LUCIANO EMMER: ATMOSFERE E SENTIMENTI DEL DOPOGUERRA
È stato uno dei più grandi registi del Dopoguerra. Con la sua cinepresa ha saputo raccontare gioie, illusioni e dolori del nostro Paese, sempre con ironia e leggerezza.
Sto parlando di Luciano Emmer, regista e sceneggiatore scomparso esattamente dieci anni fa, il 16 settembre del 2009.
Nato a Milano il 19 gennaio del 1918, Emmer cominciò la sua carriera come documentarista - attività che proseguirà fino alla fine della carriera.
Con la collaborazione del regista Enrico Gras, realizzò una serie di cortometraggi di carattere artistico di notevole successo, come "Racconto da un affresco" (1941), "Il cantico delle creature" (1942) e "Il dramma di Cristo" (1948).
Due scene tratte da "Domenica d'agosto". A sinistra, Ave Nichi e Andrea Compagnoni; a destra, Anna Medici e Marcello Mastroianni.
E proprio in virtù della sua attività da documentarista, Luciano Emmer cominciò a descrivere l'Italia del tempo, ed in maniera diversa da come, contemporaneamente, facevano altri registi, come Roberto Rossellini e Giuseppe De Santis, "padri" del neorealismo italiano. Il neorealismo di Emmer, infatti, descrive episodi di vita quotidiana, in maniera realistica sì, ma leggera.
Come in "Domenica d'agosto", del 1950 - il suo primo lungometraggio -, in cui racconta la domenica tipo di alcuni popolani romani che sfuggono il caldo della città rifugiandosi a mare, sul lido di Ostia. In questo film, oltre ad attori già affermati - come la celeberrima Ave Ninchi -, troviamo anche l'esordio di un giovanissimo Franco Interlenghi e il primo "vero" ruolo di Marcello Mastroianni.
Ma come dimenticare "Le ragazze di piazza di Spagna", del 1952, in cui si narrano le vicende di tre giovani ragazze (Lucia Bosé, Cosetta Greco e Liliana Bonfatti), divise tra amori e ispirazioni future, che sono solite incontrarsi sulla scalinata di piazza di Spagna durante la pausa dal proprio lavoro - svolto per procurarsi la dote necessaria al matrimonio.
E poi "Camilla" (1954),"Terza liceo" (1954), l'esilarante "Il bigamo" (1956) - con Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni e Giovanna Ralli -, "Il momento più bello" (1957), fino ad arrivare a "La ragazza in vetrina" (1960), con Lino Ventura, Magali Noël e Bernard Fresson.
Da sinistra, Lucia Bosé, Liliana Bonfatti e Cosetta Greco ne "Le ragazze di piazza di Spagna".
Dopo quest'ultimo film, Luciano Emmer, però, abbandonò il cinema di finzione per dedicarsi ai suoi documentari e, in particolare, alla pubblicità. Sue infatti sono molte delle réclame di "Carosello", con protagonisti artisti del calibro di Totò, Dario Fò, Paolo Panelli e Carlo Dapporto - solo per citarne alcuni. Come sua era anche la prima sigla della trasmissione - quella con i diversi siparietti che si aprivano in sequenza fino a far comparire il titolo della trasmissione.
Negli ultimi anni, Emmer tornò nuovamente al cinema, con film come "Basta! Ci faccio un film" (1990) e "L'acqua... il fuoco" (2003), continuando parallelamente la sua attività da documentarista.
L'ultimo dei quali uscito proprio nel 2009, stesso anno in cui, il 16 settembre, al Policlinico Gemelli di Roma, si spense definitivamente la sua vena creativa e la sua vita terrena.
A mio avviso, però, Luciano Emmer resterà per sempre legato a quelle poche e geniali pellicole degli anni '50. Perché film come "Domenica d'agosto" o "Le ragazze di piazza di Spagna", con i loro personaggi semplici e genuini, perduti tra aspettative future e illusioni presenti, amori felici e drammi familiari, sono in grado di descrivere, meglio di un qualsiasi libro di testo, le atmosfere e i sentimenti dell'Italia del Dopoguerra.
