"RISO AMARO", IL MALINCONICO "RISO" DEL DOPOGUERRA
Il 21 settembre del 1949 esce nelle sale cinematografiche una pellicola destinata ad un successo straordinario: "Riso amaro", primo capolavoro del neorealismo ad aver riscosso immediato interesse da parte del pubblico.
Walter (Vittorio Gassman) e Silvana (Silvana Mangano).
Il film, diretto da uno dei "padri" del neorealismo, Giuseppe De Santis, è interpretato da Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Raf Vallone e l'attrice statunitense Doris Dowling.
La storia ha inizio nel piazzale della stazione di Torino, dove un gruppo di mondine è in partenza per Vercelli, all'inizio della stagione di raccolta del riso.
Francesca (Dowling) dopo aver rubato una collana nell'albergo in cui lavora, vuole fuggire col suo fidanzato, Walter (Gassman) ma, beccata dalla polizia, scappa e si nasconde tra le mondine.
Sul treno, conosce una di loro, la bella Silvana, che aiuta Francesca a trovare lavoro nella sua stessa risaia.
Francesca (Doris Dowling).
Nel capanno dove riposano le mondine, Silvana scopre la collana e, inizialmente, presa da invidia, vuole denunciare Francesca chiedendo aiuto a Marco, soldato di leva innamorato di lei, che però non vuole immischiarsi nella vicenda. Pentitasi, Silvana restituisce la collana, ma dopo aver ascoltato da Francesca il suo racconto (un aborto, una vita al limite della legalità per seguire l'uomo che amava), comincia a desiderare di avere di più: bei gioielli, lusso, una vita spericolata anche se disonesta.
Fa leva su questo Walter che, raggiunta la risaia, dopo aver scoperto che la collana è falsa, seduce Silvana per convincerla ad aiutarlo a rubare il riso destinato alle mondine alla fine della stagione.
La ragazza, credendo di essere amata, accetta. Francesca, però, scopre tutto e chiede aiuto a Marco, per il quale nutre un sentimento di affetto ricambiato, e ferma Silvana e Walter. Nel finale, Silvana dopo aver scoperto di essere stata ingannata da Walter (che gli aveva regalato la collana falsa pur di avere il suo aiuto) gli spara con la sua pistola e infine si suicida, buttandosi dalla cima di un palchetto preparato per la festa di fine stagione. Francesca e Marco, invece, lasciano la risaia con la speranza di ricominciare una nuova vita altrove.
Marco (Raf Vallone) e Silvana.
La drammaticità, le ambientazioni (paesaggi agresti, la vita contadina) e i temi (miseria, povertà, voglia di riscatto a tutti i costi) sono quelli tipici del neorealismo. De Santis, però, in questa pellicola mette in risalto la contrapposizione tra le diverse nature delle due protagoniste, Silvana e Francesca.
La prima è una ragazza giovane e bella, con un lavoro onesto ma con la testa fra le nuvole, desiderosa di "avere" e "possedere" e disposta a tutto pur di riuscirci. La seconda è anch'essa una ragazza onesta ma sfortunata, costretta a delinquere per colpa di un uomo che ha fatto leva sulla sua fragilità, e che, nel lavoro alla risaia e negli occhi di Marco (che comprende subito la bontà della ragazza), trova il coraggio di cambiare e trovare la propria strada.
La locandina del film.
Silvana, invece, presa da velleità e sogni di gloria, finisce per lasciarsi ingannare da Walter e alla fine, per la disperazione, non riuscendo a sopportare l'umiliazione (un furto e un omicidio) si uccide.
Al di là poi del successo internazionale della pellicola e della sua importanza a livello sociale e culturale, "Riso amaro" rappresenta il trampolino di lancio della giovanissima Mangano e di Gassman - qui al suo primo vero ruolo -, ma anche di un quasi esordiente Vallone che - dopo una carriera da calciatore e giornalista - l'anno successivo avrà rinnovato successo accanto a Lucia Bosè in un altro capolavoro di De Santis, "Non c'è pace tra gli ulivi". Inoltre, il film contribuì alla popolarità in Italia della Dowling, già affermata attrice negli Stati Uniti, che negli anni seguenti parteciperà ad altre produzioni italiane.
In conclusione, consiglio - a chi non l'avesse già fatto - di vedere questa straordinaria pellicola, piena di speranza, nonostante la forte drammaticità, rivelata soprattutto nel finale dolce-amaro.
Inoltre, il film fornisce un autentico spaccato dell'Italia del tempo. La raccolta del riso a mano, la fatica e la soddisfazione del "pane" guadagnato onestamente, la gioia e i canti della civiltà contadina ormai perduta, e quella voglia di vivere, nonostante la miseria e le difficoltà della vita.
Insomma, a settant'anni di distanza, "Riso amaro" offre ancora spunti di riflessione sulla vita - sebbene in una società completamente diversa - donandoci un malinconico "riso", fatto di quella tristezza mista a ottimismo tipica del Dopoguerra.
