LUIGI PAVESE: "IMPONENTE" CIPIGLIO DEL CINEMA ITALIANO
Ognuno di noi ha i suoi personaggi preferiti. Attori ed attrici entrati nel cuore, indipendentemente dal ruolo interpretato e dal film. Ebbene, tra i miei tanti beniamini c'è un grande attore - oggi forse poco ricordato - che è stato una presenza costante del cinema italiano dagli anni '20 alla fine degli anni '60: Luigi Pavese.
Il suo nome, probabilmente, non dirà molto ai più, ma la sua figura, massiccia e possente, la sua voce calda e il volto autoritario, hanno dominato la scena in oltre centosettanta pellicole, molte delle quali girate accanto al Principe Antonio De Curtis (in arte Totò ), per cui fu - a mio avviso - molto più di una semplice "spalla".
Piemontese, di Asti - dove nacque il 25 ottobre 1897 -, Pavese esordì nel cinema nel 1916, debuttando in due film muti: "La peccatrice" di Roberto Roberti e "La vampa" di Achille Consalvi. Negli anni '20, come il fratello minore Nino, debuttò invece in teatro, entrando a far parte di diverse compagnie, sia del teatro di prosa che della rivista.
Luigi Pavese con Bice Waleran in "La vampa".
Il vero successo, però, arrivò a partire dal secondo dopoguerra. Con quell'aria da uomo "tutto d'un pezzo", lo sguardo severo e - spesso - un bel paio di baffi da "cumendatur" e l'immancabile accento piemontese - unito alla sua voce profonda - , divenne uno dei caratteristi più apprezzati, interpretando funzionari pubblici, commissari di polizia, avvocati, ragionieri e commercianti.
Da sinistra, Aldo Fabrizi, Luigi Pavese e Carlo Delle Piane in "La famiglia Passaguai fa fortuna".
Lavorò accanto ai più grandi attori del tempo - da Walter Chiari a Anna Magnani, da Aldo Fabrizi a Lia Zoppelli e Vittorio De Sica -, ma fu soprattutto col grande Totò che raggiunse l'apice della sua popolarità.
In alto, Luigi Pavese con Totò in "La banda degli onesti".
In basso, con Mario Castellani in "Totò diabolicus".
Fu il ragionier Casoria, amministratore condominiale del povero portiere Antonio Bonocore in "La banda degli onesti" (1956), il signor Anastasio - chiamato Metastasio, Vespasiano, ma mai col suo nome vero dal duca della Forcoletta che voleva acquistare il suo bar vincendo al quiz di Mike Bongiorno - in "Totò lascia o raddoppia?" (1956) e il commissario alle prese con l'assassinio consumatosi in casa dei fratelli di Torrealta (tutti interpretati da Totò) in "Totò diabolicus" (1962).
Ma fu soprattutto il cavalier Terlizzi, il povero padrone di casa che Totò, nei panni di una esilarante "Lola", tenta di sedurre pur di non pagare la pigione.
Inoltre, Luigi Pavese fu anche molto attivo in televisione, partecipando a diversi sceneggiati Rai tra gli anni '50 e '60, come "Cime tempestose" (1956), "La cittadella" (1964) e "Il conte di Montecristo" (1966).
Luigi Pavese e Totò (Lola) in "Totòtruffa '62".
Importante anche la sua attività di doppiatore: con il suo timbro di voce, profondo e incisivo, prestò la voce a molti colleghi in alcune pellicole nazionali e anche a molti artisti stranieri, come Gary Cooper, Frank Morgan e Anthony Quinn.
La sua carriera si concluse all'improvviso, ancora nel pieno della sua attività, il 13 dicembre del 1969, a causa di un attacco cardiaco che se lo portò via all'età di settantadue anni.
Come ho detto all'inizio, Luigi Pavese fa parte della schiera dei miei attori preferiti, ma oggi - a cinquant'anni dalla sua scomparsa - ho deciso di ricordarlo non solo per questo. Ritenevo giusto farlo soprattutto per ricordare un grande interprete di quel cinema che, purtroppo, non esiste più: quello fatto di decine di pellicole in pochi mesi e centinaia in un anno. Fatto di primi attori straordinari ma anche di comprimari e caratteristi di notevole bravura, e tra questi, un posto di tutto rispetto
spetta senza dubbio a lui, alla sua "imponenza", fisica e scenica, e al suo indimenticabile cipiglio.