È stato uno dei più grandi registi del Dopoguerra. Con la sua cinepresa ha saputo raccontare gioie, illusioni e dolori del nostro Paese, sempre con ironia e leggerezza.
Sto parlando di Luciano Emmer, regista e sceneggiatore scomparso esattamente dieci anni fa, il 16 settembre del 2009.
Nato a Milano il 19 gennaio del 1918, Emmer cominciò la sua carriera come documentarista - attività che proseguirà fino alla fine della carriera.
Con la collaborazione del regista Enrico Gras, realizzò una serie di cortometraggi di carattere artistico di notevole successo, come "Racconto da un affresco" (1941), "Il cantico delle creature" (1942) e "Il dramma di Cristo" (1948).
Due scene tratte da "Domenica d'agosto". A sinistra, Ave Nichi e Andrea Compagnoni; a destra, Anna Medici e Marcello Mastroianni.
E proprio in virtù della sua attività da documentarista, Luciano Emmer cominciò a descrivere l'Italia del tempo, ed in maniera diversa da come, contemporaneamente, facevano altri registi, come Roberto Rossellini e Giuseppe De Santis, "padri" del neorealismo italiano. Il neorealismo di Emmer, infatti, descrive episodi di vita quotidiana, in maniera realistica sì, ma leggera.
Come in "Domenica d'agosto", del 1950 - il suo primo lungometraggio -, in cui racconta la domenica tipo di alcuni popolani romani che sfuggono il caldo della città rifugiandosi a mare, sul lido di Ostia. In questo film, oltre ad attori già affermati - come la celeberrima Ave Ninchi -, troviamo anche l'esordio di un giovanissimo Franco Interlenghi e il primo "vero" ruolo di Marcello Mastroianni.
Ma come dimenticare "Le ragazze di piazza di Spagna", del 1952, in cui si narrano le vicende di tre giovani ragazze (Lucia Bosé, Cosetta Greco e Liliana Bonfatti), divise tra amori e ispirazioni future, che sono solite incontrarsi sulla scalinata di piazza di Spagna durante la pausa dal proprio lavoro - svolto per procurarsi la dote necessaria al matrimonio.
E poi "Camilla" (1954),"Terza liceo" (1954), l'esilarante "Il bigamo" (1956) - con Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni e Giovanna Ralli -, "Il momento più bello" (1957), fino ad arrivare a "La ragazza in vetrina" (1960), con Lino Ventura, Magali Noël e Bernard Fresson.
Da sinistra, Lucia Bosé, Liliana Bonfatti e Cosetta Greco ne "Le ragazze di piazza di Spagna".
Dopo quest'ultimo film, Luciano Emmer, però, abbandonò il cinema di finzione per dedicarsi ai suoi documentari e, in particolare, alla pubblicità. Sue infatti sono molte delle réclame di "Carosello", con protagonisti artisti del calibro di Totò, Dario Fò, Paolo Panelli e Carlo Dapporto - solo per citarne alcuni. Come sua era anche la prima sigla della trasmissione - quella con i diversi siparietti che si aprivano in sequenza fino a far comparire il titolo della trasmissione.
Negli ultimi anni, Emmer tornò nuovamente al cinema, con film come "Basta! Ci faccio un film" (1990) e "L'acqua... il fuoco" (2003), continuando parallelamente la sua attività da documentarista.
L'ultimo dei quali uscito proprio nel 2009, stesso anno in cui, il 16 settembre, al Policlinico Gemelli di Roma, si spense definitivamente la sua vena creativa e la sua vita terrena.
A mio avviso, però, Luciano Emmer resterà per sempre legato a quelle poche e geniali pellicole degli anni '50. Perché film come "Domenica d'agosto" o "Le ragazze di piazza di Spagna", con i loro personaggi semplici e genuini, perduti tra aspettative future e illusioni presenti, amori felici e drammi familiari, sono in grado di descrivere, meglio di un qualsiasi libro di testo, le atmosfere e i sentimenti dell'Italia del Dopoguerra.
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