12 DICEMBRE 1969: OGGI, DOMANI, SEMPRE NELLA MEMORIA
Mezzo secolo. Sembra passato tanto tempo, ma in realtà si tratta della nostra storia recente. Il 12 dicembre del 1969 segna l'inizio di un lungo e doloroso calvario per il nostro Paese, fatto di sangue, morte, bombe e depistaggi.
In una Milano presa dalla gioia e dalle luci delle imminenti festività natalizie, una bomba nascosta in una valigia, collocata all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana ed esplosa alle 16:37 di quel 12 dicembre, fece d'un colpo crollare vite, speranze e desideri, lasciando sul pavimento della banca un "vuoto" tanto grande quanto quello lasciato nei familiari - mogli, figli, nipoti - delle diciassette vittime: agricoltori, allevatori e commercianti, recatisi lì per lavoro, che mai avrebbero immaginato di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quello stesso giorno, un ordigno inesploso venne ritrovato nella Banca commerciale di piazza della Scala, sempre a Milano, ed altre tre bombe esplosero a Roma.
Inizialmente, gli inquirenti perseguirono la pista anarchica, portando all'arresto prima di Giuseppe "Pino" Pinelli (deceduto proprio pochi giorni dopo la strage, cadendo da una finestra presso la Questura di Milano) e poi di Pietro Valpreda. Successivamente - con sentenza definitiva della Cassazione nel 2005 - l'organizzazione della strage venne attribuita ai neofascisti padovani di Ordine Nuovo, facenti capo a Giovanni Ventura e Franco Freda - questi ultimi, però, non vennero condannati in quanto già precedentemente giudicati e assolti.
Sono passati cinquant'anni, è vero, ma la memoria di quanto accaduto è ancora viva. L'insegna "Banca Nazionale dell'Agricoltura" - sebbene quel nome non esista più - è ancora lì, come se il tempo si fosse fermato a quel maledetto giorno in cui quelle diciassette persone persero la vita e altre ottantotto rimasero gravemente ferite.
Ma, adesso, c'è qualcosa in più: intorno alla fontana, incastonati nel pavimento della piazza, ci sono loro: Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Luigi Meloni, Vittorio Mocchi, Gerolamo Papetti, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silva e Attilio Valè. I loro nomi, da cinquant'anni legati a quella piazza, sono adesso un tutt'uno con essa, incisi su delle piastrelle, affinché chiunque passi di lì possa notarli, osservarli e chiedersene il perché, affinché tutti possano ricordarsene: così oggi, così domani, sempre.
Mezzo secolo. Sembra passato tanto tempo, ma in realtà si tratta della nostra storia recente. Il 12 dicembre del 1969 segna l'inizio di un lungo e doloroso calvario per il nostro Paese, fatto di sangue, morte, bombe e depistaggi.
In una Milano presa dalla gioia e dalle luci delle imminenti festività natalizie, una bomba nascosta in una valigia, collocata all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana ed esplosa alle 16:37 di quel 12 dicembre, fece d'un colpo crollare vite, speranze e desideri, lasciando sul pavimento della banca un "vuoto" tanto grande quanto quello lasciato nei familiari - mogli, figli, nipoti - delle diciassette vittime: agricoltori, allevatori e commercianti, recatisi lì per lavoro, che mai avrebbero immaginato di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quello stesso giorno, un ordigno inesploso venne ritrovato nella Banca commerciale di piazza della Scala, sempre a Milano, ed altre tre bombe esplosero a Roma.
Inizialmente, gli inquirenti perseguirono la pista anarchica, portando all'arresto prima di Giuseppe "Pino" Pinelli (deceduto proprio pochi giorni dopo la strage, cadendo da una finestra presso la Questura di Milano) e poi di Pietro Valpreda. Successivamente - con sentenza definitiva della Cassazione nel 2005 - l'organizzazione della strage venne attribuita ai neofascisti padovani di Ordine Nuovo, facenti capo a Giovanni Ventura e Franco Freda - questi ultimi, però, non vennero condannati in quanto già precedentemente giudicati e assolti.
Sono passati cinquant'anni, è vero, ma la memoria di quanto accaduto è ancora viva. L'insegna "Banca Nazionale dell'Agricoltura" - sebbene quel nome non esista più - è ancora lì, come se il tempo si fosse fermato a quel maledetto giorno in cui quelle diciassette persone persero la vita e altre ottantotto rimasero gravemente ferite.
Ma, adesso, c'è qualcosa in più: intorno alla fontana, incastonati nel pavimento della piazza, ci sono loro: Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Luigi Meloni, Vittorio Mocchi, Gerolamo Papetti, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silva e Attilio Valè. I loro nomi, da cinquant'anni legati a quella piazza, sono adesso un tutt'uno con essa, incisi su delle piastrelle, affinché chiunque passi di lì possa notarli, osservarli e chiedersene il perché, affinché tutti possano ricordarsene: così oggi, così domani, sempre.
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