Ognuno di noi ha i suoi personaggi preferiti. Attori ed attrici entrati nel cuore, indipendentemente dal ruolo interpretato e dal film. Ebbene, tra i miei tanti beniamini c'è un grande attore - oggi forse poco ricordato - che è stato una presenza costante del cinema italiano dagli anni '20 alla fine degli anni '60: Luigi Pavese.
Il suo nome, probabilmente, non dirà molto ai più, ma la sua figura, massiccia e possente, la sua voce calda e il volto autoritario, hanno dominato la scena in oltre centosettanta pellicole, molte delle quali girate accanto al Principe Antonio De Curtis (in arte Totò ), per cui fu - a mio avviso - molto più di una semplice "spalla".
Piemontese, di Asti - dove nacque il 25 ottobre 1897 -, Pavese esordì nel cinema nel 1916, debuttando in due film muti: "La peccatrice" di Roberto Roberti e "La vampa" di Achille Consalvi. Negli anni '20, come il fratello minore Nino, debuttò invece in teatro, entrando a far parte di diverse compagnie, sia del teatro di prosa che della rivista.
Luigi Pavese con Bice Waleran in "La vampa".
Il vero successo, però, arrivò a partire dal secondo dopoguerra. Con quell'aria da uomo "tutto d'un pezzo", lo sguardo severo e - spesso - un bel paio di baffi da "cumendatur" e l'immancabile accento piemontese - unito alla sua voce profonda - , divenne uno dei caratteristi più apprezzati, interpretando funzionari pubblici, commissari di polizia, avvocati, ragionieri e commercianti.
Da sinistra, Aldo Fabrizi, Luigi Pavese e Carlo Delle Piane in "La famiglia Passaguai fa fortuna".
Lavorò accanto ai più grandi attori del tempo - da Walter Chiari a Anna Magnani, da Aldo Fabrizi a Lia Zoppelli e Vittorio De Sica -, ma fu soprattutto col grande Totò che raggiunse l'apice della sua popolarità.
In alto, Luigi Pavese con Totò in "La banda degli onesti".
In basso, con Mario Castellani in "Totò diabolicus".
Fu il ragionier Casoria, amministratore condominiale del povero portiere Antonio Bonocore in "La banda degli onesti" (1956), il signor Anastasio - chiamato Metastasio, Vespasiano, ma mai col suo nome vero dal duca della Forcoletta che voleva acquistare il suo bar vincendo al quiz di Mike Bongiorno - in "Totò lascia o raddoppia?" (1956) e il commissario alle prese con l'assassinio consumatosi in casa dei fratelli di Torrealta (tutti interpretati da Totò) in "Totò diabolicus" (1962).
Ma fu soprattutto il cavalier Terlizzi, il povero padrone di casa che Totò, nei panni di una esilarante "Lola", tenta di sedurre pur di non pagare la pigione.
Inoltre, Luigi Pavese fu anche molto attivo in televisione, partecipando a diversi sceneggiati Rai tra gli anni '50 e '60, come "Cime tempestose" (1956), "La cittadella" (1964) e "Il conte di Montecristo" (1966).
Luigi Pavese e Totò (Lola) in "Totòtruffa '62".
Importante anche la sua attività di doppiatore: con il suo timbro di voce, profondo e incisivo, prestò la voce a molti colleghi in alcune pellicole nazionali e anche a molti artisti stranieri, come Gary Cooper, Frank Morgan e Anthony Quinn.
La sua carriera si concluse all'improvviso, ancora nel pieno della sua attività, il 13 dicembre del 1969, a causa di un attacco cardiaco che se lo portò via all'età di settantadue anni.
Come ho detto all'inizio, Luigi Pavese fa parte della schiera dei miei attori preferiti, ma oggi - a cinquant'anni dalla sua scomparsa - ho deciso di ricordarlo non solo per questo. Ritenevo giusto farlo soprattutto per ricordare un grande interprete di quel cinema che, purtroppo, non esiste più: quello fatto di decine di pellicole in pochi mesi e centinaia in un anno. Fatto di primi attori straordinari ma anche di comprimari e caratteristi di notevole bravura, e tra questi, un posto di tutto rispetto
spetta senza dubbio a lui, alla sua "imponenza", fisica e scenica, e al suo indimenticabile cipiglio.
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