WOODSTOCK 50: PACE, AMORE E...LIBERTA'
Era l'apice della generazione "hippie": ragazzi convinti che il mondo, così com'era, non andava bene e bisognava cambiarlo. Ed in effetti, quelle calde giornate d'agosto di cinquant'anni fa rappresentarono davvero una svolta epocale.
Il festival di Woodstock è stato molto di più di un semplice evento musicale. Giovani e meno giovani senza distinzione di sesso, provenienza geografica e classe sociale, tutti insieme per un' esperienza da brivido.
L'evento si svolse a Bethel, un piccolo comune rurale a circa 70 km da Woodstock, nello stato di New York. Un campo aperto, in mezzo alla natura incontaminata, dove sentirsi davvero in pace con se stessi, secondo lo spirito di quella generazione che fece di "Peace and love" - pace e amore - il motto con cui combattere il degrado sociale mondiale alla fine degli anni '60.
Quel 15 agosto del 1969, data di inizio del festival, quattrocentomila persone, più di quelle previste, si ritrovarono tutte lì, sotto quel palco, per assistere al primo grande evento rock nella storia della musica.
Alcuni si sistemarono in tenda, altri si arrangiarono con coperte e brande sul prato. Altri, invece, preferirono dormire in auto o nei classici pulmini Volkswagen, anche essi simbolo della cultura dei "figli dei fiori".
Decine le leggende e le verità che si susseguono su quanto avvenne in quei giorni: "amore libero" in mezzo ai prati, figli partoriti tra una esibizione e l'altra e circolazione di sostanze stupefacenti, dallo "spinello" all'LSD.
Tutto ciò non stupisce affatto. Questa libertà - forse eccessiva, a seconda dei punti di vista - rientrava a pieno titolo nell'idea di quella generazione lì. La stessa generazione che, un anno prima, aveva inaugurato quella rivoluzione sessista e sessuale che avrebbe radicalmente cambiato usi e costumi in molti paesi del mondo, tra cui il nostro.
E la musica che, varcando ogni barriera, si diffonde nell'etere portando con sé speranza, fiducia e armonia, era la principale arma di quella rivoluzione.
Nell'arco dei tre giorni (15, 16, 17 agosto), Woodstock vide la partecipazione di grandissimi artisti, già allora amati e seguiti ma oggi diventate vere e proprie leggende del rock, forse grazie anche a quell'evento.
Dal chitarrista afroamericano Richie Havens - il primo ad esibirsi a Bethel il 15 agosto - per poi arrivare a Joe Cocker, Joan Baez, gli Who, concludendo il 18 agosto (con un ritardo sulla prevista esibizione) con il leggendario Jimi Hendrix. La sua versione rock dell'inno statunitense, eseguito mimando - con corpi, strumenti e voce - i bombardamenti dell'US Army in Vietnam, è considerata una delle sue esibizioni migliori.
La guerra del Vietnam - che in quegli anni vedeva impegnati gli Stati Uniti -, infatti, era una delle principali contestazioni che i giovani statunitensi muovevano contro il proprio paese.
E proprio la guerra era uno di quei "mali del mondo" contro cui i ragazzi di Woodstock volevano manifestare, ma con un atto di ribellione pacifico.
"3 Days of Peace & Rock Music" - tre giorni di pace e musica rock -, servivano proprio per far capire a tutti che, se volevano, i giovani potevano battersi tutti insieme, tutti solidali, contro quelli che loro definivano "i mali del mondo", come appunto la guerra, il conformismo, il capitalismo e tante altre cose care alle vecchie generazioni.
Forse, quello che il festival di "pace, amore e rock" può ancora insegnarci oggi è il credere in un'idea e portarla avanti fino in fondo. Quello che però, a mezzo secolo di distanza, possiamo dire è che senza dubbio l'esperienza di Woodstock costituì un punto di svolta fondamentale nella storia, sociale e musicale, segnando non solo la generazione che l'ha vissuta, ma anche quelle successive: in nome di quella libertà di cui la musica è da sempre stata la principale bandiera.
