CONNIE DOWLING, IL "VIZIO ASSURDO" DI PAVESE
Una bellezza mozzafiato, un fascino irresistibile ed una sensualità celata dietro a un sorriso timido e uno sguardo languido: Constance Dowling ha esordito nel mondo dello spettacolo a Broadway, insieme alla sorella minore Doris, per poi affacciarsi al cinema, partecipando soprattutto a pellicole italiane alla fine degli anni '40. La sua popolarità da noi, però, non è tanto dovuta alle sue doti artistiche come per la sorella (diventata celebre dopo aver recitato in "Riso amaro"), quanto alla sua breve relazione amorosa con un grande poeta e scrittore italiano, Cesare Pavese.
Nata a New York il 24 luglio del 1920, "Connie" esordì nel cinema nei primi anni '40, dopo aver frequentato la "New Theatre School" ed aver debuttato sui palcoscenici di Broadway, prima di trasferirsi in California.
Nel 1944 debuttò nel film musicale "Così vinsi la guerra" di Elliot Nugent. La sua carriera ad Hollywood, però, sembrava non decollare. Così, nel 1947, insieme alla sorella Doris, si trasferì in Italia, a Roma.
Qui, mentre la sorella raggiunse la notorietà nazionale con il ruolo di Francesca nel capolavoro neorealista "Riso amaro" (1949) di Giuseppe De Santis, accanto a Vittorio Gassman e Silvana Mangano, Connie partecipò a ben sette pellicole, alcune di gran successo, come "La città dolente" (1948) di Mario Bonnard e "Miss Italia" (1950) di Duilio Coletti. Proprio in quegli anni, e precisamente alla fine del 1949, Constance conobbe Cesare Pavese.
Lo scrittore fu rapito dalla sua bellezza e se ne innamorò perdutamente. Era convinto di aver finalmente trovato pace alla propria inquietudine. Constance sembrò ricambiare i suoi sentimenti, ma probabilmente non con la stessa intensità - dopotutto Connie era reduce da una travagliata storia d'amore e passione col regista Elia Kazan, terminata per volontà di lei quando capì che questi non avrebbe mai lasciato sua moglie. La relazione con Pavese terminò senza alcuna spiegazione, lasciando nello scrittore una profonda amarezza, che emerge chiaramente nelle pagine del suo "Diario" ("Il mestiere di vivere", pubblicato dopo la sua morte) e nelle sue ultime liriche, tra cui "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", dedicate proprio a Constance, e ritrovate dopo il suicidio del poeta, avvenuto in un albergo torinese il 27 agosto del 1950.
Poco tempo dopo la morte dello scrittore, Constance ritornò in America, a Los Angeles. Qualche anno dopo sposò il produttore cinematografico Ivan Tors e lasciò per sempre il cinema.
La sua vita, però, era destinata a spegnersi troppo presto. Esattamente cinquant'anni fa, infatti - il 28 ottobre del 1969 -, Constance morì nella sua abitazione, a causa di un attacco cardiaco.
Se, come scriveva Pavese nella sopracitata lirica, "per tutti la morte ha uno sguardo", e per lui aveva quello di Connie, viene opportuno chiedersi quale sguardo abbia avuto la morte di questa bella e sfortunata attrice.
Probabilmente, infatti, a legarla allo scrittore torinese non furono soltanto le parole d'amore che il poeta dedicò a quel "vizio assurdo", ma anche la modalità di rinuncia alla vita. Pare che - secondo quanto riportato da Laurence G. Smith in una biografia su Pavese e riferito dal nipote dell'attrice - Connie si sia in realtà suicidata, ingerendo una quantità eccessiva di sonniferi.
Ma certo questo piccolo particolare non cambia poi tanto le cose. Constance Dowling, infatti, resta comunque, al pari di Laura, Beatrice o Fiammetta, l'ultima musa della poesia italiana ma, soprattutto, l'ultimo amore di un grande poeta contemporaneo.
Nata a New York il 24 luglio del 1920, "Connie" esordì nel cinema nei primi anni '40, dopo aver frequentato la "New Theatre School" ed aver debuttato sui palcoscenici di Broadway, prima di trasferirsi in California.
Nel 1944 debuttò nel film musicale "Così vinsi la guerra" di Elliot Nugent. La sua carriera ad Hollywood, però, sembrava non decollare. Così, nel 1947, insieme alla sorella Doris, si trasferì in Italia, a Roma.
Constance Dowling (a destra) con la sorella Doris durante le riprese di "Riso amaro". |
Qui, mentre la sorella raggiunse la notorietà nazionale con il ruolo di Francesca nel capolavoro neorealista "Riso amaro" (1949) di Giuseppe De Santis, accanto a Vittorio Gassman e Silvana Mangano, Connie partecipò a ben sette pellicole, alcune di gran successo, come "La città dolente" (1948) di Mario Bonnard e "Miss Italia" (1950) di Duilio Coletti. Proprio in quegli anni, e precisamente alla fine del 1949, Constance conobbe Cesare Pavese.
Constance Dowling con Cesare Pavese. |
Lo scrittore fu rapito dalla sua bellezza e se ne innamorò perdutamente. Era convinto di aver finalmente trovato pace alla propria inquietudine. Constance sembrò ricambiare i suoi sentimenti, ma probabilmente non con la stessa intensità - dopotutto Connie era reduce da una travagliata storia d'amore e passione col regista Elia Kazan, terminata per volontà di lei quando capì che questi non avrebbe mai lasciato sua moglie. La relazione con Pavese terminò senza alcuna spiegazione, lasciando nello scrittore una profonda amarezza, che emerge chiaramente nelle pagine del suo "Diario" ("Il mestiere di vivere", pubblicato dopo la sua morte) e nelle sue ultime liriche, tra cui "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", dedicate proprio a Constance, e ritrovate dopo il suicidio del poeta, avvenuto in un albergo torinese il 27 agosto del 1950.
La celebre lirica di Pavese dedicata a Connie Dowling dopo la fine della loro relazione. |
Poco tempo dopo la morte dello scrittore, Constance ritornò in America, a Los Angeles. Qualche anno dopo sposò il produttore cinematografico Ivan Tors e lasciò per sempre il cinema.
La sua vita, però, era destinata a spegnersi troppo presto. Esattamente cinquant'anni fa, infatti - il 28 ottobre del 1969 -, Constance morì nella sua abitazione, a causa di un attacco cardiaco.
Se, come scriveva Pavese nella sopracitata lirica, "per tutti la morte ha uno sguardo", e per lui aveva quello di Connie, viene opportuno chiedersi quale sguardo abbia avuto la morte di questa bella e sfortunata attrice.
Probabilmente, infatti, a legarla allo scrittore torinese non furono soltanto le parole d'amore che il poeta dedicò a quel "vizio assurdo", ma anche la modalità di rinuncia alla vita. Pare che - secondo quanto riportato da Laurence G. Smith in una biografia su Pavese e riferito dal nipote dell'attrice - Connie si sia in realtà suicidata, ingerendo una quantità eccessiva di sonniferi.
Ma certo questo piccolo particolare non cambia poi tanto le cose. Constance Dowling, infatti, resta comunque, al pari di Laura, Beatrice o Fiammetta, l'ultima musa della poesia italiana ma, soprattutto, l'ultimo amore di un grande poeta contemporaneo.
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