NOVANT'ANNI PER CESARE MAESTRI: LIBERTA', SOLITUDINE E "LEGGEREZZA"
Una vita passata "in vetta", alla scoperta delle cime montuose più impervie. Cesare Maestri, grande alpinista italiano, potrebbe essere sintetizzato in due parole: libero e solitario.
La ricerca della libertà ha sempre contraddistinto la sua esistenza, da quando lasciò Trento - dove è nato il 2 ottobre del 1929 - per fuggire insieme al padre Toni - condannato a morte dai nazifascisti per essersi dimostrato avverso al regime Asburgico ben venticinque anni prima -, e poi quando, armi alla mano, cominciò ad arrampicarsi tra le sue montagne partecipando alla lotta partigiana.
E quella stessa libertà, al termine della guerra, lo portò a lasciare Roma - dove studiava arte all'università - per ritornare a Trento. Qui cominciò la sua attività alpinistica, scalando per la prima volta la Paganella.
Ma, come detto, oltre alla libertà, Cesare Maestri ha sempre rincorso quel desiderio di solitudine, intesa come il rifugiarsi nella quiete della montagna in compagnia di se stessi. Le sue più grandi imprese, a partire dagli anni '50, lo hanno visto affrontare le pareti più dure delle Dolomiti, completamente da solo: dal Croz dell'Altissimo alla Marmolada, dal Civetta al Crozzon di Brenta.
Montagne scalate col cuore, prima ancora che con funi e chiodi, e momenti di completa simbiosi con esse finiti tutti nei suoi scritti autobiografici.
Come la spedizione del 1959 sul Cerro Torre, in Patagonia, tra l'Argentina e il Cile, fallita per problemi logistici, in cui Maestri perse il suo compagno, Toni Egger, travolto da un valanga.
Ripeté l'impresa nel 1970, ma neanche quella volta riuscì a raggiungere la vetta, fermandosi lungo la parete rocciosa alla base della cima, completamente ricoperta dal ghiaccio.
Dopo aver concluso la sua carriera alpinistica - ad oltre settant'anni - , Maestri ha continuato a dedicarsi alle sue montagne, collaborando come scrittore con diverse riviste e lavorando
come guida alpina ed istruttore di sci, a Madonna di Campiglio, in provincia di Trento.
Oggi Cesare Maestri compie ben novant'anni ed ho voluto ricordarlo non solo come lo conoscono tutti gli appassionati di montagna - tra i quali ci sono anche io - ovvero come "Il ragno delle Dolomiti", lo scalatore solitario che ha sempre avuto il coraggio di puntare "in alto".
No, io ho voluto ricordare Maestri soprattutto come esempio di grande uomo del ventesimo secolo, protagonista di imprese difficili ma non impossibili, compiute con passione, coraggio e con quella "leggerezza" che solo chi ama la libertà della natura può comprendere.
Una vita passata "in vetta", alla scoperta delle cime montuose più impervie. Cesare Maestri, grande alpinista italiano, potrebbe essere sintetizzato in due parole: libero e solitario.
La ricerca della libertà ha sempre contraddistinto la sua esistenza, da quando lasciò Trento - dove è nato il 2 ottobre del 1929 - per fuggire insieme al padre Toni - condannato a morte dai nazifascisti per essersi dimostrato avverso al regime Asburgico ben venticinque anni prima -, e poi quando, armi alla mano, cominciò ad arrampicarsi tra le sue montagne partecipando alla lotta partigiana.
E quella stessa libertà, al termine della guerra, lo portò a lasciare Roma - dove studiava arte all'università - per ritornare a Trento. Qui cominciò la sua attività alpinistica, scalando per la prima volta la Paganella.
Ma, come detto, oltre alla libertà, Cesare Maestri ha sempre rincorso quel desiderio di solitudine, intesa come il rifugiarsi nella quiete della montagna in compagnia di se stessi. Le sue più grandi imprese, a partire dagli anni '50, lo hanno visto affrontare le pareti più dure delle Dolomiti, completamente da solo: dal Croz dell'Altissimo alla Marmolada, dal Civetta al Crozzon di Brenta.
Montagne scalate col cuore, prima ancora che con funi e chiodi, e momenti di completa simbiosi con esse finiti tutti nei suoi scritti autobiografici.
Come la spedizione del 1959 sul Cerro Torre, in Patagonia, tra l'Argentina e il Cile, fallita per problemi logistici, in cui Maestri perse il suo compagno, Toni Egger, travolto da un valanga.
Ripeté l'impresa nel 1970, ma neanche quella volta riuscì a raggiungere la vetta, fermandosi lungo la parete rocciosa alla base della cima, completamente ricoperta dal ghiaccio.
Dopo aver concluso la sua carriera alpinistica - ad oltre settant'anni - , Maestri ha continuato a dedicarsi alle sue montagne, collaborando come scrittore con diverse riviste e lavorando
come guida alpina ed istruttore di sci, a Madonna di Campiglio, in provincia di Trento.
Oggi Cesare Maestri compie ben novant'anni ed ho voluto ricordarlo non solo come lo conoscono tutti gli appassionati di montagna - tra i quali ci sono anche io - ovvero come "Il ragno delle Dolomiti", lo scalatore solitario che ha sempre avuto il coraggio di puntare "in alto".
No, io ho voluto ricordare Maestri soprattutto come esempio di grande uomo del ventesimo secolo, protagonista di imprese difficili ma non impossibili, compiute con passione, coraggio e con quella "leggerezza" che solo chi ama la libertà della natura può comprendere.
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