Il 21 settembre del 1949 esce nelle sale cinematografiche una pellicola destinata ad un successo straordinario: "Riso amaro", primo capolavoro del neorealismo ad aver riscosso immediato interesse da parte del pubblico.
Walter (Vittorio Gassman) e Silvana (Silvana Mangano).
Il film, diretto da uno dei "padri" del neorealismo, Giuseppe De Santis, è interpretato da Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Raf Vallone e l'attrice statunitense Doris Dowling.
La storia ha inizio nel piazzale della stazione di Torino, dove un gruppo di mondine è in partenza per Vercelli, all'inizio della stagione di raccolta del riso.
Francesca (Dowling) dopo aver rubato una collana nell'albergo in cui lavora, vuole fuggire col suo fidanzato, Walter (Gassman) ma, beccata dalla polizia, scappa e si nasconde tra le mondine.
Sul treno, conosce una di loro, la bella Silvana, che aiuta Francesca a trovare lavoro nella sua stessa risaia.
Francesca (Doris Dowling).
Nel capanno dove riposano le mondine, Silvana scopre la collana e, inizialmente, presa da invidia, vuole denunciare Francesca chiedendo aiuto a Marco, soldato di leva innamorato di lei, che però non vuole immischiarsi nella vicenda. Pentitasi, Silvana restituisce la collana, ma dopo aver ascoltato da Francesca il suo racconto (un aborto, una vita al limite della legalità per seguire l'uomo che amava), comincia a desiderare di avere di più: bei gioielli, lusso, una vita spericolata anche se disonesta.
Fa leva su questo Walter che, raggiunta la risaia, dopo aver scoperto che la collana è falsa, seduce Silvana per convincerla ad aiutarlo a rubare il riso destinato alle mondine alla fine della stagione.
La ragazza, credendo di essere amata, accetta. Francesca, però, scopre tutto e chiede aiuto a Marco, per il quale nutre un sentimento di affetto ricambiato, e ferma Silvana e Walter. Nel finale, Silvana dopo aver scoperto di essere stata ingannata da Walter (che gli aveva regalato la collana falsa pur di avere il suo aiuto) gli spara con la sua pistola e infine si suicida, buttandosi dalla cima di un palchetto preparato per la festa di fine stagione. Francesca e Marco, invece, lasciano la risaia con la speranza di ricominciare una nuova vita altrove.
Marco (Raf Vallone) e Silvana.
La drammaticità, le ambientazioni (paesaggi agresti, la vita contadina) e i temi (miseria, povertà, voglia di riscatto a tutti i costi) sono quelli tipici del neorealismo. De Santis, però, in questa pellicola mette in risalto la contrapposizione tra le diverse nature delle due protagoniste, Silvana e Francesca.
La prima è una ragazza giovane e bella, con un lavoro onesto ma con la testa fra le nuvole, desiderosa di "avere" e "possedere" e disposta a tutto pur di riuscirci. La seconda è anch'essa una ragazza onesta ma sfortunata, costretta a delinquere per colpa di un uomo che ha fatto leva sulla sua fragilità, e che, nel lavoro alla risaia e negli occhi di Marco (che comprende subito la bontà della ragazza), trova il coraggio di cambiare e trovare la propria strada.
La locandina del film.
Silvana, invece, presa da velleità e sogni di gloria, finisce per lasciarsi ingannare da Walter e alla fine, per la disperazione, non riuscendo a sopportare l'umiliazione (un furto e un omicidio) si uccide.
Al di là poi del successo internazionale della pellicola e della sua importanza a livello sociale e culturale, "Riso amaro" rappresenta il trampolino di lancio della giovanissima Mangano e di Gassman - qui al suo primo vero ruolo -, ma anche di un quasi esordiente Vallone che - dopo una carriera da calciatore e giornalista - l'anno successivo avrà rinnovato successo accanto a Lucia Bosè in un altro capolavoro di De Santis, "Non c'è pace tra gli ulivi". Inoltre, il film contribuì alla popolarità in Italia della Dowling, già affermata attrice negli Stati Uniti, che negli anni seguenti parteciperà ad altre produzioni italiane.
In conclusione, consiglio - a chi non l'avesse già fatto - di vedere questa straordinaria pellicola, piena di speranza, nonostante la forte drammaticità, rivelata soprattutto nel finale dolce-amaro.
Inoltre, il film fornisce un autentico spaccato dell'Italia del tempo. La raccolta del riso a mano, la fatica e la soddisfazione del "pane" guadagnato onestamente, la gioia e i canti della civiltà contadina ormai perduta, e quella voglia di vivere, nonostante la miseria e le difficoltà della vita.
Insomma, a settant'anni di distanza, "Riso amaro" offre ancora spunti di riflessione sulla vita - sebbene in una società completamente diversa - donandoci un malinconico "riso", fatto di quella tristezza mista a ottimismo tipica del Dopoguerra.
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