UNA "LEGGENDA" CHIAMATA "PIRATA"
Il 13 gennaio 1970 nasceva un ragazzo dal cuore d'acciaio e le gambe agili divenuto un mito, non solo dello sport ma anche della cultura del nostro Paese. Perché Marco Pantani, il "Pirata", non è stato semplicemente uno dei più grandi ciclisti della storia d'Italia: è stato soprattutto l'esempio di un sogno desiderato e che, man mano, ha preso forma, realizzandosi.
Un sogno vissuto fin da bambino, quando il nonno gli regalò una bicicletta. Salì in sella allora per la prima volta e capì subito che era quello il suo "posto" nel mondo.
Cominciò a farsi le ossa nell'associazione sportiva G.C. Fausto Coppi di Cesenatico - città in cui è cresciuto -, dimostrando ben presto le sue potenzialità, soprattutto in salita. Cadenza regolare nelle pedalate, fiato controllato e scatti improvvisi, emozionanti, incredibili. Dopo alcune vittorie da dilettante, Marco Pantani passò professionista nel 1992 e solo dopo due anni si classificò secondo al Giro d'Italia e al Tour De France. In breve tempo, il suo nome divenne il simbolo della libertà, della tenacia, di chi sa lottare fino in fondo e vincere. Ma non mancano gli incidenti di percorso. Nel corso della sua carriera, ebbe diversi infortuni. Sembra sempre la fine ma il "Pirata" è forte: si rialza, rimonta in sella e ricomincia a pedalare, sempre più in alto, sempre più forte. Il 1999 è l'anno della consacrazione: vittoria consecutiva al Giro d'Italia e al Tour De France. Marco Pantani era ormai l'idolo dell'Italia e non solo nel mondo dello sport. E proprio lì, al massimo dello splendore, ecco crollare tutto. Durante il Giro del 1999, i valori del suo ematocrito risultarono superiori al limite consentito. Pantani venne così coinvolto in uno scandalo che spazzò via tutto: onori, successi, stima del pubblico. Ritornò ancora in bicicletta, provò di nuovo a correre in salita "per abbreviare la sua agonia", ma non era più come prima. Entrò in una spirale fatta di sfiducia, depressione e rabbia da cui neanche i suoi familiari, i suoi amici riuscirono a tirarlo fuori. Era l'inizio della fine.
Il 14 febbraio 2004, il suo corpo senza vita venne ritrovato in una camera d'albergo a Rimini: overdose di cocaina e psicofarmaci. Sulla sua scomparsa, però, non si è fatta ancora completamente luce.
In fondo, però, poco importa, perché Marco Pantani, in realtà, non è mai morto. La sua passione per la bicicletta, le sue vittorie, la sua bandana ed il suo orecchino, uniti al pizzetto tinto di biondo, quelli , continuano a vivere in tutti noi. Perché il "Pirata" è una "leggenda" e le leggende, si sa, non muoiono mai.
Il 13 gennaio 1970 nasceva un ragazzo dal cuore d'acciaio e le gambe agili divenuto un mito, non solo dello sport ma anche della cultura del nostro Paese. Perché Marco Pantani, il "Pirata", non è stato semplicemente uno dei più grandi ciclisti della storia d'Italia: è stato soprattutto l'esempio di un sogno desiderato e che, man mano, ha preso forma, realizzandosi.
Un sogno vissuto fin da bambino, quando il nonno gli regalò una bicicletta. Salì in sella allora per la prima volta e capì subito che era quello il suo "posto" nel mondo.
Cominciò a farsi le ossa nell'associazione sportiva G.C. Fausto Coppi di Cesenatico - città in cui è cresciuto -, dimostrando ben presto le sue potenzialità, soprattutto in salita. Cadenza regolare nelle pedalate, fiato controllato e scatti improvvisi, emozionanti, incredibili. Dopo alcune vittorie da dilettante, Marco Pantani passò professionista nel 1992 e solo dopo due anni si classificò secondo al Giro d'Italia e al Tour De France. In breve tempo, il suo nome divenne il simbolo della libertà, della tenacia, di chi sa lottare fino in fondo e vincere. Ma non mancano gli incidenti di percorso. Nel corso della sua carriera, ebbe diversi infortuni. Sembra sempre la fine ma il "Pirata" è forte: si rialza, rimonta in sella e ricomincia a pedalare, sempre più in alto, sempre più forte. Il 1999 è l'anno della consacrazione: vittoria consecutiva al Giro d'Italia e al Tour De France. Marco Pantani era ormai l'idolo dell'Italia e non solo nel mondo dello sport. E proprio lì, al massimo dello splendore, ecco crollare tutto. Durante il Giro del 1999, i valori del suo ematocrito risultarono superiori al limite consentito. Pantani venne così coinvolto in uno scandalo che spazzò via tutto: onori, successi, stima del pubblico. Ritornò ancora in bicicletta, provò di nuovo a correre in salita "per abbreviare la sua agonia", ma non era più come prima. Entrò in una spirale fatta di sfiducia, depressione e rabbia da cui neanche i suoi familiari, i suoi amici riuscirono a tirarlo fuori. Era l'inizio della fine.
Il 14 febbraio 2004, il suo corpo senza vita venne ritrovato in una camera d'albergo a Rimini: overdose di cocaina e psicofarmaci. Sulla sua scomparsa, però, non si è fatta ancora completamente luce.
In fondo, però, poco importa, perché Marco Pantani, in realtà, non è mai morto. La sua passione per la bicicletta, le sue vittorie, la sua bandana ed il suo orecchino, uniti al pizzetto tinto di biondo, quelli , continuano a vivere in tutti noi. Perché il "Pirata" è una "leggenda" e le leggende, si sa, non muoiono mai.
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