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"UN SACCO BELLO", PER DAVVERO!

Il 19 gennaio 1980 esce nelle sale italiane una pellicola destinata ad un successo straordinario: "Un sacco bello". L'opera rappresenta l'esordio alla regia di Carlo Verdone, qui alla sua prima volta
dietro la cinepresa. Dietro la realizzazione di questo film si può dire che ci sia l'intera "storia" del cinema italiano. Infatti, produttore di "Un sacco bello" è Sergio Leone, il re del western, considerato uno dei registi più famosi ed apprezzati al mondo. Inoltre, nella stesura della trama del film Verdone è affiancato da due grandi "nomi" della sceneggiatura: Leonardo "Leo" Benvenuti e Piero De Bernardi.


                                                                        Da sinistra: Leo, Enzo e Ruggero.

E, ciliegina sulla torta, la colonna sonora è interamente curata dal maestro Ennio Morricone.
Passiamo ora alla trama. La pellicola è ambientata in una calda, assolata e silenziosa Roma nel giorno di Ferragosto: Verdone interpreta ben sei personaggi - tratti dal suo repertorio televisivo presentato nel programma Rai "Non stop" (1978).



                                                                  Ruggero e suo padre Mario (Mario Brega).

I principali sono tre. C'è Enzo, classico "bullo" romano, che - armato di "penne a biro" e "carze de seta" - è pronto a partire per un viaggio in Polonia (Cracovia) al solo scopo di "rimorchiare".
C'è Ruggero, "capellone" hippie, che vive in una comunità in Umbria dove si professa "l'amore libero", tornato a Roma, nella sua città, per fare una questua ai semafori. E c'è Leo, un ragazzo buono, ingenuo e generoso che sta per raggiungere sua madre a Ladispoli.
Per tutti e tre, però, le cose non vanno come previsto. Enzo, dopo la defezione del suo amico Sergio - colto da una colica durante il viaggio - è costretto a passare l'intera giornata al telefono pur di trovare qualcuno disposto ad accompagnarlo.


                                                            Ruggero e Fiorenza (Isabella De Bernardi).


Ruggero, beccato dal padre al semaforo, viene preso insieme alla fidanzata Fiorenza e portato a casa dove viene sottoposto ad una sorta di "processo" in cui giudici sono una serie di "figure" (tutte interpretare da Verdone) ovvero il prete Alfio, un professore che abita al piano di sopra e il cugino Anselmo. Leo, invece, incontra sulla sua strada una giovane turista spagnola, Marisol (Veronica Miriel), che, dopo essersi fatta ospitare a casa ed averlo quasi sedotto, lo abbandona lì dopo l'irruzione del fidanzato.




                                                               Enzo e Sergio (Renato Scarpa).


Alla fine, Ruggero e Fiorenza ritornano al semaforo da dove erano stati prelevati e raggiungono i loro amici - sotto un misterioso boato che sembra fare il verso ad un attentato dinamitardo. Enzo, dopo l'ennesima telefonata, riesce finalmente a trovare un compagno di viaggio (l'amico di Martucci) e "sgomma" a tutto gas, verso la Polonia - lasciando una macchia d'olio a terra, presagio forse di ulteriori guai.



                                                                        Leo e Marisol (Veronica Miriel).


L'ultima scena è per lo sconsolato Leo che, col sottofondo del "fischio", malinconico e struggente (opera del grande Alessandro Alessandroni), si incammina, carico di bagagli sotto il sole cocente, per prendere la corriera e, finalmente, raggiungere sua madre a Ladispoli.
Oltre alla bravura di Verdone nella caratterizzazione dei suoi personaggi - che gli valsero un David di Donatello, un Globo d'oro e un Nastro d'argento - la riuscita del film è legata soprattutto ai coprotagonisti della scena: Mario Brega (ex volto western della "Trilogia del dollaro" di Leone), nei panni del "violento" e collerico padre di Ruggero, disperato per la condizione del figlio, costretto " a chiede l'elemosina" con "le pezze al culo". Isabella De Bernardi - figlia dello sceneggiatore del film Piero -  nel ruolo della hippie Fiorenza, fidanzata di Ruggero, che dà del "fascio" a Brega e pronuncia un "Ah stronzo!" divenuto un tormentone. Non di poco conto, inoltre, l'interpretazione di Renato Scarpa nel ruolo di Sergio, simpatico ma timido e tranquillo, suo malgrado trascinato
in una "avventura" di dubbia riuscita e, per assurdo, "salvato" da un malessere fisico.

                                                                                       La locandina.


Come ricordava anche Carlo Verdone sulla sua pagina facebook qualche giorno fa, "Un sacco bello" è senza dubbio un film che permette di fare "un tuffo nel passato". Riguardando ambientazioni, atmosfere, ma anche musiche e personaggi (hippie, "coatti", "belli di mamma"), si ha la sensazione di fare un viaggio nel tempo. Si torna indietro di quarant'anni - ma se vogliamo anche di più -, in una Roma (ma anche un'Italia) che non esiste più: popolare, "caciarona", genuina e "de core".
Un'epoca ormai svanita, perduta, rimasta appunto nelle cineteche, nelle vecchie cartoline e nel "cuore" di chi quegli anni li ha vissuti.
Personalmente, sono molto legato a questo film (come a tutta l'opera verdoniana di "prima mano") anche perché credo sia uno dei primi che io abbia visto da bambino, quando ancora non mi interessavo di cinema e storia come adesso.
Però, da cinefilo, consiglio a chiunque non l'abbia ancora visto di provvedere quanto prima, non solo per farsi quattro risate, ascoltare musiche pazzesche e passare una serata in allegria, ma anche per poter davvero tornare indietro di qualche decennio e godersi per qualche ora la magia, la tenerezza e la malinconia di un tempo, per davvero, "un sacco bello"!



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