MARIO MUSELLA: ANIMA BLUES " NERA A META' "
Con la sua voce, potente, ritmica e personalissima, accompagnata dal suono del suo immancabile basso, ha introdotto il blues nella Napoli degli anni '60.
Insieme a James Senese, è stato uno dei "padri" del jazz partenopeo. Purtroppo, però, la sua carriera si interruppe all'improvviso il 6 ottobre del 1979, quando scomparve a soli trentaquattro anni.
Musella considerava Ray Charles il suo "padre spirituale", e difatti anche lui ebbe un'infanzia simile a quella di molti "diavoli" del blues afroamericani - con le dovute proporzioni.
Mario Musella nacque infatti il 1° aprile del 1945 nella Napoli post "quattro giornate" - magistralmente raccontata da Nanni Loy nell'omonimo film -: quella misera e povera, "liberata" dai nazifascisti grazie all'insurrezione popolare prima ancora dell'arrivo degli Alleati.
E proprio come molte altre star del blues, anche in Musella scorreva del sangue "nero": la madre, infatti, era napoletana, il padre, invece, era un soldato americano pellerossa (in Italia per via della guerra).
Cominciò la sua attività come musicista insieme al suo amico di sempre, il sassofonista Gaetano Senese detto "James", anche lui "figlio di guerra", col quale nei primi anni '60 diede vita a due gruppi musicali: "Gigi e i suoi Aster" e "Vito Russo e i 4 Conny".
Mario Musella (terzo da sinistra) e "The Showmen".
La svolta avvenne nel 1966 quando Musella, insieme a Senese, Franco Del Prete, Luciano Maglioccola, Elio D'Anna e Giuseppe Botta, fondò il gruppo "The Showmen", riscuotendo successo a livello nazionale, soprattutto dopo la vittoria al "Cantagiro" del 1968 con la cover di un celebre brano degli anni '30, "Un'ora sola ti vorrei".
Dopo pochi anni, nel 1970, il gruppo si sciolse e Mario Musella proseguì la sua carriera da solista, eseguendo brani come "Io l'amo di più", "Come pioveva" (Armando Gill), "Primavera" e "Domani tra un anno chissà". Nonostante le indubbie qualità vocali e la bravura quale strumentista, Musella non riuscì ad ottenere degna visibilità e affermazione. In più, si mise di mezzo anche il destino, quando quarant'anni fa, la sua "voce", così forte, così ritmica, così "da negro", si dissolse nell'aria, portata via da una cirrosi epatica.
Per la storia musicale italiana, però, Mario Musella resta indimenticabile. Dopo tanti anni dalla sua scomparsa la musica del "Nero a metà" - come lo definì Pino Daniele nel suo terzo album a lui dedicato e uscito nel 1980 - continua ad essere fonte di ispirazione per i moderni jazzisti partenopei
che non mancano mai di omaggiare la memoria di questa indiscussa "anima" blues napoletana.
Con la sua voce, potente, ritmica e personalissima, accompagnata dal suono del suo immancabile basso, ha introdotto il blues nella Napoli degli anni '60.
Insieme a James Senese, è stato uno dei "padri" del jazz partenopeo. Purtroppo, però, la sua carriera si interruppe all'improvviso il 6 ottobre del 1979, quando scomparve a soli trentaquattro anni.
Musella considerava Ray Charles il suo "padre spirituale", e difatti anche lui ebbe un'infanzia simile a quella di molti "diavoli" del blues afroamericani - con le dovute proporzioni.
Mario Musella nacque infatti il 1° aprile del 1945 nella Napoli post "quattro giornate" - magistralmente raccontata da Nanni Loy nell'omonimo film -: quella misera e povera, "liberata" dai nazifascisti grazie all'insurrezione popolare prima ancora dell'arrivo degli Alleati.
E proprio come molte altre star del blues, anche in Musella scorreva del sangue "nero": la madre, infatti, era napoletana, il padre, invece, era un soldato americano pellerossa (in Italia per via della guerra).
Cominciò la sua attività come musicista insieme al suo amico di sempre, il sassofonista Gaetano Senese detto "James", anche lui "figlio di guerra", col quale nei primi anni '60 diede vita a due gruppi musicali: "Gigi e i suoi Aster" e "Vito Russo e i 4 Conny".
Mario Musella (terzo da sinistra) e "The Showmen".
La svolta avvenne nel 1966 quando Musella, insieme a Senese, Franco Del Prete, Luciano Maglioccola, Elio D'Anna e Giuseppe Botta, fondò il gruppo "The Showmen", riscuotendo successo a livello nazionale, soprattutto dopo la vittoria al "Cantagiro" del 1968 con la cover di un celebre brano degli anni '30, "Un'ora sola ti vorrei".
Dopo pochi anni, nel 1970, il gruppo si sciolse e Mario Musella proseguì la sua carriera da solista, eseguendo brani come "Io l'amo di più", "Come pioveva" (Armando Gill), "Primavera" e "Domani tra un anno chissà". Nonostante le indubbie qualità vocali e la bravura quale strumentista, Musella non riuscì ad ottenere degna visibilità e affermazione. In più, si mise di mezzo anche il destino, quando quarant'anni fa, la sua "voce", così forte, così ritmica, così "da negro", si dissolse nell'aria, portata via da una cirrosi epatica.
Per la storia musicale italiana, però, Mario Musella resta indimenticabile. Dopo tanti anni dalla sua scomparsa la musica del "Nero a metà" - come lo definì Pino Daniele nel suo terzo album a lui dedicato e uscito nel 1980 - continua ad essere fonte di ispirazione per i moderni jazzisti partenopei
che non mancano mai di omaggiare la memoria di questa indiscussa "anima" blues napoletana.
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