anche oltre i confini gallici. Infatti, nei primi anni '60, la Blain cominciò a lavorare fuori dalla sua nazione, giungendo anche in Italia. Nel 1960, venne scelta da Domenico Paolella come protagonista de "I pirati della costa", soggiornando per diverso tempo nel nostro Paese e comparendo su diverse riviste dell'epoca, anche per via dello scoop del suo secondo matrimonio con un rivenditore d'auto francese, dal quale aveva avuto il figlio Michel, nato l'anno prima.
Estella Blain in "Miss Muerte". |
Nel 1961, invece, venne diretta da Camillo Mastrocinque in uno dei più famosi film di Totò, "Totòtruffa '62": lei interpretava Diana Peluffo, la bella e ribelle figlia del trasformista Antonio (Totò) dedito a piccole truffe e raggiri pur di mantenerla in un costoso collegio.
Una delle sue pellicole più importanti, però, è una produzione spagnola del 1966, il film dell'orrore "Miss Muerte" di Jesùs Franco, di cui è ancora la protagonista. Nello stesso periodo, si dedicò anche alla musica - debuttò all'Olympia -, incidendo ed interpretando brani di successo in Francia, come "Je n'aime que toi", "Il ne faus pas", "Solitude" o canzoni per bambini come "Djimbo l'éléphant".
Le cose, però, cominciarono ad andar male a partire dal decennio successivo. Dopo la separazione
dal secondo marito, Estella si sposò per la terza volta, ma anche questo matrimonio si concluse con un divorzio.
Estella Blain nel videoclip di "Solitude". |
Nel frattempo, la sua carriera cinematografica era ormai in declino. Sono traumi duri da superare. Una vita probabilmente insoddisfacente, un lavoro che sembrava tutto e che si è risolto in un "nulla".
Se a questo aggiungiamo una personalità dolce e fragile, lontana anni luce da quella "bambolona" sexy, sfacciata e sicura di sé che ne aveva fatto il cinema, ecco che il tragico finale sembra quasi una logica conseguenza.
Infatti, pochi giorni dopo la sua ultima apparizione nella Tv francese, nella notte del 1° gennaio 1982, Estella Blain si tolse la vita, sparandosi un colpo di pistola alla tempia sulla spiaggia antistante la villa di un suo amico a Port- Vendres, nei Pirenei Orientali. Chissà cosa la spinse a farlo. Forse l'essersi trovata di fronte ad un dolore troppo grande, "face à face avec ma douleur", faccia a faccia col mio dolore, come cantava divinamente in "Solitude"? Forse la prospettiva di una carriera ormai finita e di una vita infelice?Questo noi non possiamo saperlo, e probabilmente ha anche poca importanza chiederselo. Quel che conta però, a mio avviso, è fare in modo che il nome di Estella Blain, brillante "stella" caduta troppo
in fretta, ritorni a brillare nel firmamento artistico europeo. Spero davvero che questo possa accadere, come spero di aver dato il buon esempio io in primis, dedicandole quest'articolo in occasione del suo mancato novantesimo compleanno.
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