GIULIO GABRIELLI: "UN SASSO FRA I SASSI"
Era una giovane promessa dell'alpinismo. Un ragazzo forte e tenace, proprio come le sue amate montagne, ma anche una persona molto colta e sensibile, in grado di esprimere a parole ciò che sentiva dentro. Ma fu ucciso dalla sua stessa passione.
Giulio Gabrielli, infatti, scomparve a soli ventisette anni sulla Marmolada, durante una spedizione resa difficoltosa dalle avverse condizioni climatiche: era il 12 agosto del 1959.
Nato il 1° agosto del 1932 a Predazzo, in provincia di Trento, nella val di Fiemme, figlio di un alpinista, Giulio cominciò ad arrampicare quando era poco più che un bambino.
Dotato di un fisico prestante, si allenava con costanza. Ogni qual volta organizzava una spedizione, lo faceva nei minimi dettagli, tenendo conto d'ogni rischio. Ma, come si dice, "mens sana in corpore sano". Infatti Giulio, oltre ad allenare i propri muscoli, manteneva in attività anche il cervello. Studioso modello, nel 1956 si laureò a pieni voti in Giurisprudenza all'Università di Padova.
Dopo la laurea si stabilì a Trento. Qui, entrò a far parte del comitato Guide e Portatori del Trentino e lavorò come istruttore di "roccia" alla Scuola di Alpinismo "Graffer".
Giulio, però, viveva la montagna in maniera molto particolare. Quelle enormi masse rocciose, quei crepacci, pieni di arbusti e insidie, erano per lui vita. La sua passione per la natura lo portò a battersi in prima linea per la salvaguardia del territorio.
In tempi non sospetti, fu uno dei primissimi a parlare di difesa e tutela dell'ambiente montano.
E la sua sensibilità ed il suo amore per la natura trovano piena espressione nei suoi scritti.
Difatti, Gabrielli era anche un poeta, sebbene dilettante. Nella sua raccolta, "Bivacco, poesie di un uomo della montagna", l'alpinista descrive - in pochi ed eccezionali versi - emozioni e sensazioni profonde che mettono in luce la grandezza d'animo di un uomo che vedeva nella montagna la piena realizzazione della propria essenza.
Non c'è alcun dubbio che Giulio Gabrielli se ne sia andato troppo presto, nel pieno delle forze e della giovinezza. Però, forse una magra consolazione nella sua tragica scomparsa c'è.
Considerando quale fosse la sua visione della natura e come si sentisse viva parte di essa, probabilmente, Giulio se ne andò in piena pace con se stesso e con il mondo.
D'altra parte, è lui stesso a dirlo in una poesia, "Morte dell'alpinista":
"Piangono forte intorno, tacete. Amava il silenzio della montagna, ora vi è entrato.
Un sasso fra i sassi della grande pietraia della vita.
E dappertutto silenzio".
Ecco, io credo che a sessant'anni dalla sua scomparsa, Giulio Gabrielli vorrebbe essere ricordato proprio così: non come un alpinista, non come un poeta, ma più semplicemente come "un sasso fra i sassi".
Era una giovane promessa dell'alpinismo. Un ragazzo forte e tenace, proprio come le sue amate montagne, ma anche una persona molto colta e sensibile, in grado di esprimere a parole ciò che sentiva dentro. Ma fu ucciso dalla sua stessa passione.
Giulio Gabrielli, infatti, scomparve a soli ventisette anni sulla Marmolada, durante una spedizione resa difficoltosa dalle avverse condizioni climatiche: era il 12 agosto del 1959.
Nato il 1° agosto del 1932 a Predazzo, in provincia di Trento, nella val di Fiemme, figlio di un alpinista, Giulio cominciò ad arrampicare quando era poco più che un bambino.
Dotato di un fisico prestante, si allenava con costanza. Ogni qual volta organizzava una spedizione, lo faceva nei minimi dettagli, tenendo conto d'ogni rischio. Ma, come si dice, "mens sana in corpore sano". Infatti Giulio, oltre ad allenare i propri muscoli, manteneva in attività anche il cervello. Studioso modello, nel 1956 si laureò a pieni voti in Giurisprudenza all'Università di Padova.
Dopo la laurea si stabilì a Trento. Qui, entrò a far parte del comitato Guide e Portatori del Trentino e lavorò come istruttore di "roccia" alla Scuola di Alpinismo "Graffer".
Giulio, però, viveva la montagna in maniera molto particolare. Quelle enormi masse rocciose, quei crepacci, pieni di arbusti e insidie, erano per lui vita. La sua passione per la natura lo portò a battersi in prima linea per la salvaguardia del territorio.
In tempi non sospetti, fu uno dei primissimi a parlare di difesa e tutela dell'ambiente montano.
E la sua sensibilità ed il suo amore per la natura trovano piena espressione nei suoi scritti.
Difatti, Gabrielli era anche un poeta, sebbene dilettante. Nella sua raccolta, "Bivacco, poesie di un uomo della montagna", l'alpinista descrive - in pochi ed eccezionali versi - emozioni e sensazioni profonde che mettono in luce la grandezza d'animo di un uomo che vedeva nella montagna la piena realizzazione della propria essenza.
Non c'è alcun dubbio che Giulio Gabrielli se ne sia andato troppo presto, nel pieno delle forze e della giovinezza. Però, forse una magra consolazione nella sua tragica scomparsa c'è.
Considerando quale fosse la sua visione della natura e come si sentisse viva parte di essa, probabilmente, Giulio se ne andò in piena pace con se stesso e con il mondo.
D'altra parte, è lui stesso a dirlo in una poesia, "Morte dell'alpinista":
"Piangono forte intorno, tacete. Amava il silenzio della montagna, ora vi è entrato.
Un sasso fra i sassi della grande pietraia della vita.
E dappertutto silenzio".
Ecco, io credo che a sessant'anni dalla sua scomparsa, Giulio Gabrielli vorrebbe essere ricordato proprio così: non come un alpinista, non come un poeta, ma più semplicemente come "un sasso fra i sassi".
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