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FAUSTO COPPI: L'ETERNITA' DI UN "SOGNO"

Un sogno. Ecco cosa è stato Fausto Coppi: un "sogno" su due ruote che, chilometro dopo chilometro, tappa dopo tappa, ha conquistato vittorie su strada e affetto da parte del pubblico.
Colui che per tutti era semplicemente "Il campionissimo" in realtà era un ragazzo che, pedalata dopo pedalata, si è costruito un futuro, proprio come tanti altri giovani nell'Italia del Dopoguerra.




Angelo Fausto Coppi nacque il 15 settembre 1919 a Castellania (oggi Castellania Coppi) in provincia di Alessandria, in Piemonte, da una famiglia contadina. Da bambino aiutava i genitori nei campi, insieme ai suoi fratelli, tra cui Serse, di quattro anni più piccolo e anche lui ciclista.
Da adolescente, invece, cominciò a lavorare come garzone presso una bottega a Novi Ligure, effettuando consegne a bordo di una bicicletta. Proprio qui, venne notato da Biagio Cavanna, il famoso massaggiatore dell'indimenticabile Costante Girardengo. Cavanna si accorse ben presto delle doti del giovane, ammettendolo nella sua scuola di ciclismo - e seguendolo anche successivamente, una volta raggiunto il successo.


  Il famoso "passaggio" della borraccia tra Bartali (a sinistra) e Coppi ( a destra) al Tour de France 1952.

          


Dopo aver corso e vinto diverse gare da dilettante, nel 1938 entrò a far parte della "Legnano" di Pavesi, come gregario di colui che era già una leggenda nel mondo del ciclismo: Gino Bartali.
Soltanto due anni dopo, Coppi vinse il suo primo Giro d'Italia e divenne ufficialmente un campione. Lo scoppio della guerra però - che lo vedrà anche prigioniero durante la "campagna d'Africa" - frenò la sua ascesa che riprese nel 1946 con il ripristino delle regolari competizioni.
Per la sua eleganza su strada e la sua presenza fisica - con quel naso affilato, le gambe sottili ed agili, il suo corpo esile e sottile che si confondeva con i tubi della sua bicicletta - si guadagnò l'appellativo de "L'Airone". E proprio come un leggiadro uccello, Coppi "volava", ovunque: che si trattasse delle dure strade di montagna, delle pianure collinari o delle discese più ripide. Fausto Coppi conquistò tutto, tra i piazzamenti e le innumerevoli vittorie, tra la fine degli anni '40 e i primi anni '50, dopo essere passato alla "Bianchi", squadra alla quale resterà legato fino alla fine. Proprio con i colori "bianco-celesti", Fausto Coppi cominciò a contendersi il primato col suo ex capitano Bartali.



Fausto Coppi (a sinistra) con Totò in una scena del film "Totò al Giro d'Italia".




 Nel 1946, a colpi di "tappe", si sfidarono al Giro d'Italia e a spuntarla fu il "vecchio" toscanaccio.
Ma Coppi si rifarà ben presto vincendo il Giro nel 1947 e nel 1949, stesso anno in cui trionfò al Tour de France, che vincerà ancora una volta nel 1952. E proprio a quel Tour de France risale la celebre foto: quella che immortalava Coppi e Bartali passarsi la borraccia.
Quello scatto divenne il simbolo dell'Italia del tempo: i due beniamini in cui il popolo si identificava. Avversari sì, ma mai nemici. Due numeri uno, rispettosi l'uno dell'altro e pronti anche a scherzare su se stessi. Come nel film "Totò al Giro d'Italia", del 1949, in cui recitarono accanto a Totò e ad altri ciclisti del tempo. Oppure sul piccolo schermo, nel celebre "Il Musichiere" di Mario Riva, nel 1959, esibendosi in un brano-parodia di "Come pioveva" - che divenne "Come perdeva".



    Fausto Coppi con Giulia Occhini, la "Dama bianca".

                                                   


E la profonda stima di Bartali verso il suo rivale, si vide soprattutto nei momenti di difficoltà del giovane campione. Come la morte del fratello Serse, avvenuta a seguito di una caduta durante il Giro del Piemonte del 1951. Oppure quando Fausto Coppi fu coperto da uno scandalo - condannato anche da Papa Pio XII - per via della sua relazione con la cosiddetta "Dama bianca", Giulia Occhini, moglie del medico Enrico Locatelli, grande tifoso del ciclista, che gliela presentò alla "Tre Valli Varesine" nel 1948.
Entrambi sposati - Coppi era già coniugato con Bruna Ciampolini da cui ebbe la figlia Maria -, andarono a vivere insieme. Giulia, denunciata per adulterio dal marito, finì anche in carcere.
Tutto, però, si appianò, e nel 1955 nacque anche il loro figlio, Faustino Coppi, nato a Buenos Aires proprio per consentirgli di avere il cognome del padre naturale.
Nonostante tutto, Coppi continuò ad essere l'idolo di sempre. E continuava a vincere: il Giro di Campania, il Giro di Lombardia, la Tre Valli Varesine, la Milano-Sanremo. Nel 1958, invece, vinse la "Sei giorni" di Buenos Aires e partecipò al suo ultimo Giro, classificandosi al trentaduesimo posto.
Nel 1959 divenne capitano della "San Pellegrino Sport", squadra diretta dallo storico rivale Bartali. Doveva essere il suo ultimo impegno da professionista prima del ritiro, previsto per il 1960.
Nel dicembre del 1959, però, Coppi insieme ad alcuni corridori francesi, tra cui Raphaël Géminiani, partì per disputare alcune gare ciclistiche in Africa, nell'Alto Volta (oggi Burkina Faso). Dopo aver preso parte ad una battuta di caccia, sia lui che Géminiani si ammalarono. Tornati a casa, continuarono ad avere febbre altalenante. Al corridore francese venne subito diagnosticata la malaria, così i suoi familiari avvertirono quelli di Coppi. Per Fausto, però, non c'era  più nulla da fare. Così, dopo il ricovero all'ospedale di Tortona, il 2 gennaio del 1960, "L'Airone" spiccò il suo ultimo "volo", questa volta verso il "traguardo" finale.
Ma - come detto all'inizio - Fausto Coppi era un "sogno". La memoria di lui è ancora viva tra noi. Le sue vittorie, le sue leggendarie "scalate", la rivalità con Bartali, fanno ormai parte della nostra storia.
E, dopotutto, non c'è da meravigliarsi: i "sogni" non muoiono mai.


















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