CESARE TERRANOVA: IL MAGISTRATO CHE " SVELO' " LA MAFIA
Per alcuni la Mafia non esisteva affatto, per altri era una "semplice" forma di delinquenza.
Per Cesare Terranova, invece, essa non solo esisteva ma pervadeva l'intera Sicilia, insinuandosi nei luoghi più impensabili, come una malattia virale.
Quando quarant'anni fa, il 25 settembre del 1979, Terranova, magistrato e consigliere di Corte d'Appello a Palermo, veniva ammazzato insieme al suo agente di scorta, il maresciallo di Pubblica Sicurezza Lenin Mancuso, la Mafia, quella che non esisteva, quella che era "fatta di normali delinquenti", era lì, a godersi lo spettacolo. Aveva fatto fuori l'uomo che, fin dall'inizio, aveva capito tutto. Fin dal 1958, quando, dopo vari incarichi, era stato nominato giudice istruttore al Tribunale di Palermo. I primi processi di Mafia - quello di Catanzaro del 1965, quello di Bari del 1969 - le indagini sulla "prima guerra di mafia" a Palermo, nel 1962, videro "la firma" di Terranova , il primo a parlare di "associazione delinquenziale" in riferimento a Cosa Nostra.
Cesare Terranova aveva individuato le profonde infiltrazioni mafiose nella politica e nell'imprenditoria siciliana. Aveva compreso il significativo cambiamento della Mafia, che stava diventando qualcosa di più grande, potente, forte. Nel processo di Bari del 1969, tra gli imputati c'erano "nomi" come Luciano Leggio detto "Liggio", Totò Riina e Leoluca Bagarella, criminali che negli anni successivi avrebbero insanguinato l'intera Sicilia. Ma vennero tutti assolti.
Nel 1970, però, la Corte di Cassazione di Bari - grazie alla tenacia di Terranova - condannò Luciano "Liggio" all'ergastolo per l'omicidio di un vecchio mafioso palermitano, Michele Navarra. Quella sentenza, però, costò la vita al giudice, che - come dichiareranno i pentiti Tommaso Buscetta e Francesco Di Carlo - fu immediatamente visto come un pericolo dai Corleonesi, e in particolar modo da"Liggio" che sarebbe stato il mandante dell'omicidio.
Nel giugno del 1979 - dopo una breve parentesi nella Commissione Parlamentare Antimafia - Cesare Terranova era rientrato a Palermo come consigliere di Corte d'Appello. La sua nomina a giudice istruttore non sarebbe tardata ad arrivare. Il suo assassinio, infatti, quel mattino di quarant'anni fa a Palermo, mentre stava recandosi a lavoro accompagnato dal maresciallo Mancuso, fu una misura preventiva per eliminare un pericolo per l'intera organizzazione mafiosa, che proprio in quegli anni stava accrescendosi e trasformandosi.
Da allora, non passeranno molti anni prima che "l'esistenza"della Mafia diverrà nota agli occhi di tutti, con altri magistrati, poliziotti e carabinieri uccisi per aver avuto il coraggio di andare fino in fondo.
Lo stesso coraggio che aveva avuto Cesare Terranova, svelando a tutti il fenomeno mafioso e pagando con la vita il "prezzo" della verità.
Per alcuni la Mafia non esisteva affatto, per altri era una "semplice" forma di delinquenza.
Per Cesare Terranova, invece, essa non solo esisteva ma pervadeva l'intera Sicilia, insinuandosi nei luoghi più impensabili, come una malattia virale.
Quando quarant'anni fa, il 25 settembre del 1979, Terranova, magistrato e consigliere di Corte d'Appello a Palermo, veniva ammazzato insieme al suo agente di scorta, il maresciallo di Pubblica Sicurezza Lenin Mancuso, la Mafia, quella che non esisteva, quella che era "fatta di normali delinquenti", era lì, a godersi lo spettacolo. Aveva fatto fuori l'uomo che, fin dall'inizio, aveva capito tutto. Fin dal 1958, quando, dopo vari incarichi, era stato nominato giudice istruttore al Tribunale di Palermo. I primi processi di Mafia - quello di Catanzaro del 1965, quello di Bari del 1969 - le indagini sulla "prima guerra di mafia" a Palermo, nel 1962, videro "la firma" di Terranova , il primo a parlare di "associazione delinquenziale" in riferimento a Cosa Nostra.
Cesare Terranova aveva individuato le profonde infiltrazioni mafiose nella politica e nell'imprenditoria siciliana. Aveva compreso il significativo cambiamento della Mafia, che stava diventando qualcosa di più grande, potente, forte. Nel processo di Bari del 1969, tra gli imputati c'erano "nomi" come Luciano Leggio detto "Liggio", Totò Riina e Leoluca Bagarella, criminali che negli anni successivi avrebbero insanguinato l'intera Sicilia. Ma vennero tutti assolti.
Nel 1970, però, la Corte di Cassazione di Bari - grazie alla tenacia di Terranova - condannò Luciano "Liggio" all'ergastolo per l'omicidio di un vecchio mafioso palermitano, Michele Navarra. Quella sentenza, però, costò la vita al giudice, che - come dichiareranno i pentiti Tommaso Buscetta e Francesco Di Carlo - fu immediatamente visto come un pericolo dai Corleonesi, e in particolar modo da"Liggio" che sarebbe stato il mandante dell'omicidio.
Nel giugno del 1979 - dopo una breve parentesi nella Commissione Parlamentare Antimafia - Cesare Terranova era rientrato a Palermo come consigliere di Corte d'Appello. La sua nomina a giudice istruttore non sarebbe tardata ad arrivare. Il suo assassinio, infatti, quel mattino di quarant'anni fa a Palermo, mentre stava recandosi a lavoro accompagnato dal maresciallo Mancuso, fu una misura preventiva per eliminare un pericolo per l'intera organizzazione mafiosa, che proprio in quegli anni stava accrescendosi e trasformandosi.
Da allora, non passeranno molti anni prima che "l'esistenza"della Mafia diverrà nota agli occhi di tutti, con altri magistrati, poliziotti e carabinieri uccisi per aver avuto il coraggio di andare fino in fondo.
Lo stesso coraggio che aveva avuto Cesare Terranova, svelando a tutti il fenomeno mafioso e pagando con la vita il "prezzo" della verità.
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