Era l'apice della generazione "hippie": ragazzi convinti che il mondo, così com'era, non andava bene e bisognava cambiarlo. Ed in effetti, quelle calde giornate d'agosto di cinquant'anni fa rappresentarono davvero una svolta epocale.
Il festival di Woodstock è stato molto di più di un semplice evento musicale. Giovani e meno giovani senza distinzione di sesso, provenienza geografica e classe sociale, tutti insieme per un' esperienza da brivido.
L'evento si svolse a Bethel, un piccolo comune rurale a circa 70 km da Woodstock, nello stato di New York. Un campo aperto, in mezzo alla natura incontaminata, dove sentirsi davvero in pace con se stessi, secondo lo spirito di quella generazione che fece di "Peace and love" - pace e amore - il motto con cui combattere il degrado sociale mondiale alla fine degli anni '60.
Quel 15 agosto del 1969, data di inizio del festival, quattrocentomila persone, più di quelle previste, si ritrovarono tutte lì, sotto quel palco, per assistere al primo grande evento rock nella storia della musica.
Alcuni si sistemarono in tenda, altri si arrangiarono con coperte e brande sul prato. Altri, invece, preferirono dormire in auto o nei classici pulmini Volkswagen, anche essi simbolo della cultura dei "figli dei fiori".
Decine le leggende e le verità che si susseguono su quanto avvenne in quei giorni: "amore libero" in mezzo ai prati, figli partoriti tra una esibizione e l'altra e circolazione di sostanze stupefacenti, dallo "spinello" all'LSD.
Tutto ciò non stupisce affatto. Questa libertà - forse eccessiva, a seconda dei punti di vista - rientrava a pieno titolo nell'idea di quella generazione lì. La stessa generazione che, un anno prima, aveva inaugurato quella rivoluzione sessista e sessuale che avrebbe radicalmente cambiato usi e costumi in molti paesi del mondo, tra cui il nostro.
E la musica che, varcando ogni barriera, si diffonde nell'etere portando con sé speranza, fiducia e armonia, era la principale arma di quella rivoluzione.
Nell'arco dei tre giorni (15, 16, 17 agosto), Woodstock vide la partecipazione di grandissimi artisti, già allora amati e seguiti ma oggi diventate vere e proprie leggende del rock, forse grazie anche a quell'evento.
Dal chitarrista afroamericano Richie Havens - il primo ad esibirsi a Bethel il 15 agosto - per poi arrivare a Joe Cocker, Joan Baez, gli Who, concludendo il 18 agosto (con un ritardo sulla prevista esibizione) con il leggendario Jimi Hendrix. La sua versione rock dell'inno statunitense, eseguito mimando - con corpi, strumenti e voce - i bombardamenti dell'US Army in Vietnam, è considerata una delle sue esibizioni migliori.
La guerra del Vietnam - che in quegli anni vedeva impegnati gli Stati Uniti -, infatti, era una delle principali contestazioni che i giovani statunitensi muovevano contro il proprio paese.
E proprio la guerra era uno di quei "mali del mondo" contro cui i ragazzi di Woodstock volevano manifestare, ma con un atto di ribellione pacifico.
"3 Days of Peace & Rock Music" - tre giorni di pace e musica rock -, servivano proprio per far capire a tutti che, se volevano, i giovani potevano battersi tutti insieme, tutti solidali, contro quelli che loro definivano "i mali del mondo", come appunto la guerra, il conformismo, il capitalismo e tante altre cose care alle vecchie generazioni.
Forse, quello che il festival di "pace, amore e rock" può ancora insegnarci oggi è il credere in un'idea e portarla avanti fino in fondo. Quello che però, a mezzo secolo di distanza, possiamo dire è che senza dubbio l'esperienza di Woodstock costituì un punto di svolta fondamentale nella storia, sociale e musicale, segnando non solo la generazione che l'ha vissuta, ma anche quelle successive: in nome di quella libertà di cui la musica è da sempre stata la principale bandiera.
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