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DON LUIGI STURZO: FEDE NELLA LIBERTA'

 "Ho sentito la vita politica come un dovere e il dovere dice speranza". Speranza per tutti, soprattutto per i più bisognosi, a cui dedicò interamente il suo impegno pastorale (e politico).
Don Luigi Sturzo, sacerdote, politico e grande uomo di cultura, se ne andava esattamente sessant'anni fa, l'8 agosto del 1959, dopo un'intera vita spesa per il bene del Paese e della sua Sicilia.



Don Sturzo nacque infatti a Caltagirone, in provincia di Catania, il 26 novembre 1871, da una famiglia nobile. Fu ordinato sacerdote nel 1894 e due anni dopo conseguì la laurea
in teologia all'Università Pontificia.
Il suo primo impegno fu quello di garantire assistenza ai poveri, mostrando fin da subito un' attenzione particolare ai problemi del Sud e della sua terra.
Nel 1897, infatti, istituì a Caltagirone una Cassa Rurale dedicata a San Giacomo e una mutua cooperativa, e fondò anche il giornale di orientamento politico-sociale  "La croce di Costantino".
Ma, ben presto, cominciò a prendere parte attivamente alla vita politica. Nel 1905, venne nominato consigliere provinciale e pro-sindaco di Caltagirone.
Si batté in prima persona per abolire il "non expedit" - il provvedimento della Santa Sede, risalente al 1868, che impediva ai cattolici di prendere parte alla politica -, mettendo in evidenza come fosse necessario per l'intera comunità cristiana partecipare alla vita sociale in prima linea.
Per risolvere i problemi di stenti, miseria e povertà del Sud, era necessario che tutti potessero dire la propria, esprimendo preferenze, prendendo posizioni, portando avanti idee.
Proprio in questo clima, nel 1919, don Sturzo fondò il Partito Popolare Italiano (PPI), con quel famoso "Appello ai liberi e forti" che di fatto richiamava i cattolici alla gestione della cosa pubblica.
Il suo, però, non fu mai un partito "cattolico" in senso stretto. Il PPI aveva come obiettivo quello di reintegrare la partecipazione dei cattolici al governo, ma il suo scopo era quello di garantire
la libertà del singolo individuo, senza alcun condizionamento religioso. Il Cristianesimo era senz'altro una fonte di ispirazione del partito, ma non la sola.
Per Sturzo era fondamentale che ciascun uomo, cattolico o meno, prendesse ogni decisione senza alcun condizionamento religioso o politico, seguendo la propria coscienza.
Con l'avvento del Fascismo e lo scioglimento dei partiti, don Sturzo, dichiaratamente avverso al Regime, fu costretto all'esilio. Così, lasciò l'Italia e si stabilì prima a Londra e a Parigi, poi a New York.
Tornò in Italia nel 1946, dopo il Referendum del 2 giugno. Continuò ad interessarsi di politica pur non aderendo formalmente alla Democrazia cristiana (partito nato dalle ceneri del PPI nel 1942).
Si schierò apertamente contro il predominio dei partiti, contro l'intervento statale nelle attività economiche e contro l'abuso di denaro pubblico.
Nel 1947 venne nominato giudice dell'Alta Corte per la Regione siciliana e nel 1952 divenne senatore a vita per mano del Presidente Einaudi.
Negli ultimi anni di vita, si dedicò soprattutto alla sua opera pastorale, continuando la sua attività di sussistenza ai bisognosi, dalla Casa delle Suore Canossiane, a Roma, dove si era stabilito.
Nel marzo del 1959, lanciò dalle colonne de "Il Giornale d'Italia" l' "Appello ai Siciliani", uno dei primi testi in cui si parlava apertamente di Mafia.
Il 6 agosto dello stesso anno, mentre celebrava la messa, fu colto da un malore, che lo portò alla morte due giorni dopo, nella sua abitazione, all'età di ottantasette anni.
La sua figura resta emblematica nell'ambito della politica italiana. Sturzo fu un uomo, prima ancora che un sacerdote, in grado di cogliere l'importanza della libertà individuale dell'uomo
per la corretta gestione della vita pubblica.
"Chi ha fede muove le montagne; chi ha fede fa proseliti; chi ha fede vince le battaglie", disse una volta. Ma la fede di cui don Luigi Sturzo parlava non era soltanto la fede nel senso cristiano, ma anche la libertà di "fede", in termini laici, la fiducia nell'animo umano e nella sua libertà d'agire.

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