ERNESTO CALINDRI: BORGHESE GENTILUOMO
Vent'anni fa, se ne andò via, nel sonno, uno dei più illustri interpreti del teatro italiano: Ernesto Calindri. Il 9 giugno del 1999, all'età di novant'anni, quell'uomo sorridente e dal fare gentile, disse addio alle tavole da palcoscenico che per anni lo avevano visto esibirsi con straordinario successo.
Calindri - nato a Certaldo, in provincia di Firenze, il 5 febbraio del 1909 - era figlio d'arte (entrambi i genitori erano attori). Si esibì per la prima volta dietro ad un sipario a vent'anni, nella compagnia di Luigi Carini. Il suo vero esordio, però, avvenne nel 1937, con una piccola parte ne "Il bugiardo" di Goldoni, messo in scena a Venezia da Renato Simoni.
Ernesto Calindri con Totò in una scena di Totòtruffa'62.
Da qui, iniziò la sua brillante carriera, proseguita quasi senza sosta fino alla morte e passando per una propria compagnia creata nel 1950. Il suo esordio cinematografico, avvenne invece nel 1935 con "La sposa dei re" di Duilio Coletti e proseguì per i decenni successivi, con ruoli per lo più da spalla o da comprimario.
Senza dubbio, la sua interpretazione più nota è quella del commissario Malvasia, amico/nemico d'infanzia del truffatore e trasformista Antonio Peluffo (Totò) in Totòtruffa'62 di Camillo Mastrocinque, del 1961.
Calindri in una locandina pubblicitaria del "Cynar".
A partire dagli anni '50, Calindri cominciò ad apparire anche nella neonata Tv, prendendo parte a pièce teatrali, programmi televisivi e sceneggiati Rai.
Ma agli utenti del piccolo schermo è senz'altro noto come il "Signor Cynar". A partire dagli anni '60 fu infatti protagonista di una serie di "caroselli" sponsorizzanti il noto aperitivo al carciofo, "contro il logorio della vita moderna".
Calindri, però, restò sempre legato al teatro, e a quello si dedicherà prevalentemente negli ultimi anni della sua vita. Una lunga carriera alle spalle e gli acciacchi dell'età, non impedirono al grande artista di continuare a fare, fino alla fine, quello per cui (forse) era nato: regalare forti emozioni al suo pubblico. Prima ancora che da grande attore, da uomo serio e posato, qual era fuori e dentro le scene.
Volendo definire Ernesto Calindri in poche parole, basterebbe il titolo dell'ultima opera da lui messa in scena, la rivisitazione di una nota commedia di Molière: un borghese gentiluomo.
Vent'anni fa, se ne andò via, nel sonno, uno dei più illustri interpreti del teatro italiano: Ernesto Calindri. Il 9 giugno del 1999, all'età di novant'anni, quell'uomo sorridente e dal fare gentile, disse addio alle tavole da palcoscenico che per anni lo avevano visto esibirsi con straordinario successo.
Calindri - nato a Certaldo, in provincia di Firenze, il 5 febbraio del 1909 - era figlio d'arte (entrambi i genitori erano attori). Si esibì per la prima volta dietro ad un sipario a vent'anni, nella compagnia di Luigi Carini. Il suo vero esordio, però, avvenne nel 1937, con una piccola parte ne "Il bugiardo" di Goldoni, messo in scena a Venezia da Renato Simoni.
Ernesto Calindri con Totò in una scena di Totòtruffa'62.
Da qui, iniziò la sua brillante carriera, proseguita quasi senza sosta fino alla morte e passando per una propria compagnia creata nel 1950. Il suo esordio cinematografico, avvenne invece nel 1935 con "La sposa dei re" di Duilio Coletti e proseguì per i decenni successivi, con ruoli per lo più da spalla o da comprimario.
Senza dubbio, la sua interpretazione più nota è quella del commissario Malvasia, amico/nemico d'infanzia del truffatore e trasformista Antonio Peluffo (Totò) in Totòtruffa'62 di Camillo Mastrocinque, del 1961.
Calindri in una locandina pubblicitaria del "Cynar".
A partire dagli anni '50, Calindri cominciò ad apparire anche nella neonata Tv, prendendo parte a pièce teatrali, programmi televisivi e sceneggiati Rai.
Ma agli utenti del piccolo schermo è senz'altro noto come il "Signor Cynar". A partire dagli anni '60 fu infatti protagonista di una serie di "caroselli" sponsorizzanti il noto aperitivo al carciofo, "contro il logorio della vita moderna".
Calindri, però, restò sempre legato al teatro, e a quello si dedicherà prevalentemente negli ultimi anni della sua vita. Una lunga carriera alle spalle e gli acciacchi dell'età, non impedirono al grande artista di continuare a fare, fino alla fine, quello per cui (forse) era nato: regalare forti emozioni al suo pubblico. Prima ancora che da grande attore, da uomo serio e posato, qual era fuori e dentro le scene.
Volendo definire Ernesto Calindri in poche parole, basterebbe il titolo dell'ultima opera da lui messa in scena, la rivisitazione di una nota commedia di Molière: un borghese gentiluomo.
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